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La resilienza del dato come forma di protezione: intervista a Vincenzo Granato di Commvault

In questo momento storico, la sicurezza delle informazioni è un aspetto fondamentale per tutti noi; infatti, le aziende stanno progressivamente spostando il loro perimetro di sicurezza dalle infrastrutture alle informazioni in cloud. In occasione del Google Cloud Summit abbiamo incontrato Vincenzo Granato, Country Manager di Commvault e ne abbiamo approfittato per chiedere la visione dell’azienda sui temi della protezione e resilienza dei dati.

Può cominciare a presentarsi ai nostri lettori? In particolar modo, se può parlare del percorso professionale che l’ha portata alla sua sua posizione attuale

Mi chiamo Vincenzo Granato e da circa 36 anni lavoro nell’ambito dell’IT. Ho passato i primi ventidue in IBM, nella Global Technology Services, quella che per intenderci oggi si chiama Kyndryl. Li mi sono sempre occupato di servizi per le infrastrutture. SI andava dalla semplice manutenzione ai progetti di disaster recovery e business continuty fino alla trasformazione delle infrastrutture IT. In IBM ho praticamente ricoperto tutti i ruoli legati al cliente. Ho iniziato facendo il tecnico per finire poi a essere direttore commerciale di diverse linee in diversi mercati. Utilities, telco, distribuzione e così via.

Dopo questi ventidue anni ho avuto l’opportunità di rimettermi in gioco con una nuova azienda: HPE. Li, per i primi 5 anni, ho gestito le vendite della consulenza legata al mondo dei servizi per le infrastrutture e poi ho avuto l’opportunità di entrare a far parte del team di account di Telecom Italia.

Dopo quasi otto anni di HPE sono passato in Commvault. Contentissimo, perché ho avuto l’opportunità di rimettermi nuovamente in gioco. Mi piace cambiare, scoprire tecnologie nuove e avere la possibilità di misurarmi in contesti e aziende nuove; anche con start-up. Sei anni fa Commvault non era proprio una start-up; ma a Roma, dove io ho concentrato la mia attenzione, era poco conosciuta.

E in Commvault quale è stata la sua attività?

Ho gestito praticamente tutto il mercato centro-sud; in particolare mi sono concentrato sul mercato delle grosse enterprise. Per cui si parla sempre del mondo delle utility, telco e di pubblica amministrazione di altro profilo.

Per Commvault le cose in Italia sono andate bene. Oggi l’azienda è riconosciuta e presente praticamente su tutte le big italiane. Siamo presenti nei mercati di finanza, energia, utility e nella pubblica amministrazione. Per quest’ultima, in particolare, siamo sia nelle amministrazioni centrali che nelle realtà locali. Inoltre, stiamo lavorando molto bene anche sul mercato del commercio, quindi sulle PMI. Abbiamo approcci chiaramente diversi rispetto alle enterprise, e questo ci viene consentito dalle nostre tecnologie e soluzioni.

Di cosa di occupa esattamente Commvault?

Commvault è oggi una piattaforma di Data Resiliency mentre un anno fa era più una piattaforma di Data Protection. Abbiamo deciso di cambiare un po’ il paradigma e di concentrarci sulla resilienza dei sistemi informativi. Oggi siamo attenti a supportare i nostri clienti per migliorare la resilienza dei loro sistemi. Quindi, il core è sempre la Data Protection, ma tutto intorno si è costruito un ecosistea che permette ai nostri clienti di reagire meglio in un contesto ICT che è cambiato profondamente.

Questa trasformazione non è stata banale perché bisoga anche considerare che Commvault ha circa 28 anni di storia. Nonostante questo, lo abbiamo fatto per la nostra volontà di portare costantemente innovazione, di non fermarci mai.

L’azienda nasce come Data Protection e adesso parla di Data Resiliency. Oggi, oltre a gestire le realtà Legacy, include anche tutto il mondo del multicloud e delle soluzion SaaS. Negli ultimi 5 anni, infatti, abbiamo investito più o meno un miliardo di euro in ricerca e sviluppo e i risultati sono bene evidenti. Siamo per il dodicesimo anno tra i leader dell’analisi di Gartner; il magic quadrant. Negli ultimi due anni, quando Gartner è andata più a fondo sulle funzionalità critiche per la Data Protection, siamo risultati primi in tutti gli use case. Quest’anno abbiamo mantenuto il primato seppure su un singolo use-case siamo arrivati secondi.

commvault data protection

La vostra azienda si propone come riferimento per un panorama in cui sta cambiando il concetto di cybersecurity. Non difendiamo più un perimetro aziendale ma i dati; che però, complice anche il lavoro remoto oggi sono sparsi per tutta Internet. Che cosa vuol dire fare Data Protection e Data Resiliency su un ambiente virtuale enorme? Sembra un compito piuttosto gravoso.

Avete centrato il punto. Effettivamente, gestire la protezione dei dati come vogliamo farlo noi è diventato un compito abbastanza complesso. Questo perché la maggior parte dei clienti, dai più grandi ai più piccoli, utilizza sia tecnologie on-premise che tecnologie in cloud. Tendenzialmente, per l’esperienza che stiamo facendo in questi anni, le tecnologie cloud coinvolte sono sempre più di una. Quindi, la possibilità di avere un’unica piattaforma per la governance e la protezione dei dati orientata alla resilienza del sistema informativo è una cosa particolarmente importante per le aziende.

Quello che noi proponiamo è un’unica piattaforma, che può essere un servizio SaaS e on-premise, chiamata Commvault Cloud Powered by Metallic AI. La nostra piattaforma consente di gestire i dati dovunque ci si trovi. Ma non solo; aiuta anche i clienti in quelle situazioni dove c’è necessità di migrare o di replicare i dati tra cloud diversi. Quindi, offriamo un ampio ventaglio di possibilità per sollevare i clienti da una serie di aspetti legati alla governance.

La nostra piattaforma cerca anche di connettere i mondi a contorno dell’ecosistema della sicurezza. Quindi, quello che pima era un semplice core di backup e restore oggi è diventato un oggetto molto più articolato. Permette ai clienti di fare analisi e gestire il rischio, magari anticipandolo, per migliorare la loro postura di sicurezza. Ad esempio può segnalere che non è state implementate un’autenticazione a più fattori o altre tecnologie analoghe.

Oggi c’è anche il tema delle indicazioni che arrivano da enti esterni, come DORA e NIST. Questi, tra le varie cose, impongono anche di effettuare dei test di ripristino. Commvault mette qhundi a disposizione dei suoi clienti una tecnologia chiamata Cleanroom. Cleanroom consente a un cliente di effettuare dei test di recovery dei propri dati oppure delle analisi forensi in un ambiente isolato in cloud.

Quindi, anche in un ambiente distribuito, continuiamo a concentrarci solo sulla resilienza dal dato?

Ovviamente no. Parlando di resilienza, di fronte a un disastro in cui oltre ai dati viene perso anche il data center il punto non è più solo il ripristino del dato pulito, ma anche il ripristino degli ambienti applicativi. Negli ultimi anni abbiamo visco come questo aspetto è molto sentito dai nostri clienti. Ricostruire un’applicazione in cloud è particolarmente complesso, perché non ci sono solo le macchine virtuali ma anche tutti gli elementi di rete e le connessioni con i vari database. Per risolvere questo problema abbiamo acquisito un’azienda chiamata Appranix e la sua soluzione fa parte oggi del portafoglio d’offerta di Commvault.

Chiudo pensando anche al tema del cloud ibrido. Con l’integrazione nativa di Commvault otteniamo anche notevoli risultati dal punto di vista dell’efficienza operativa e del TCO. Infatti, la richiesta infrastrutturale cloud per delle nostre piattaforme è molto bassa. Ed è quello che poi fa la differenza, perché oggi le aziende sono molto attente a rispondere all’esigenza della resilienza del dato, ma sono altrettanto attente a rispondere alla necessità di ridurre i costi e quindi essere in linea con i loro budget.

Ci sono aziende convinte che avere il dato in cloud significa che il backup non serve più. Ai clienti che assumono questa posizione che cosa offrite?

Prima di dire che cosa ofriamo, vorrei fare chiarezza su un punto: qualsiasi contratto si è fatto con un hyperscaler la responsabilità del dato e dell’utente finale. La risposta è questa.

Un hyperscaler mette a disposizione il massimo livello di servizio sulla disponibilità delle infrastrutture; ridondate, distribuite e su più regioni. C’è una continuità operativa abbastanza importante e, a secondo del livello di servizio, metteranno a disposizione diverse modalità. Ma il responsabile del dato è sempre l’utente finale. Questo che cosa mi permette di aggiungere? Ovviamente che è l’utente finale che deve decidere se fare o no il backup dei propri dati nei cloud.

Leggevo uno studio su questo argomento qualche giorno fa. Si parlava dei 10-15 disastri degli ultimi 5 anni su vari cloud. La statistica interessante era che su 10 aziende, 9 non hanno potuto ripristinare i propri sistemi informativi mentre la decima ci è riuscita grazie al fatto che aveva fatto il backup off-site rispetto al cloud provider. L’ultimo incidente in cui siamo stati coinvolti anche noi, invece, è stato per un errore umano. Durante una migrazione è stato cancellato il tenant di un grosso cliente. Non c’è stato un attacco cyber, non c’è stato nulla di tutto ciò.

Noi cerchiamo di dare l’opportunità ai nostri clienti di affrontare questo tema usando la nostra piattaforma. Cercando di avere la massima copertura tecnologica e, nello stesso tempo, anche la migliore performance dal punto di vista del pricing e delle soluzioni. Mi piace sottolineare anche che non è importante la complessità del sistema informativo del cliente. Può essere una grande enterprise o una PMI, perché Commvault dà l’opportunità anche alle PMI di accedere a questa tipologia di servizi attraverso la sua proposizione SaaS. Personalmente, sto ponendo molta attenzione al segmento delle PMI perché credo che in molte situazioni, purtroppo, non è particolarmente preparato ad affrontare questi argomenti. Il mio obiettivo è anche di proteggere e dare opportunità a questi clienti, che sono uno dei tessuti più importanti dal punto di vista industriale italiano.

E come si inserisce l’intelligenza artificiale nel panorama delle vostre soluzioni?

Bella domanda. È un argomento che personalmente mi interessa tantissimo.

Intelligenza artificiale e machine learning sono parte integrante della piattaforma di Commvault già da molti anni. Abbiamo iniziato molto tempo fa a inserire questo tipo di tecnologie all’interno della nostra piattaforma e oggi abbiamo anche intelligenza artificiale generativa. All’interno della nostra piattaforma l’intelligenza artificiale ci permette di andare a fare operazioni di anomaly detection. Ci permette di analizzarer una serie di aspetti per anticipare qualsiasi situazione non coerente con quello che è la normale attività.

Anche la AI generativa è è disponibile tramite la nostra piattaforma. Chiaramente, però, si affianca principalmente al contesto operativo. Per ora ci sono tre ambiti sui quali abbiamo iniziato a introdurla, ma ne aggiungeremo altri in a breve. Il primo ambito è legato al supporto al cliente; il motore di AI generativa guida l’essere umano nell’uso delle funzionalità della piattaforma, come un how-to. Il secondo ambito è chiaramente quellp di fornire supporto in un’analisi di primo livello; quelle situazioni dove c’è qualche parametro che non funziona o una situazione non coerente con quello che era il setup della piattaforma. L’AI generativa interviene dando suggerimenti per migliorare la situazione. L’ultimo caso è l’automazione, quindi la possibilità di utilizzare AI generativa per sviluppare degli automatismi per la gestione dei processi.

Visto che siamo a Google Cloud Summit, qual è il rapporto che si è sviluppato o si sta sviluppando tra Commvault e Google?

Google è uno dei nostri hyperscaler. di riferimento. Siamo stati i primi in Italia a supportare la tecnologia di Google e quindi il suo cloud. Da quando Google è arrivato in Italia abbiamo avuto l’opportunità di affiancarci a diversi suoi clienti importanti nella gestione dei dati e dei carichi di lavoro.

Quello con Google è un rapporto molto importante anche dal punto di vista commerciale. I rispettivi team sono molto in sintonia sul territorio e presso i clienti. A me questo fa molto piacere perché, di fatto, in tante organizzazioni importanti i clienti usano più di un hyperscaler. Quindi, l’opportunità di far leva anche sulla nostra presenza consente di liberare il cliente da pensieri legati alla protezione dei suoi dati su un altro hyperscaler. Non ultimo, c’è anche la possibilità di fare operazioni di migrazione e di replica che consentono di implementare nuovi tipi di use case.

C’è qualcosa che le piacerebbe aggiungere per i nostri lettori?

Abbiamo parlato di PMI. Mi piace sottolineare che in Commvault in generale e in Italia in particolare c’è un’attenzione veramente importante su questo segmento. Spero che tutti gli investimenti che abbiamo deciso di fare con il mio team in Italia inizino a dare i loro frutti. Le PMI non devono temere la complessità. Anni fa si parlava di una Commvault complessa. Oggi, invece, è assolutamente semplice. Le nostre soluzioni SaaS sono up and running nel giro di poche ore. Liberano i pensieri e permettono al cliente di concentrarsi sugli aspetti di business proteggendo il suo asset principale: i dati.

Ringraziamo Vincenzo Granato di Commvault per questa interessante chiacchierata invitando tutti i lettori interessati all’argomento a prendere visione dei servizi offerti da Commvault sul sito ufficiale dell’azienda.

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Autore

  • Dario Maggiorini

    Si occupa di tecnologia e di tutto quello che gira attorno al mondo dell'ICT da quando sa usare una tastiera. Ha un passato come sistemista e system integrator, si è dedicato per anni a fare ricerca nel mondo delle telecomunicazioni e oggi si interessa per lo più di scalabilità e sistemi distribuiti; soprattutto in ambito multimediale e per sistemi interattivi. Il pallino, però, è sempre lo stesso: fare e usare cose che siano di reale utilità per chi lavora nel settore.

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