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La Dottoressa Magliocchi dell’Università di Pisa ci parla della gen z

Scoprire quali sono i tratti che distinguono la generazione z e le ambizioni lavorative non è compito facile, ma la Dottoressa Magliocchi ci offre nuovi punti di vista

La nostra indagine sulle esigenze lavorative e le preferenze dei giovani della generazione z prosegue. Vogliamo offrire alle aziende all’ascolto strumenti e informazioni necessarie per comprendere al meglio i giovani e trovare la chiave per attrarre e trattenere nuovi talenti. Compito che non sembra essere facile. La gen z è molto diversa dai suoi predecessori per quanto riguarda i canali di comunicazione e la ricerca del lavoro.

Chi può fornirci una panoramica del mondo dei giovani neolaureati se non le università? Per questo motivo abbiamo intervistato la Dottoressa Antonella Magliocchi, Responsabile del Career Service dell’Università di Pisa. La Dottoressa si è laureata in lingue e letterature straniere proprio a Pisa, per poi specializzarsi in comunicazione digitale a New York.

L’Università di Pisa non ha bisogno di presentazioni: è uno degli atenei più antichi d’Europa e vanta prestigio da secoli. Strutturata in 20 dipartimenti, dispone di 17 biblioteche e 13 tra musei e collezioni. L’Università di Pisa offre ben 59 corsi di laurea di I livello e 73 corsi di laurea di II livello, moltissime scuole di specializzazioni, master e dottorati.

L’intervista alla Dottoressa Magliocchi dell’Università di Pisa

Abbiamo intervistato Antonella Magliocchi per scoprire di più sui giovani neolaureati e sugli studenti dell’Università di Pisa.

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La Dottoressa Magliocchi

Vorremo fare conoscere ai nostri lettori che non hanno dimestichezza con l’ateneo, che tipo di profilo hanno gli studenti che si laureano presso l’Università di Pisa? Che cosa offre l’ateneo sul territorio?

L’Università di Pisa è un ateneo multidisciplinare con 20 dipartimenti riconducibili alle tre grandi aree delle Scienze della vita, Scienze sociali e umane, Scienze dure. Vanta due dipartimenti di eccellenza, il dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e il dipartimento di Civiltà e forme del sapere ed è stato l’ateneo che per primo in Italia ha istituito un corso di laurea in Informatica. In totale vanta circa cinquantamila iscritti.
Questo rende il ruolo del Career Service più difficile, perché studenti diversi richiedono capacità, competenze (da parte nostra) strategie di comunicazione diverse. Ogni corso di studio ha esigenze e tempistiche diverse per quanto riguarda il placement, infatti, servono azione mirate a seconda del profilo in uscita. Dalle indagini AlmaLaurea, ad esempio, si evince che a un anno dalla laurea magistrale l’Università di Pisa offre un tasso di occupazione del 78,9%. Una media alta che aumenta ancora se si guarda ai profili STEM che raggiungono un tasso di occupazione tra il 92 e il 96%.
Il nostro ufficio deve fare i conti con le esigenze degli studenti ma anche del mondo del lavoro. Veniamo contattati da imprese tecnologiche ma anche da scuole che desiderano trovare nuovi insegnanti, oppure da veterinari che vogliono nuove leve e faticano a trovare profili allineati.

Le va di parlarci dei servizi offerti dal vostro ufficio? Come si colloca all’interno dell’ateneo? Quali funzioni svolge e cosa fa per studenti e aziende?

Siamo un ufficio centrale che offre servizi a tutti i dipartimenti e ci collochiamo nella direzione di Servizi per la Ricerca e il Trasferimento Tecnologico, questo perché non svolgiamo solo servizi rivolti agli studenti ma siamo un punto di contatto con il mondo esterno.
Ai nostri studenti offriamo aiuto nella ricerca di lavoro e stage, ma non solo. Svolgiamo attività di laboratorio, come i career labs, ovvero occasioni pensate per allenare e preparare i neolaureati al mondo del lavoro. In tale ambito offriamo seminari per sviluppare soft skills, per imparare a scrivere il curriculum, oppure per imparare ad affrontare un colloquio, eccetera. Ogni mese offriamo nove laboratori ciclici. Agli studenti offriamo anche la possibilità di fare sessione di consulenza individuale per esplorare il mercato del lavoro.

A loro volta le aziende si possono iscrivere sul portale universitario e pubblicare offerte di lavoro, consultare i profili dei laureati e fare una prima selezione. Con i partner organizziamo anche Career Day e Career Week, spesso cerchiamo anche di creare eventi specifici e mirati per dipartimento/area disciplinare. È importante far incontrare aziende, grandi e piccole, agli studenti per fare conoscere il mondo del lavoro ai futuri laureati.

Le aziende come possono interfacciarsi con voi per sfruttare i servizi offerti? Oltre agli eventi dedicati e agli open day, quali sono le occasioni di incontro tra università, aziende e studenti? In che modo i reclutatori possono instaurare un rapporto continuativo con voi?

Noi lavoriamo molto con le aziende, soprattutto con l’Unione Industriale Pisana con cui collaboriamo in modo continuo. Abbiamo anche altre collaborazioni. Ad esempio, invitiamo ex laureati per portare testimonianze aziendali dal punto di vista dei neolaureati, per creare vicinanza anche con gli studenti. Partecipiamo spesso a convegni e manifestazioni nazionali e internazionali perché ci piace conoscere nuove aziende e realtà con cui stringere rapporti.
Infine, durante il lockdown abbiamo introdotto i webinar, un’abitudine che è poi rimasta. In queste occasioni le aziende possono fare seminari online in cui raccontare strategie, valori, ma anche comunicare la propria etica di lavoro e trovare un momento di dialogo con gli studenti.

Molto spesso capita che ci siano delle aziende che per dimensione o scelta, non hanno una divisione HR. In questi casi può capitare di avere un gap generazionale forte tra selezionatori e studenti. Nella vostra esperienza, c’è qualche suggerimento che vi sentite di offrire a queste realtà?

Questo può essere un problema. Il nostro database di aziende partner è molto ampio, e notiamo spesso una differenza di stile e completezza nella comunicazione e nelle job offer nelle società che non hanno dimestichezza con le risorse umane. Nelle aziende più piccole e meno strutturate può esserci meno sensibilità nell’accoglienza dei giovani, appunto perché c’è un vero e proprio gap culturale. Quello che noi riteniamo fondamentale è il dialogo per trovare un linguaggio comune, che risulti efficace con i giovani della generazione z e che dia valore all’azienda e alla posizione offerta. In questi casi noi cerchiamo di aiutare i referenti aziendali ad essere più chiari e trasparenti per rendere il loro linguaggio più adatto ai neolaureati e alle loro esigenze.

A Pisa esiste una forte sinergia tra Università e altre realtà come la Scuola Normale e L’Istituto Sant’Anna. Stiamo parlando comunque di studenti che ottengono un titolo dal vostro Ateneo. Questo ha delle ripercussioni sulla vostra attività? Potrebbe spiegare brevemente ai nostri lettori come si differenziano questi studenti una volta laureati?

Gli studenti della Scuola Normale o dell’Istituto Sant’Anna sono iscritti all’Università di Pisa. Si tratta di alunni che fanno il concorso di ammissione alle due scuole e una volta ammessi, frequentano l’ateneo di Pisa. Quindi hanno la preparazione degli studenti iscritti presso la nostra università ma fanno attività formative aggiuntive e devono tenere una media elevata. Certamente c’è una grande preparazione.
Come Career Service i servizi rivolti a questi studenti sono i medesimi a cui possono accedere gli alunni dell’Ateneo. Certo, il doppio titolo dà loro prestigio e li rende molto appetibili per le aziende. L’unica vera differenza è che questi studenti hanno accesso anche ai servizi di placement offerti dalla Scuola Normale e dalla scuola Sant’Anna, che organizzano a loro volta Career Day e Job Fair per i loro iscritti.

A nostra volta noi collaboriamo con la Scuola Normale, con cui abbiamo realizzato un ciclo di incontri che si chiama “Profili umanistici e mondo del lavoro” per esplorare le opportunità di carriere note e meno note per gli studenti del settore umanistico attraverso le testimonianze di laureati in queste discipline che si sono affermati nel mondo dell’editoria, del giornalismo, del turismo, della promozione culturale e non solo.

I nostri lettori sono particolarmente interessati ai laureati di discipline STEM. C’è qualche trend che avete notato per questo tipo di laureati? Avete qualche dato da condividere sui laureati di discipline non STEM che trovano lavoro in aziende di tipo tecnologico?

I profili STEM sono molto richiesti. I laureati non sono sufficienti per soddisfare le esigenze del mondo del lavoro. Negli ultimi anni si è avuta un’apertura in questo senso. Ad esempio, ora anche matematici e fisici possono ricoprire ruoli di analisi che una volta venivano cercati solo in informatici e ingegneri. Le aziende dovrebbero adottare un approccio di maggiore apertura e dare chance a candidati con potenziale, a prescindere dal titolo di studi.
Comunque ci sono anche profili non STEM che entrano nel mondo del lavoro con rapidità. Il nostro ateneo, ad esempio, offre un corso di informatica umanistica, che combina discipline tecniche ed umanistiche e i laureati poi trovano un grande riscontro in aziende tecnologiche. Di recente, invece, abbiamo inaugurato un corso di Diritto dell’innovazione per l’impresa e le istituzioni con una forte valenza multidisciplinare. Queste sono le prove che anche nell’offerta didattica si cerca di contaminare i percorsi formativi rendendoli multidisciplinari. Abbiamo notato che i corsi ibridi hanno più spendibilità.

Tutti quanti stiamo imparando a conoscere la generazione z. Secondo voi quali sono le caratteristiche fondamentali di cui tenere conto quando li si approccia dal punto di vista lavorativo?

Non è facile etichettare un’intera generazione, i ragazzi non sono così omogenei come si crede. Nella generazione z ci sono comportamenti diversi, questo rende difficile approcciarsi a tutti nello stesso modo. Di certo, rispetto alle generazioni precedenti i giovani neolaureati sembrano più fragili emotivamente e insicuri, più restii a mettersi in gioco ma al tempo stesso anche meno disposti a scendere a compromessi. Sono più consapevoli dei loro desideri e più selettivi. Le aziende si trovano in difficoltà nell’attrarre e trattenere talenti, le dimissioni sono frequenti. Chi offre lavoro deve avere una maggiore flessibilità per capire le motivazioni e le esigenze di queste nuove generazioni.
C’è un altro paradosso da sottolineare: comunicare con loro non è facile. Non basta essere digitali e connessi, è difficile raggiungerli, serve uno sforzo continuo per ingaggiarli e trovare un modo vincente per fare arrivare in modo efficace i valori aziendali. È necessario studiare nuove strategie e soprattutto essere presenti. Non basta fare comunicazioni all’occorrenza. I giovani della generazione z hanno la tendenza a non accontentarsi, non sono attaccati esclusivamente al salario, quello che cercano sono la gratificazione e un allineamento con i valori nel luogo di lavoro.

Ringraziamo la Dottoressa Antonella Magliocchi che ci ha offerto un ulteriore punto di vista sulla generazione z. I giovani neolaureati sono spinti dalla passione e da esigenze di carattere etico e professionale ma sono ancora insicuri e hanno bisogno di nuovi linguaggi per entrare in sinergia con il mondo del lavoro. L’Università di Pisa ha trovato efficaci modalità per entrare in contatto con la futura forza lavoro ed è disposta ad aiutare aziende ed enti professionali a fare da ponte di congiunzione.

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Martina Ferri

Sono laureata in filosofia, gattara, vegetariana e vesto sempre di nero. Ora che vi ho elencato i motivi per cui potrei sembrare noiosa, posso dirvi che amo la musica, i libri, la fotografia, la pizza, accamparmi in tenda vicino al main stage di qualche festival! Che dite, ho recuperato?

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