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Web3 e Metaverso sono il futuro?

L'evento di Web3 Alliance a Milano cerca una risposta

MILANO – Al MEET di viale Vittorio Veneto a Milano, si discute il domani di internet. Ma Web3 e Metaverso sono davvero il futuro per le aziende italiane? La Web3 Alliance ha organizzato un evento che fa emergere come le aziende e i professionisti stanno rispondendo a queste nuove tecnologie. Ma ha anche discusso con esperti di come il metaverso, la blockchain, gli NFT e tutte queste nuove tecnologie potranno rivoluzionare il nostro mondo. Oppure no.

Il Metaverso e il Web3 sono il futuro di internet?

Nel cuore di Milano, il Meet di viale Vittorio Veneto è davvero il luogo ideale per pensare al futuro tecnologico del nostro Paese. Mentre aspettavamo l’inizio dell’evento, abbiamo persino fatto a tempo a infilarci un visore VR e vedere qualche esempio di esperienza immersive che diverse grandi realtà (italiane e non) hanno creato nel metaverso.

Ma quando inizia la manifestazione vera e propria, già dall’introduzione della Presidente di Web3 Alliance e CoFounder di Engitel Elena Schiaffino capiamo che il potenziale per il mercato italiano va ben oltre al marketing per qualche azienda.

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Elena Schiaffino e il moderatore Pepe Moder

Infatti ci spiega che “la Web3 Alliance non è un’associazione di categoria”, ma un’associazione che vuole capire e spiegare questa nuova generazione di internet. Perché “se ancora qualcuno si ricorda la nascita del primo web nel 1994 e tutto sappiamo della rivoluzione di social e mobile, siamo già in una nuova generazione. Fatta di un lato ‘tecnico‘: blockchain e tutta la parte di coding. Dall’altro uno ‘artistico‘: gli NFT artistici, le esperienze virtuali e immersivi. Ma quello che è certo è che ci sono tantissimi settori economici che confluiscono in questo mondo, provenienti anche da filiere diverse. Dai programmatori ai neuroscienziati, fino agli artisti e infine agli utenti”.

Schiaffino sottolinea inoltre che: “in tutte le nuove generazioni di web, bisogna imparare a usare nuove tecnologie e le compagnie sono restie a questo tipo di cambiamento. Ma bisogna aver l’umiltà di partire e colloquiare con le aziende che già sono nel settore (Web3 Alliance vuole anche aiutare a riconoscere questi operatori)”.

Web3 e Metaverso: le aziende conoscono le tecnologie, ma poche investono

Sul palco salgono poi il Co-Founder, The Innovation Group Ezio Viola ed Elena Vaciago, Associate Research Manager di The Innovation Group. I quali ci raccontano lo studio che fa da fulcro di questo evento. Hanno infatti sentito 142 aziende italiane per capire quanto conoscano il mondo del Web3 e del metaverso. E anche per tracciare quale possa essere il percorso delle aziende per adottare questi strumenti, analizzando anche i punti di frizione.

Viola spiega che: “la prima sorpresa è che il 75% delle aziende che abbiamo intervistato hanno mostrato interesse riguardo fenomeno. Sul consumatore la situazione è diversa: il 60% non sa di cosa si tratta. Il secondo aspetto che ci ha colpito sono le finalità che le aziende vedono per queste nuove tecnologie: aspetti ludici, sociali, esperienze. Quindi l’attenzione è quasi tutta sul marketing, con qualcuno che crede nell’utilizzo per lo smart working. Ma al momento non riflettono su come monetizzare in maniera diretta. Puntano a farsi pubblicità con il Web3, non a farci soldi”.

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Ezio Viola ed Elena Vaciago

Le aziende quindi sono interessate, ma Viola ci spiega anche che “pensano che ci vorranno solo tre anni perché questi cambiamenti siano main stream, ma servono partner di qualità per sfruttarle al massimo”.

Molte aziende inoltre riportano nuove possibilità di business interessanti, soprattutto per trovare nuovi mercati (52%) e nuovi clienti (51%). Ma “tantissime aziende stanno tuttavia sfruttando il Web3 per attività interne, per esempio per migliorare lo smart working“. Inoltre Viola sottolinea due concetti: “il primo è che in questo momento il mercato sarà trainato più dall’offerta che dalla domanda. Ma le aziende devono fare attenzione a non limitarsi a trasportare semplicemente le attività da Web2 al Web3, serve un cambio di prospettiva”.

Vaciago spiega che moltissime aziende vedono in maniera positiva il metaverso: solo il 7% parla di rischi, per la maggior parte delle aziende può creare nuove opportunità o nuovi modi di interazione”. Ma ci sono delle frizioni: “soprattutto la paura che sia una moda passeggera (33%), ma anche le difficoltà nello sviluppo di contenuti (30%), i costi (27%) e in misura simile i freni culturali e quelli regolamentari”.

Inoltre la ricerca evidenzia come “Lato utenti, il punto forte sembra la novità (70%), anche se molti temono che l’esperienza sia ancora insoddisfacente. Ma emergono anche dubbi sulla tematica privacy (44%) e sul framework generale di queste novità.

Frena anche il fatto che la blockchain sia troppo energivora in questo momento, anche se altre tecnologie potrebbero avere un impatto positivo per un quarto dei rispondenti (si pensa soprattutto al metaverso).

Web3 e Metaverso: tanto interesse ma pochi investimenti

Tuttavia, il 64% delle aziende dice di essere in fase di studio, mentre solo il 25% non è interessato. Il 7% ha avviato progetti pilota”. Di queste aziende interessate, la maggior parte sembra interessata alla brand awarnerss (45%), ma il 40% pensa di poterli sfruttare per lanciare nuovi prodotti o servizi. Il 37% pensa che sarà il futuro di internet e vede ottime possibilità di business, anche se ancora non molto definiti.

Solo una minoranza (7%) è già nel metaverso, ma la maggior parte punta a esserci nei prossimi tre anni”. Molte aziende stanno infatti già investendo in alcuni eventi digitali, per la brand awarness. Ma una buona fetta lo usa per lo smart working e per creare prodotti digitali ad hoc. In crescita anche la produzione di NFT. Meno pronunciata ma presente invece la creazione di un mondo virtuale (metaverso privato).

Per l’utilizzo interno, Veciago ci spiega che: “la maggior parte delle aziende sembra interessata per il training e la formazione, ma anche per lavorare da remoto”.

Le aziende sono quindi interessate al Web3 e al metaverso, ma devono ancora dotarsi di formazioni specifiche al proprio interno (78%), per governare questa innovazione. Ma il 54% a consulenze esterne e migliorare la propria dotazione tecnica”. Al momento, tuttavia, “gli investimenti sono piuttosto bassi, pur andando a crescere nel prossimo anno”.

“C’è una consapevolezza che si tratta del futuro di internet, ma c’è ancora tanta esitazione per via dei tempi. Soprattutto per questioni infrastrutturali: reti, dispositivi, investimenti ancora molto alti e incertezze normative. Quindi anche se interessate, molte aziende investono poco” spiega Veciago.

Mentre Viola sottolinea che “gli investimenti cambieranno molto in base al settore, al di là della grandezza dell’azienda. Perché il ritorno per il settore moda e entertainment sembra più diretto rispetto al manifatturiero, dove si usa soprattutto per il training a oggi. Quindi sarà un’evoluzione variegata“.

Cosa serve al Metaverso e al Web3 per avere successo?

Per parlare di come questa evoluzione avverrà, Pepe Moder modera un panel di assoluto prestigio. Ci sono infatti Alessandro Maggio, Managing Director – Marketing, Metaverse Practice Leader Jakala. Andrea De Micheli, VP Web3 Alliance e CEO e Chairman di Castadiva Group. E infine Lucio Lamberti, Professore Ordinario del Politecnico di Milano e responsabile del Metaverse Marketing Lab.

Lucio Lamberti inizia spiegando il punto della situazione, per centrare una discussione che diventerà davvero interessante. Senza nascondere i limiti di queste tecnologie, “perché il Web3 e il metaverso abbiano successo serve che le esperienze ingaggino i consumatori più del semplice digitale (e anche del fisico, volendo). Quindi abbiamo iniziato a studiare questo mondo anche a livello neuroscienza”.

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Andrea De Micheli ci spiega che la sua azienda “Castadiva crea contenuti in streaming, ma anche live comunication: eventi, roadshow, e molto altro. Quindi abbiamo iniziato da subito a utilizzare il VR, portando i visori direttamente alla presentazione dal cliente”. E ora ne conosce molti limiti ma anche tante potenzialità.

Alessandro Maggio di Jakala spiega invece che “Jakala ormai conta 2.000 persone e da poco abbiamo acquisito H-Farm. Abbiamo creato un osservatorio per tracciare oltre 200 casistiche per iniziare a imparare. Oggi abbiamo creato una tassonomia e un archivio per ogni brand. Questo ci permette di creare scenari evolutivi per tutti i vari settori, in modo da aiutare le aziende a capire come crescere. Infine, abbiamo creato un’ecosistema di competenze interne ed esterne”.

Domanda e risposta

Quando gli si chiede di commentare i risultati della ricerca, Lamberti provoca dicendo: “le aziende sanno cos’è il metaverso? Beati loro. Adesso abbiamo tutti la sensazione che stiamo parlando della Next Big Thing, ma ancora nebuloso. Eppure il mercato esiste, ci sono tantissimi acquisti avatar e altre attività economiche nel metaverso. Mi sembra quindi ci sia un grande interesse per le tecnologie, ma al momento molti non sanno quale problemi risolve: un problema senza soluzione è complesso, una soluzione senza problema è decisamente peggio. Quindi ho paura che al momento sia solo pubblicità: apro un negozio su Decentraland, con 50 utenti al giorno, e finiscono sul giornale ripagando l’investimento. Ma dall’altro il potenziale è enorme: l’80% di chi gioca ha fatto acquisti. Inoltre l’età media su Roblox è di 27 anni: la Gen Z e Alpha è interessata, ma anche i più grandi stanno iniziando a interessarsi”.

De Micheli condivide parte di questi limiti, ma pensa anche che “Questa è la terza ondata di internet, chi come me ha i capelli bianchi ricorda l’incredulità per il web negli anni ’90. Io mi pongo molti dubbi, anche in questo caso potrebbe succedere che sia una risposta a una domanda che non fa nessuno. Ma il potenziale potrebbe essere epocale”.

Maggio sottolinea come in questo momento “Valutare un progetto in ROI diretti per il metaverso al momento non funziona, vale più la brand awarness. Bisogna capire come funzionano gli smart contract, quando varrà il mercato NFT dopo lo sgonfiamento dell’hype visto l’anno scorso. Inoltre, molte aziende stanno cercando di capire se conviene investire in-house oppure guardare all’esterno. Ma un trend interessante è anche quello dell’educazione, usare le esperienze immersiva anche a scuola”.

Le possibilità quindi ci sono. Ma Lamberti, parlando del parallelo con le altre rivoluzioni web sottolinea che: “Bisogna capire il parallelismo che dobbiamo fare: se con internet o con i social. Abbiamo bisogno di strumenti e connettività, ma anche di strategie. Secondo me il metaverso dovrà essere uno: senza interoperabilità è destinato a estinguersi. Inoltre bisogna capire come generare contenuti: con i social è molto semplice per gli utenti, con il metaverso è molto più complicato. Inoltre le aziende non sono nate per creare contenuti (tranne entertainment ed educazione, forse), quindi c’è il rischio che non siano pronte a sfruttare al massimo questo nuovo mondo”.

Il metaverso resta un obiettivo complesso

De Micheli spiega come il grande tema del “Futuro del Web3 e del metaverso” sia complicato. Soprattutto perché ci sono tecnologie di più semplice applicazione, e altre ancora lontane. Infatti “nel Web3 ci sono tante cose che sono già adottate: IoT, blockchain, NFT. Il metaverso in 3D sembra invece quasi un nuovo medium di intrattenimento, dopo radio, cinema e televisione. Ci saranno produttori di questi contenuti, ma bisogna ricordarsi che l’adozione di tecnologia è sempre guidata dal contenuto. Finché questo non c’è, le persone non lo sfruttano. Pensate ad Avatar per il 3D, che ha permesso ad aziende come Sony di far adottare i proiettori 3D in tantissime sale. Ma non ha rivoluzionato il mondo del cinema. Quindi capire il successo del metaverso oggi è davvero complesso”.

Maggio si trova d’accordo sulla questione del contenuto che guida l’evoluzione. Ma dice anche che: non dobbiamo sottovalutare anche la questione generazionale. I ragazzi oggi sono molto più abituati a questo mondo del Web3 e del metaverso. L’adozione cambia moltissimo inoltre dal B2B (previsto in due anni) al B2C, dove l’orizzonte è magari di dieci anni”.

L’adozione quindi cambierà da settore a settore. Ma il B2B è effettivamente un laboratorio di sperimentazioni importante. Lamberti pensa per esempio all’adozione in ambito fieristico della VR, ancora essenziale per le PMI. De Micheli sottolinea il mondo dei simulatori di volo, per esempio. Maggio parla di alcune esperienze che hanno già creato, come la formazione nell’ambito elettrico piuttosto che la mediazione.

Adobe e il suo Creaverso

Sale poi sul palco Francesca Perrucchetti GTM Leader e Solution Sales specialist manager Adobe Italia, che parla invece del Creaverso. Spostando invece l’attenzione dagli utenti a chi il metaverso lo crea un pezzo alla volta. “Negli ultimi anni siamo velocemente passati a parlare di omnicanalità, che per molte aziende resta una difficoltà da affrontare. Ma Adobe sta guardando al nuovo canale del metaverso, perché fedeli al nostro motto diciamo ‘People buy experiences, not products’. Noi siamo nati dal PDF ma oggi siamo conosciuto per Photoshop e Illustrator, per noi resta fondamentale mettere i contenuti digitali al centro: qualsiasi sia la tecnologia utilizzata. La nostra strategia quindi è quella di posizionarci come Creaverso, dando la possibilità di creare asset digitali alle aziende”.

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Ma oltre di contenuti Adobe parla di “personalizzazione di contenuti, che i clienti e i consumatori ormai si aspettano. L’esperienza deve essere fatta su misura sui vostri interessi e il vostro profilo. Quindi noi vogliamo abilitare le aziende a costruire contenuti 3D che siano scalabili e personalizzati in base all’experience”.

Per acquisizioni o sviluppo, Adobe sta quindi investendo per creare asset 3D, supportando già diverse aziende dalla strategia fino all’implementazione. Con l’obiettivo di “fornire asset 3D per aziende in qualsiasi settore”. Per esempio dal palco vediamo come Adobe Substance 3D Assets possa creare tessuti digitali che sembrano effettivamente reali, da photoshoot. Ma vediamo anche come i designer di automotive e quelli 3D hanno creato delle automobili mai progettate dal vero, ma davvero verosimili (con tanto di luci e ombre ben definite).

Ma un altro ambito è quello della Virtual Photography, permettendo di aggiungere elementi 3D in fotografie con grandissima verosimiglianza. Qualcosa che si sposa molto bene con l’e-commerce, in modo che i clienti possano verificare da vicino il design per esempio di una poltrona e posizionarla nella propria abitazione. Tutte queste possibilità diventano operabili mettendo il design 3D in scala. Un solo modello in 3D (per esempio di un paio di scarpe), cui applicare velocemente nuovi colori o texture.

Web3 e intelligenza artificiale

Paola Liberace, Nicola Intini, Massimo Chiriatti e Corrado La Forgia (quest’ultimo presente all’evento) hanno di recente presentato il Manifesto per l’Intelligenza artificiale, redatto da quattro persone che vengono da ambienti diversi. L’AI giocherà un ruolo chiave nell’evoluzione del Web3 e del metaverso, ottimizzando alcuni aspetti dello sviluppo ma anche della gestione.

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Ma nel redarre il manifesto, hanno due esigenze chiare in mente: come le PMI possano adottare tecnologie innovative, e come mettere l’umanità al centro.

L’80% delle aziende manifatturiere in Italia sono PMI, che formano il secondo settore produttivo in Europa. Parlare di innovazione per le aziende più piccole è complicato, quindi bisogna farlo con attenzione. Ma l’intelligenza artificiale è già qui e può fare la differenza per moltissime realtà produttive.

L’AI è già con noi, anche se è del tipo ‘debole’. Si basa su dati, computer e algoritmi per semplificare alcune applicazioni, ma non ci sostituirà. Serve invece puntare al tecnoottimismo, usando l’intelligenza artificiale ad aiutare la vita umana: senza pensare a utopie o distopie. Può aiutarci a fare meglio e fare cose nuove. Ma questo manifesto vuole ragionare su cosa possiamo fare, cosa dobbiamo decidere (perché la decisione resta sempre in mano all’uomo). E quindi su cosa vogliamo essere e cosa vogliamo diventare.

Questo evento, pur toccando diversi ambiti tecnologici, ha sottolineato come al centro ci siano sempre le idee e le persone. Che restano le uniche costanti in un web che continua a evolvere.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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