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Greenwashing: solo un’azienda su venti misura il proprio impatto ambientale

Una sola azienda su cinque si è data degli obiettivi di riduzione dell’anidride carbonica nel medio periodo

Fòrema, ente di formazione del sistema confindustriale veneto, ha fornito ad un parterre di imprenditori e manager del Triveneto una serie di questionari per capire le loro priorità su diversi ambiti. Focalizzandosi sugli asset del green ha analizzato le risposte di 226 aziende, in quattro casi su cinque di grandi dimensioni, tra i 50 e i 250 dipendenti, tutte senza obbligo di rendicontazione sui temi della sostenibilità. Lo studio condotto da Fòrema ha voluto analizzare quanto le aziende si preoccupano del proprio impatto ambientale.

Il reale impatto ambientale delle aziende

Secondo lo studio di Fòrema, in linea generale, tra i vari asset sui quali si possono sviluppare le Environmental, Social and Governance (ESG), ossia i tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità, la parte sociale, il rapporto coi dipendenti e col territorio sono quelle dove le aziende risultano essere più mature. Il 43,5% delle imprese dichiara di aver avviato progetti in tal senso. Si sta ancora lavorando sulla parte ambientale, oggetto di operatività solo nel 26% dei casi, mentre la parte di governance è quella più lacunosa. Solo il 22,7% delle imprese infatti, ha intrapreso percorsi in tal senso. Tra i trend più interessanti, il rapporto stridente tra quanto si comunica e quanto poco si faccia.

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Infatti, solo una azienda su venti (5%) dichiara di misurare il proprio impatto ambientale con dati e numeri precisi, adottando uno standard indipendente di analisi come il B Impact Assessment o l’SDG Action Manager, mentre una ogni due (50%) si vanta di comunicare e aver attivato azioni di marketing in ambito di sostenibilità. Dietro questi dati c’è chiaramente una vocazione al greenwashing a vari livelli che riguarda dunque circa metà delle aziende. A riprova di ciò anche il fatto che sono poche le aziende che si sono dotate di un piano di decarbonizzazione.

Solo una azienda su quattro (il 26%) monitora le emissioni di anidride carbonica relativamente alle emissioni dirette generate, come la combustione di combustibili fossili per riscaldare uno stabilimento, o alle emissioni indirette legate ai consumi energetici come ad esempio la produzione di elettricità per alimentare uno stabilimento. Una sola azienda su cinque (il 20%) si è poi data degli obiettivi di riduzione dell’anidride carbonica nel medio periodo.

I tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità: Environmental, Social and Governance (ESG)

Cresce tra le imprese italiane l’approccio verso i temi legati alla sostenibilità: il 59% di esse ha istituito un comitato ESG, in linea con il 61% delle realtà globali. Gli investimenti complessivi sono destinati prevalentemente a cultura e sport (67% delle imprese), assistenza sociale (53%), ricerca e sanità (52%), istruzione (48%), coesione sociale 45%). Emerge dalla recente ricerca Corporate Social Investment e Esg – Global Impact at scale di Dynamo Academy e Sda Bocconi Sustainability Lab che conclude affermando, per il futuro, i trend da seguire in Italia riguarderanno l’investimento verso gli stakeholder interni, la ricerca di metriche comuni per il reporting della “S” (sustainability) e la ricerca di concretezza per le azioni di diversità, equità e inclusione.

In questo contesto le grandi aziende sono spinte a dotare i loro consigli di amministrazione di professionisti esperti in ambito ESG oltre che individuare i dirigenti di riferimento all’interno delle strutture produttive. Ancora più presente risulta questa esigenza per quanto riguarda le PMI le quali esprimono un numero finora molto limitato di aziende già pronte a competere nella sfida globale della sostenibilità ESG. Su queste basi nasce l’esigenza di formare il personale di tutte le aziende con un protocollo di Exponiental training, per diffondere le buone pratiche il più possibile.

La partnership tra Fòrema e IASE Italy per le certificazioni ESG in Italia

Per la realizzazione del piano di formazione, è stato siglato un accordo tra Fòrema, ente di formazione di Confindustria Veneto Est, associazione di impresa che rappresenta 5.500 aziende e per importanza a livello nazionale è seconda solo ad Assolombarda, e IASE Italy, filiale italiana della International Association for Sustainable Economy. Si tratta di un pacchetto formativo che le aziende potranno acquistare e quindi fornire ai dipendenti, che a seguito del compimento del programma di studio, dovranno sostenere un esame per ottenere la certificazione internazionale.

Entrando nel dettaglio, Fòrema proporrà: i corsi di ISB, International Sustainable Business, certificazione specifica per il settore produttivo, disponibile attualmente con un primo livello di base adatto a qualsiasi soggetto nel mondo e un secondo livello ISB specialist Level; i corsi di ISF, International Sustainable Finance, certificazione specifica per il settore finanziario, disponibile attualmente con un primo livello di base e un secondo livello ISF specialist Level. Per entrambe le certificazioni, il primo livello è comune a tutti i Paesi e tutte le culture nel mondo, il secondo livello è molto più adatto agli Stati occidentali come l’Italia ed è già disponibile, mentre un terzo livello per gli specialisti del settore ESG sarà disponibile alla fine del 2023.

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Marzia Ramella

Scrivo di libri, film, tecnologia e cultura. Ho diversi interessi, sono molto curiosa. La mia più grande passione però sono i libri: ho lavorato in biblioteca, poi in diverse case editrici e ora ne scrivo su Orgoglionerd.

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