Nel settore retail, i dati e il loro utilizzo, sono la chiave di lettura per misurare la propria sopravvivenza a lungo termine. La loro influenza, si esercita in ogni interazione, dalle vendite al servizio, dagli sconti alle consegne fino ai resi e i rimborsi. I brand che saranno in grado di gestire, analizzarle e comprenderle i dati saranno quelli che continueranno a crescere negli anni a venire.
L’utilità dei dati per il settore retail
La vendita al dettaglio è probabilmente uno dei settori più ricchi di dati. Se si considera l’intera catena di fornitura end-to-end, dalla produzione di ogni componente e materiale fino all’assemblaggio, distribuzione, stoccaggio, vendita, fino all’utilizzo… Si fa in fretta a realizzare la mole di informazioni di cui stiamo parlando. In questo scenario, stiamo già assistendo a un aumento del divario tra leader e “ritardatari” dei dati. Secondo McKinsey, “i 25 retailer più performanti, la maggior parte dei quali incarna il potente passaggio al digitale, ai dati e all’analisi, rappresentano oltre il 90% dell’aumento della capitalizzazione di mercato globale del settore durante la pandemia”.
Secondo Allied Market Research, le dimensioni del mercato globale dei big data analytics nel settore retail cresceranno fino a oltre 25.500 milioni di dollari entro il 2028, rispetto ai soli 4.854 milioni di dollari del 2020.
La tecnologia e il suo ruolo
Dalla supply chain all’ottimizzazione delle scorte e dei punti vendita, fino al miglioramento delle consegne e dell‘assistenza ai clienti. La tecnologia aiuta ad aumentare le vendite, migliorare il servizio e ridurre i costi. Con il passaggio al digitale di molti settori e industrie, si creeranno sempre più opportunità di acquisizione dei dati e i rivenditori avranno la possibilità di migliorarsi costantemente.
Eppure, la ricerca Digital Frontiers di VMware mostra che le cose non funzionano esattamente così. Un terzo dei consumatori pagherebbe di più per i capi di abbigliamento la cui origine è stata analizzata e approvata dalla retail technology. Allo stesso modo, il 42% sarebbe favorevole ad avere a disposizione dei camerini con realtà aumentata o virtuale, in modo da poter vedere come sarebbe l’abito nella propria taglia e vestibilità senza doversi cambiare.
Ogni giorno assistiamo all’ingresso sul mercato di innovazioni. Per esempio, secondo la società di analisi RBR, l’Europa è prima al mondo per l’adozione della tecnologia senza casse. Questo sistema permette ai clienti di scansionare gli articoli tramite il cellulare mentre fanno acquisti. Ma non tutto è a senso unico. Sebbene il progresso tecnologico sia inevitabile e auspicato, si basa sulla condivisione dei dati, in particolare su chi vi ha accesso e su come vengono utilizzati, cosa che i consumatori non sono ancora del tutto pronti a fare.
I pregiudizi sui dati
Quando si parla di dati personali, la ricerca rivela che solo un consumatore europeo su 10 è sicuro di come vengono utilizzati i suoi dati. In effetti, due terzi (67%) non sanno ancora chi ha accesso ai loro dati personali o come vengono utilizzati. In Italia il dato è leggermente più basso, ma si attesta sul 55%. Il 61% dei consumatori europei è sempre più preoccupato per la sicurezza della propria impronta digitale online e meno di un quarto (23%) vede i vantaggi che questa tecnologia apporta alla propria vita.
Emerge un numero considerevole di persone che ha delle riserve su come, quando e dove viene utilizzata la tecnologia. Ad esempio, solo il 17% dei consumatori desidera un’esperienza di check-out completamente autonoma (il 21% in Italia). Dato che coincide con i dati di RBR, indica una disconnessione tra brand e consumatori su come, quando e dove la tecnologia viene utilizzata a scapito dell’interazione umana. Basti pensare alle frustrazioni che tutti noi proviamo quando ci viene proposto lo strumento della chat bot se abbiamo bisogno di assistenza per risolvere un problema.
Un cambiamento in equilibrio nel settore retail
Nonostante i progressi compiuti con la tecnologia, è chiaro che il settore retail è in un momento decisivo. Da un lato, sia i consumatori che i commercianti possono percepire i benefici del miglioramento del servizio, della velocità e della personalizzazione abilitati dalla tecnologia. Ma si tratta di un delicato gioco di equilibri in cui più tecnologia viene integrata nel processo. Più i consumatori desiderano, di contro, il contatto umano e fisico, la comprensione e l’attenzione che solo le persone possono dare.
La tecnologia deve migliorare l’esperienza dei consumatori piuttosto che rendere le cose più economiche o più efficienti per tutti gli altri membri della catena di approvvigionamento. La sfida per il settore retail è identificare i propri bisogni, il proprio target finale e trovare la tecnologia più adatta.
Un retail di successo
Sono molte le aziende che lo stanno facendo nel modo giusto. Un esempio è Carrefour, azienda leader nella distribuzione globale, che sta puntando molto sulla tecnologia. L’azienda si concentra sull’implementazione di nuove piattaforme digitali entro il 2026, sull’adozione massiccia del cloud e sul posizionamento del digitale e dei dati al centro delle sue operazioni per offrire una vera esperienza omnichannel.
La tecnologia sta senza dubbio sostenendo il cambiamento nel retail, ma non può, e non deve, sostituire il ruolo degli esseri umani. Che si tratti di personale di assistenza ai clienti, di esperti competenti, c’è sempre posto per le persone, che permettono al settore di costruire gradualmente la fiducia dei consumatori nell’uso dei dati.
Infatti, se il retail è un settore con in testa la tecnologia, è anche chiaro che i consumatori desiderano che gli esseri umani siano al centro.
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