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L’intervista alla Dottoressa Saracino del Politecnico di Milano su come attrarre nuovi talenti in azienda

Un confronto che ha fatto emergere ambizioni, desideri ma anche criticità che i giovani neolaureati si trovano ad affrontare

La tecnologia e la pandemia hanno cambiato il mondo, in tutto e per tutto. Anche a livello lavorativo ci sono state importanti ripercussioni, infatti, la digitalizzazione ha rimodellato le abitudini e i metodi lavorativi. Non solo, negli ultimi anni sono nate nuove professioni e il mercato del lavoro ha iniziato a richiedere competenze e abilità più tecniche e al tempo stesso una maggiore flessibilità da parte dei lavoratori.
Ad affacciarsi ad un nuovo sistema del lavoro è la generazione z che non ha mai conosciuto le abitudini di vecchio stampo. Questo spesso si va a scontrare con la concezione, ancorata al periodo pre-pandemico, dei datori di lavoro.

Per scoprire meglio l’evoluzione del mondo del lavoro e l’approccio che i giovani stanno utilizzando per affrontare le nuove sfide, abbiamo deciso di intervistare Francesca Teresa Saracino, Head of Career Service del Politecnico di Milano. La Dottoressa, laureata all’Università degli Studi di Milano in Lingue, Culture e Comunicazione Internazionale, da 12 anni lavora presso l’ateneo e conosce bene le dinamiche interne.

Il Politecnico di Milano è un istituto universitario italiano di carattere scientifico e tecnologico, fondato a Milano nel 1863. I campi di studio e ricerca comprendono le tre macro-aree ingegneria, architettura e design. Quindi settori che in questo momento storico stanno vivendo una particolare evoluzione.

L’intervista alla Dottoressa Saracino del Politecnico di Milano

La Dottoressa è in contatto ogni giorno con studenti e aziende, il suo è un ruolo di mediazione che le ha permesso di capire quali dinamiche muovono il mondo del lavoro giovanile.

dottoressa sarcino politecnico milano

Vorremo fare conoscere ai nostri lettori che non hanno dimestichezza con l’ateneo, che tipo di profilo hanno gli studenti che si laureano presso la vostra università? Che cosa offre l’ateneo sul territorio?

Al Politecnico di Milano si studia Ingegneria, Architettura e Design. Abbiamo un’offerta ampia di corsi in questi ambiti: 26 corsi di laurea, 45 corsi di laurea magistrale, 19 percorsi di dottorato e un ampio catalogo di master post-laurea. Riassumendo ai minimi termini, chi si laurea al Politecnico di Milano è in grado di risolvere problemi complessi e/o progettare spazi, servizi e prodotti.

Il Politecnico è un’università in forte contatto con il tessuto produttivo del territorio; quindi, abbiamo attive molteplici collaborazioni con le imprese. Alle aziende offriamo servizi di recruiting ed employer branding, ma anche formazione per il personale. Attiviamo collaborazioni in didattica per favorire l’allineamento degli studenti con le esigenze del mercato del lavoro. Infine, si collabora anche per fare ricerca applicata e trasferimento tecnologico. Investiamo molto anche nel mantenimento del rapporto con la community di ex studenti, gli alumni. C’è un ufficio dedicato a loro e alla gestione di queste relazioni, perché sono importanti stakeholder: fanno da ponte con il mondo del lavoro, portano fundraising, spesso diventano mentor per gli studenti attuali.

Le va di parlarci dei servizi offerti dal vostro ufficio? Come si colloca all’interno dell’ateneo? Quali funzioni svolge e cosa fa per studenti e aziende?

L’ufficio Career Service offre agli studenti e alle studentesse dell’ateneo servizi di orientamento professionale e di accompagnamento alla scelta del lavoro. La nostra missione oggi è quella di intercettare gli studenti prima della laurea, per aiutarli a sviluppare consapevolezza e riflessione nel passaggio al mondo del lavoro. L’ufficio si colloca nell’Area di Ricerca, Innovazione e Rapporti con le Imprese e non tra i servizi per gli studenti, anche se è proprio a loro che ci rivolgiamo. Questo perché il Politecnico crede che sia impossibile offrire servizi di orientamento in uscita di qualità senza un rapporto con le imprese e una conoscenza diretta del mercato.

Tra i servizi che offriamo agli studenti c’è una bacheca su sito web, sempre attiva con le opportunità di tirocinio e lavoro. Qui gli studenti trovano anche i profili delle imprese partner e un calendario di servizi e attività di incontro con loro. Ci sono diverse tipologie di incontro, i più classici sono i Career Day. Ne organizziamo tre all’anno: uno generale, uno rivolto alle PMI, infino abbiamo un evento dedicato alle opportunità di lavoro estero.
Oltre a queste fiere ci sono durante l’anno centinaia di iniziative organizzate per target, ovvero eventi singoli o cicli di incontri organizzati in modo tale da focalizzarsi su aspetti specifici del mondo del lavoro: un ruolo professionale, gli sbocchi occupazionali di un corso di laurea, i trend di un settore produttivo. In queste occasioni si guarda da vicino un ambito particolare del mercato del lavoro per andare incontro agli interessi degli studenti. Cerchiamo sempre di fare innovazione sviluppando format nuovi e coinvolgenti, perché gli studenti imparano meglio se hanno un ruolo attivo e c’è interazione.

Offriamo anche servizi individuali, erogati negli Assessment Center, sia fisici che virtuali, dove gli studenti prenotano un appuntamento di orientamento o di revisione del curriculum e si mettono alla prova in simulazioni di colloquio individuale o di gruppo.

Tra le novità, offriamo anche un percorso speciale chiamato Career Service Award per 500 studenti all’anno, che ottengono così un digital badge da mettere sul CV ed è un’occasione unica per essere guidati verso il mondo del lavoro.

Le aziende come possono interfacciarsi con voi per sfruttare i servizi offerti? In che modo i reclutatori possono instaurare un rapporto continuativo con voi?

Un’impresa che vuole assumere laureati/e in uscita dal Politecnico di Milano può scegliere tre strade. In autonomia, può postare un annuncio sul portale del Career Service. Oppure può decidere di partecipare ai Career Day. Ma la via, a mio avviso, più efficace è quella di entrare in partnership con il Career Service.
Attraverso un rapporto continuativo con l’ateneo, l’azienda può capire meglio le dinamiche universitarie e affinare l’approccio verso potenziali candidati/e. Sviluppiamo, di anno in anno, un piano personalizzato per ciascuna azienda, in base a loro obiettivi e esigenze, così da valorizzare specificità e proporla al target. Il talento è un concetto molto relativo.

Come Career Service siamo mediatori tra imprese e studenti e sappiamo che questi due interlocutori spesso pensano in modo diverso e faticano a capirsi. Noi siamo qui per aiutare le imprese a comunicare in maniera più efficace. Quello che chiediamo è di dedicarci del tempo per non lavorare nell’urgenza, ma per instaurare un rapporto proficuo basato sulla comprensione reciproca.

Molto spesso capita che ci siano delle aziende che per dimensione o scelta, non hanno una divisione HR. In questi casi può capitare di avere un gap generazionale forte tra selezionatori e studenti. Nella vostra esperienza, c’è qualche suggerimento che vi sentite di offrire a queste realtà?

Il gap generazionale può esserci sia nelle PMI che nelle grandi aziende. Dipende anche dalla lungimiranza del management e questo prescinde dalla dimensione dell’impresa. Sicuramente il gap, è più forte laddove non si sono inseriti giovani in organico per tanto tempo e di conseguenza si ha una età media alta. Il mio consiglio in questi casi è di mettersi in ascolto degli studenti, dei laureati e dei career service universitari per riuscire a entrare nella testa del target. Il punto è che le esigenze delle persone cambiano e si fa fatica a capire cosa cercano i giovani finché non si parla con loro.

In proposito, abbiamo creato da poco un podcast, si chiama MyTurn. Una serie di puntate a tema orientamento professionale, dove non parlano solo i direttori HR, ma c’è un dialogo diretto con studenti e studentesse. È importante sentire la loro voce e le loro domande. La chiave per un’impresa oggi è cogliere le domande dei giovani e trasformale in risposte sotto forma di strategie di employer branding.

Le nuove generazioni stanno dando grande importanza a passione e creatività. Il vostro ateneo anche offre corsi di impronta creativa, avete notato qualche trend in merito?

La creatività è un valore sempre più sentito nelle imprese. Si cercano talenti capaci di pensare fuori dagli schemi in ogni settore, anche nell’ingegneria. Il mondo del lavoro cerca quindi un approccio più creativo da parte dei nuovi arrivati. Il nostro nostro ateneo sta contaminando i percorsi di studio tradizionali con esperienze trasversali. Alcuni esempi di progetti che vanno in questa direzione sono: competition, progetti di mentoring, lavori di gruppo, corsi opzionali e ed esperienze di didattica innovativa sotto forma di progetti e workshop su casi reali, l’associazionismo studentesco, ecc.
Anche come Career Service organizziamo percorsi per gli studenti focalizzati su alcuni temi caldi per spingere gli studenti a riflettere sul futuro e sull’innovazione del mondo del lavoro.

Tutti quanti stiamo imparando a conoscere la generazione z. Secondo voi quali sono le caratteristiche fondamentali di cui tenere conto quando li si approccia dal punto di vista lavorativo?

Si fa spesso l’errore di fare di tutta l’erba un fascio, ma non si possono fare generalizzazioni assolute. Partendo dall’esperienza quotidiana, ciò che noto più spesso è un alto grado di intraprendenza, una ricerca dell’autenticità: i giovani in uscita dall’università oggi vogliono parlare in modo diretto e si aspettano chiarezza. Per loro non c’è una vera distinzione tra reale e digitale, anche il modo di vivere il mondo del lavoro rispecchia questo. Infatti, spesso chiedono flessibilità oraria, possibilità di smart working, eccetera.
Il covid ha condizionato gli studenti in uscita e la lente che abbiamo ora è un po’ deformata da questa esperienza che ha reso tutti più fragili. Questo non è tipico di una generazione e basta, ma frutto di un’esperienza traumatica a livello collettivo come umanità.

Concentrando lo sguardo sugli studenti attuali del Politecnico di Milano, direi che hanno in comune il fatto di sentirsi portatori di innovazione, perciò cercano datori di lavoro che credono in loro e in questo valore. Sono laureati e laureate che sentono di poter fare la differenza e cercano progetti in cui mettere a frutto le proprie conoscenze. Sono alla ricerca di uno scopo, e vedono il lavoro come un modo per esprimersi e conseguire un traguardo di livello più alto.

Vorrei concludere condividendo un dato con i lettori. Noi abbiamo un numero di laureati e laureate inferiore alla domanda attuale del mercato del lavoro. Da un lato è positivo, perché significa che gli studenti hanno più possibilità, anche se questo li mette più in difficoltà nella scelta. Ma sappiamo anche che questa scarsità di talenti in materie tecnico-scientifiche è un problema per le imprese. Quindi il nostro ruolo oggi è anche quello di aiutare le imprese a scegliere bene le posizioni da proporre ai laureati del Politecnico di Milano. Capire quali sono i ruoli chiave sui quali è davvero necessario investire è essenziale per attrarre “talenti” e specialisti in azienda.

Ringraziamo la Dottoressa Saracino per la disponibilità e i punti di riflessione offerti. Gli studenti del Politecnico di Milano hanno la possibilità di entrare a contatto con il tessuto produttivo locale e intraprendere percorsi di crescita proficui. Tra i desideri dei giovani ci sono la flessibilità lavorativa, la ricerca di uno scopo e soprattutto la possibilità di portare innovazione e cambiamento nel posto di lavoro.

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Martina Ferri

Sono laureata in filosofia, gattara, vegetariana e vesto sempre di nero. Ora che vi ho elencato i motivi per cui potrei sembrare noiosa, posso dirvi che amo la musica, i libri, la fotografia, la pizza, accamparmi in tenda vicino al main stage di qualche festival! Che dite, ho recuperato?

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