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Perché i licenziamenti delle aziende tech non spaventano gli investitori

Deidre Woollard e Tim Beyers provano a trovare un barlume di speranza nella complicata situazione

Agli ultimi dati di giugno, nel 2022 i licenziamenti da parte delle aziende tech hanno toccato quota 45.000 unità. Ma quello che dovrebbe essere un cattivo indicatore economico non sta invece avendo un forte impatto in Borsa per la maggior parte delle società coinvolte. E ci sono alcuni analisti, come Deidre Woollard e Tim Beyers, che vedono in questa situazione una possibilità di innovazione per l’intero sistema.

I licenziamenti delle aziende tech non spaventano gli investitori

La riduzione di organico, concentrata particolarmente nella Silicon Valley americana (soprattutto nella Bay Area di San Francisco), a pochi precedenti. Se i licenziamenti in massa da parte delle aziende tecnologiche non sono inedite, tagli così massici si vedono raramente: sono già più del doppio di quelli visti in tutto il 2020.

Il numero di dipendenti licenziati cresce tanto rapidamente che online trovate un tracker chiamato Layoffs.fyi, che ha il solo compito di tenere traccia di resta a casa.

Parlare di licenziamenti invoca senza dubbio il lato umano della vicenda: non è una situazione semplice da gestire per i lavoratori, specie visto che sembra estendersi a tutto il sistema e un ricollocamento potrebbe risultare difficile. Ma nel podcast The Motley Fool, gli analisti Deidre Woollard e Tim Beyers provano a cogliere il lato positivo per il sistema: la spinta verso lo smart working e la possibile nascita di piccole startup create da chi resta a casa.

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Licenziamenti dalle aziende tech: dobbiamo preoccuparci?

Woollard e Beyers guardano ai licenziamenti in ambito tech da due punti di vista diversi. Woollard ha investito nell’immobiliare, soprattutto a New York City e San Francisco, e cerca di capire cosa faranno le grandi compagnie tech. Chiuderanno delle sedi, come sta facendo in larga parte Twitter? Beyers invece studia le aziende tech e anche alla luce dei recenti layoff di Snap e di Groupon, che ha licenziato il 15% della sua forza lavoro, non può che guardare la situazione con attenzione. Ma non con preoccupazione.

“Sono cauto. Non direi preoccupato, direi cauto” spiega Beyers. “La ragione è che queste cose succedono. Queste cose vanno in cicli e sfortunatamente la Silicon Valley e il settore tech allargato hanno l’abitudine di spendere selvaggiamente e poi tagliare fino all’osso”.

Beyers crede che nel prossimo futuro ci saranno ancora licenziamenti. Anche per aziende private “attorno ai finanziamenti di Serie B o Serie C, proveranno a ottenere quei finanziamenti e avranno problemi a far lavorare il capitale nel lungo periodo e quindi dovranno licenziare le persone. E quindi otterremo persone davvero talentuose che torneranno nel mercato del lavoro“.

Una spinta verso il centro degli Stati Uniti (e lo smart working)

Una delle conseguenze di questi licenziamenti è che all’improvviso moltissimi ingegneri, venditori e designer non avranno più la necessità di andare in ufficio nel cuore della Bay Area. E quindi non avranno più la necessità di vivere in una costosissima casa lungo la costa pacifica degli Stati Uniti.

Secondo Beyers queste persone “alzeranno le mani e diranno ‘scordatelo, mi trasferisco nel mezzo del Paese, perché ho una buona uscita, sei mesi di liquidazione (o quello che è) e quindi me ne vado, via di qui’. Questo è davvero interessante per le aziende che si sono impegnate nel lavoro ibrido o remoto. Sarà affascinante”.

Smart Working Protocollo nazionale

La situazione potrebbe infatti portare diversi talenti in aziende che sono a migliaia di chilometri di distanza da casa loro. Ma come spiega lo stesso Beyers, questa situazione sarà favorevole soprattutto alle aziende con molto capitale da investire. Quindi le compagnie più grandi, piuttosto che le aziende di medie e piccole dimensioni.

I licenziamenti delle aziende tech potrebbero alimentare l’imprenditorialità

Se la spinta verso il lavoro ibrido potrebbe intensificarsi con questa serie di tagli del personale, anche la nascita di startup e altri tipi di professionalità potrebbe crescere. Woollard spiega che: “l’idea è che in questi periodi, è come dopo l’esplosione della bolla del dot-com. È quando le aziende davvero incredibili nascono”.

Per l’analista, in questo momento “c’è qualche ingegnere che forse è stato licenziato o vede quello che sta succedendo nella sua compagnia e dice ‘no, vado a lanciare una cosa mia‘. E noi non sappiamo ancora cosa sia. Potrebbe arrivare fra cinque anni oppure fra dieci, ma probabilmente sarà una cosa che cambia come viviamo le nostre vite”. Lo stesso Woollard dice che è un modo per trovare il positivo in questa situazione senza dubbio complicata: “A volte quando mi sento un po’ depresso per questa cosa, penso alle persona che sono lì fuori e stanno costruendo la prossima cosa che amerò“.

Beyers rincara la dose dicendo che questo è “il momento migliore per l’imprenditorialità“. E soprattutto che “il venture capital sta prestando attenzione alla cosa, metteranno dei veri fondi per il seed e per i round di Serie A, quindi i primi passi di una compagnia”.

aziende startup innovazione

Inoltre secondo Beyers questo è un momento perfetto per gli investitori che vogliono credere in aziende ignorate da molti ma che hanno ancora capitale. Fa l’esempio di Jamf, compagnia che orchestra i dispositivi Apple a livello enterprise. Beyers spiega che “Sarà un successo nei prossimi dieci anni? Non ne ho idea. Ma quello che so è che in momenti come questo, quando le cose si fanno dure, un’azienda disciplinata guadagna valore”.

In un momento particolarmente complesso (specie per chi è stato licenziato), queste due direttive possono rappresentare un barlume di speranza. La possibilità di ricollocarsi anche da remoto (magari in una città meno costosa) e le possibilità imprenditoriali potrebbero risollevare il sistema. O perlomeno le sorti di chi ha perso il lavoro.

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Fool

Autore

  • Stefano Regazzi

    Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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