L’automazione dei processi è una delle chiavi per la crescita del business e per l’innovazione delle organizzazioni, delle amministrazioni e anche dei modelli di relazione nel mondo del lavoro. In un contesto globale segnato da incertezza e cambiamento, non si può pensare al futuro senza considerare la robotizzazione e la sua integrazione con altre tecnologie emergenti, come l’advanced analytics, l’intelligenza artificiale, il cloud computing o l’interconnettività. Queste sono le leve della prossima fase della trasformazione digitale, che è già in corso e non si fermerà.
Ne abbiamo parlato con Alberto Bazzi, direttore in Italia di Digital Business Technologies di Minsait, che ci ha detto la sua sui processi di automazione nel mondo del lavoro, tra sfide e opportunità.
Automazione e lavoro: quali sono i vantaggi?
I benefici dell’automazione dei processi sono numerosi. Si tratta di un’opportunità per creare valore aggiunto nell’azienda, aumentando l’efficienza operativa, il valore generato e la competitività rispetto ad altre realtà. L’automazione non solo migliora l’utilizzo dei sistemi esistenti e facilita il lavoro dei dipendenti, ma arricchisce anche l’esperienza dell’utente, influendo positivamente su produttività ed efficienza. Inoltre, è una delle forme di digitalizzazione più convenienti.
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L’impiego della robotica e dell’automazione riduce in media del 30% i costi operativi, si implementa in poche settimane e ha un ritorno sull’investimento (ROI) in soli due o tre mesi, permettendo di ottenere risultati tangibili a breve termine.
E le sfide?
L’automazione dei processi suscita innumerevoli preoccupazioni, soprattutto riguardo al possibile impatto negativo sull’occupazione. Molti temono che la digitalizzazione e l’introduzione di nuove tecnologie possano eliminare posti di lavoro. Si tratta di una paura comprensibile, ma non fondata sulla realtà storica.
Infatti, il processo di evoluzione industriale ha sempre comportato dei cambiamenti nelle professioni. Competenze che un tempo erano indispensabili per l’uomo sono state trasformate dal processo di industrializzazione e di sviluppo per dare spazio ad altre funzioni e creare nuovi settori di crescita.
Questi cambiamenti sono avvenuti per migliorare la qualità delle attività e dei servizi e per favorire una maggiore specializzazione degli individui, non per sostituire il fattore umano, che è sicuramente essenziale e il bene più prezioso nella catena di produzione.
È necessario trovare il giusto equilibrio, ma come?
La sfida è quella di adattarsi al progresso e alle nuove esigenze del mercato. Per questo stanno emergendo nuovi ruoli professionali, come quello di prompt engineer, sviluppatori di algoritmi etici, analisti quantistici e molto altro. Si tratta di professioni che fino a poco tempo fa non esistevano, ma che rispondono a bisogni attuali e reali e che permettono uno sviluppo più qualificato verso mansioni più evolute e diverse.
La chiave è la qualità dell’analisi delle informazioni che un professionista può fare grazie ai programmi di intelligenza artificiale, la conversione dei professionisti per svolgere compiti diversi e a maggior valore aggiunto o la creazione di spazi in cui si sentano più realizzati professionalmente. In altre parole, trasformare le necessità del passato nelle sfide di oggi.
“Il futuro è inconcepibile senza l’uomo”, afferma Alberto Bazzi. “Uno dei principali ostacoli alla prossima ondata di trasformazioni digitali è la mancanza di professionisti, utenti e lavoratori in questi settori. I talenti specializzati, insieme alla gestione dei dati e alla cybersicurezza, saranno le basi su cui costruire i modelli di business più immediati”
Alla domanda “dove si trova il limite?”, Bazzi risponde “dove è sempre stato: nelle persone”. Poi aggiunge:
“La trasformazione non è mai totale e, nel caso dell’automazione, si stima che sarà parziale nella maggior parte dei lavori. Oggi il 60% dei lavori può essere automatizzato in parte, ma solo il 7% di essi può essere automatizzato in più del 50% dei processi. Credo che nei prossimi anni vedremo l’automazione dei processi e delle operazioni in quasi tutti i settori di attività. Ma dubito fortemente che questo eliminerà il fattore umano. È il valore principale su cui si basa ogni possibile evoluzione”.
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