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TechChill Milano, l’Italia è sempre più un paese per startup

Fra i tanti speech e nelle parole di startupper e investitori, un tema comune: il nostro Paese cambia

MILANO – Una fiume di startupper, venture capitalist, esperti, business angels. L’Università Bocconi straripa di talenti e idee per TechChill Milano, evento dedicato al mondo startup di caratura internazionale che abbiamo seguito fra il 28 e il 29 settembre 2022. Il mercato italiano per gli startupper e per gli investitori europei sta diventando sempre più interessante. E le discussioni tenute sul main stage e fra i banchi dove le neonate aziende facevano i propri pitch hanno sottolineato questo nuovo fermento.

L’Italia è sempre più un Pese per Startup: il punto a TechChill Milano

Per lungo tempo il nostro Paese non ha attratto capitali esteri sulle nuove startup. Gli imprenditori e i loro collaboratori non erano completamente soli, ma il gap rispetto ai concorrenti in Europa era evidente e li penalizzava. Oggi la situazione è diversa.

TechChill ha intervistato il proprio network di investitori europei, un terzo dei quali già investe in almeno una startup italiana. E il 52,4% si dichiara predisposto a farlo, con il 38,1% che dice che probabilmente lo farà.

Nell’indagine emergono ancora alcuni problemi che bloccano il venture capital nel nostro Paese, primo fra tutti la burocrazia. Ma alcuni investitori sottolineano anche una disconnessione rispetto ad altri ecosistemi europei. Tuttavia, tutti riconoscono alcuni grandi pregi del sistema di startupper italiani. Primo fra tutti il talento, ma anche l’esperienza con prodotti di alta gamma e la cultura PMI italiana.

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Annija Mezgail, CEO di TechChill, spiega che l’indagine rivela “la disponibilità degli investitori stranieri a investire in Italia, ma anche l’apprezzamento dei talenti locali. Si sottolinea, inoltre, come VC e Business Angels siano disincantati dello stato attuale dell’ecosistema italiano e in attesa di storie di successo che possano diventare trainanti anche in altri Paesi”.

Il Presidente del Board di TechChill Milano, Andrea Orlando, sottolinea come “L’Italia deve poter continuare a lavorare sul proprio ecosistema: più acceleratori, fondi, sinergie, eventi“. Proprio come questa rassegna unica di startup organizzata da TechChill Milano. Che però è un evento che non teme di mettersi in discussione, chiedendosi addirittura: ha ancora senso parlare di ecosistema di startup?

L’importanza dell’ecosistema: fa ancora la differenza?

Durante lo speech “Startup Ecosystems: A thing of the past?“, moderato dal founding editor di Tech.eu Robin Wauters, le opinioni sull’importanza stessa dell’ecosistema variavano moltissimo.

Roberto Bonanzinga, partner di InReach Ventures, ha da subito preso la posizione più forte: gli ecosistemi di startup sono morti. Le startup sono per gli outliers, non per chi si adatta alla situazione del sistema.” E continua dicendo che “La ‘scintilla’ dell’imprenditorialità può nascere ovunque: basti pensare che l’app Vivino ha sede a Copenaghen. Questo non vuol dire che non dobbiamo investire in cultura, che non dobbiamo credere nei talenti nell’università. Ma ora l‘ecosistema è l’intera Internet: se avete un’idea vincente potete farla fiorire ovunque”.

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James Shaw, Global Head & Partner di Whiters Tech, spiega invece che “Gli ecosistemi sono molto vivi. Se è vero che la ‘scintilla’ può nascere ovunque, alimentare la fiamma è necessario. In Italia per esempio si vende troppo presto, limitando la nascita di ‘unicorni’ e aziende che possono elevare l’intero sistema economico. Ma in Europa le cose stanno cambiando. Spotify, Revolut stanno cambiando la situazione. Ma bisogna creare ecosistemi locali collegati a livello europeo per sostenere la prossima grande idea”.

Sara Lovato, Investment Manager di United Ventures, ha una posizione diversa. Secondo lei l’Italia resta un terreno fertile per le startup perché “ci sono altre considerazioni quando lanci una startup. Quindi puoi decidere di restare vicino al territorio, per attrarre i talenti locali. Ma poi hai bisogno di collegarti a un’ecosistema (anche uno da cui sei fisicamente lontano). Soprattutto perché al momento in Italia le grande exit’ non ci sono: nessuno ha i miliardi per acquistare una scaleup di successo”.

Qualcosa che Robin Wauter sintetizza bene, facendo un sunto di tutta la discussione: “puoi creare una compagnia dove vuoi, ma non puoi scalarla ovunque“. Questo è il motivo principale per cui eventi per startup e investitori come TechChill Milano sono fondamentali sia per i talenti italiani che per gli investitori locali e internazionali.

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TechChill Milano: l’Open Innovation è una buona scelta per startup e coorporazioni?

Marija Rucevska, Founding Partner di Helve e parte del board di TechChill, ha invece parlato di Open Innovation, valutando come le startup e le corporazioni possono collaborare. E lo ha fatto con Enrico Noseda, Chief of Innovation di Cariplo Factory, e Diego Bonifacino, Ecosystem Manager di BAT.

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Noseda aiuta capire la difficoltà di far coesistere piccole startup con corporazioni con un’analogia: “le corporazioni sono treni in corsa: vanno già a passo sostenuto, hanno tante risorse da gestire, ma hanno anche tanto da perdere, fanno fatica a deviare. Invece le startup sono catamarani nell’America Cup, rapidi nel cambiare direzione in base ai risultati”.

Bonifacino è d’accordo, spiegando che “spesso gestire un dialogo è difficile perché le priorità sono molto diverse per startup e corporazioni. Molte grandi aziende vogliono lavorare con le startup ma non hanno chiari gli obiettivi da raggiungere. Quindi bisogna cercare di essere chiari da subito da entrambe le parti e mettere timeframe precisi”.

Un concetto che Noseda, che lavorava anche per Skype, riprende: “In Skype li chiamavamo ‘Ambulance Project’, che hanno risorse e priorità per essere dinamici. Altrimenti le startup lasciano il treno in corsa. Per questo spesso ci vogliono dei cultural mediator, che permette di garantire il dialogo e stabilisce delle KPI chiare”.

Ma le potenzialità per entrambe le parti sono enormi. Noseda spiega che le corporazioni “le startup aiutano a risolvere il dilemma dell’innovatore, capendo quando entrare in fase di ‘exploring’ e quando in fase di ‘exploit’. Le grandi aziende sono ottime nel core business, ma innovare è una necessità. 20 anni fa tutte le prime 10 aziende al mondo erano nel petrolio, oggi sono tutte tech. Le startup possono trovare una nuova strada con l’Open Innovation. E prima o poi, l’innovazione deve diventare noiosa: una parte del business”.

Bonifacino sottolinea invece che “per le startup ci sono nuove sfide, per le corporazioni nuove opportunità. Il successo poi si misura valutando se sposta l’ago della bilancia: in termini di revenue, tempo. Ma anche un cambio di mindset può diventare un successo: bisogna però essere chiari dall’inizio”.

Bootstrapping: un’altra possibilità per lanciare la propria startup

Se l’Open Innovation permette a molte startup di trovare grandi partner per crescere, se l’ecosistema permette di trovare investitori, c’è chi prova a fare tutto da solo. Andrea Roberto Bifulco, Co-Founder di Ktchn Lab, ha portato la propria esperienza nel Bootstrapping, parola che viene da un modo di dire americano per dire “farsi da soli”. Intervistato da Anisah Osman Britton, reporter di Startup Life, Bifulco racconta come la sua società sia nata, fra errori e difficoltà, da un’idea portata avanti con coraggio e caparbietà.

Quando abbiamo iniziato continuavo a tenere un altro lavoro perché non ero sicuro (qualcosa che non consiglio a nessuno). Mi ritrovavo la notte a cucinare burrito vestito di tutto punto per l’ufficio, da cui ero appena uscito”.

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Ma per noi da subito era un’idea da “rischio tutto”: se funziona, lasciamo il lavoro e iniziamo a occuparci a tempo pieno della nostra startup”. La strada non è semplice, tuttavia. Bifulco spiega che “quando diciamo ad eventi come TechChill Milano che non abbiamo investitori ci accolgono sguardi stupidi, perché è raro che startup che iniziano con fondi personali finiscono per guadagnarci”.

E restano anche altri problemi: per esempio, al momento non sappiamo il valore di Ktchn Lab, mentre di solito si inizia dal primo round. “Abbiamo revenue da milioni di dollari, ma non saprei dire quando costa una quota nella nostra società”.

Bifulco racconta che l’idea del Bootstrapping era “l’unica cosa che sapevo fare, perché gli investitori volevano darci fondi così bassi che non valevano una percentuale della compagnia”. Ma oggi ci sono altre startup che guardano alla possibilità di sostenersi in autonomia, anche grazie all’esempio di Ktchn Lab. Un’altra strada per chi vuole fare business.

TechChill Milano ha sottolineato come per le startup italiane le strade verso il successo stanno aumentando, dall’Open Innovation fino a un’ecosistema più dinamico. Ma anche le sfide, soprattutto in questi anni, sono molte. L’aria che si respirava fra i banchi delle startup però era entusiasta: il mondo degli startupper nel nostro Paese sta cambiando e molti imprenditori guardano con ottimismo al futuro.

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Autore

  • Stefano Regazzi

    Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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