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Il ritorno in ufficio e la cultura del lavoro ibrido

Il nuovo report di Poly mostra quattro requisiti di cui tenere conto

Con l’estate al tramonto, le città e gli uffici tornano a ripopolarsi. Ma in maniera diversa rispetto a quanto visto in anni passati. L’avvento dello smart working ha cambiato le dinamiche d’ufficio per sempre e sia le aziende che i lavoratori devono adattarsi. Un rapporto di Poly e WORKTECH Academy ha svelato quali sono gli errori principali in questo processo, in modo da cristallizzare quali sono i quattro requisiti fondamentale per implementare la cultura del lavoro ibrido in azienda.

I quattro requisiti per instaurare la cultura del lavoro ibrido

Il rapporto A Reset for Return to Office? The Journey to Hybrid Working svela come le aziende stiano faticando a trovare il giusto ritmo per il ritorno in ufficio. Perché la sensibilità sull’argomento è cambiata, probabilmente per sempre. Questa primavera uno studio di Partnership for New York City ha valutato che l’80% delle aziende ha intenzione di implementare qualche forma di lavoro ibrido. E stando ai dati più recenti sono oltre due terzi i dipendenti che non hanno intenzione di tornare a passare le stesse ore in ufficio rispetto al periodo pre-pandemico. Insomma: sia datori di lavoro che dipendenti sanno che il mondo è cambiato, ma sembra ancora difficile trovare le giuste proporzioni.

Mettendo insieme diversi studi internazionali che analizzano queste tendenze, Poly e WORKTECH Academy hanno voluto estrapolare i quattro requisiti che sembrano necessari per adattarsi a questa nuova concezione del posto di lavoro.

L’Espresso Office

L’ufficio sta mutando, con sempre più spazio nelle planimetrie per gli open space e punti di incontro, per dare ai lavoratori quel valore aggiunto che a casa non potrebbero avere. Gli esperti lo chiamano Espresso Office, uno spazio concentrato che offre ai dipendenti la possibilità di confrontarsi. Quindi non più solo una spazio dove sistemare il proprio computer e la propria agenda, ma un luogo per sperimentare diverse modalità lavorative.

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Ma non si tratta solo dei luoghi o degli strumenti. Per sfruttare appieno il lavoro ibrido serve instaurare una cultura che tenga in conto le capacità e i limiti della propria azienda e del proprio personale.

I quattro pilastri per la cultura del lavoro ibrido

Secondo quanto emerge dallo studio di Poly, il primo passo è un po’ di empatia. Bisogna saper riconoscere che c’è “riluttanza al ritorno in azienda”. In Europa il 64% dei dipendenti (62% in Italia) teme ancora i focolai di contagio, i problemi legati al pendolarismo (per cui non ci sono vaccini) e soprattutto la paura di dover trovare un nuovo equilibrio vita lavoro. Riconoscerlo è il primo passo per capire come strutturare il lavoro ibrido.

Poi bisogna iniziare a promuovere una collaborazione interfunzionale fra le aree diverse. Abbattere i silos aziendali permette di cooperare fra diversi dipartimenti, vivendo esperienze che non possono essere vissute a casa. Ma una volta instaurate le collaborazioni, anche in smart working è più facile contattare i colleghi.

Importante inoltre adattare al meglio gli spazi digitali: pensate che meno di tre aziende su dieci ha adottato tecnologie per videoconferenze o riorganizzato le sale riunioni per il lavoro agile.

Ma secondo Poly la parte più importante è incoraggiare una cultura che incoraggi all’uso di uno spazio di lavoro condiviso. Bisogna svilupparla e bisogna comunicarla efficacemente ai dipendenti. E soprattutto bisogna ascoltarli, in modo da creare uno spazio di lavoro che risponda alle esigenze specifiche della vostra azienda.

Poly Studio P intervista Armando Trivellato

Non basta rientrare in ufficio, bisogna cambiarlo

Come spiega bene Paul Clark, Senior Vice President EMEA di Poly, non bisogna tornare a fare le cose come si faceva nel 2019, ragionando per inerzia. Bisogna sfruttare quest’occasione per rendere l’ufficio un posto di lavoro migliore. “Il concetto di rientro “perché sì” ormai non funziona più. I dipendenti hanno bisogno di un motivo valido per andare in ufficio, che prevalga anche sugli inconvenienti in termini di tempo e spese che lo spostamento può comportare. Le aziende devono quindi analizzare la loro cultura del lavoro, ma, allo stesso tempo, devono saper risaltare il valor aggiunto del ritorno in ufficio in modo che sia percepito come una esperienza veramente efficiente da parte degli impiegati”.

Questo può passare da diverse scelte. “Ad esempio, per poter cooperare in maniera più agile con i colleghi e i diversi dipartimenti grazie a spazi altamente versatili e tecnologicamente preparati. Solo così si contribuirà a stimolare la voglia dei dipendenti di tornare a lavorare anche in presenza, invece di costringerli a rientrare, utilizzando tattiche che funzionano solo a breve termine. Insomma, le sfide legate al ritorno in ufficio sono sia culturali che tecnologiche”.

Per la parte tecnologica, potete visitare il sito di Poly. Ma per la parte culturale bisogna mettersi in discussione. Se volete approfondire, potete trovare il report completo a questo indirizzo.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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