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TechChill Milano e l’importanza della cultura per le startup

Diversità al centro e capacità di prendersi cura delle persone durante le crisi

MILANO – il 28 e 29 settembre 2022, l’Università Bocconi straripava di innovazione. TechChill Milano ha portato sotto uno stesso tetto startupper e investitori, per pensare a come rivoluzionare il mercato italiano una buona idea commerciale alla volta. Ma durante gli speech sul palco principale e nelle discussioni fra i banchi della Startup Expo, si comprende subito che non si tratta solo di ottenere fondi e sfruttare idee. TechChill Milano fa respirare la “Cultura da Startup”, la cui importanza è stata più volte rimarcata. Una cultura che mette al centro le persone e la diversità, chiave del successo di qualsiasi impresa.

Cultura da startup e diversità al centro di TechChill Milano

Durante gli speech di TechChill Milano, abbiamo sentito la parola “cultura” più volte di “venture capital” o “business angels”. Perché la realtà è che ci sono startup che hanno avuto successo senza diverse fonti di capitale, ma nessuna senza una cultura vincente.

Tanto che Jaïr Halevi, Startup Project Manager di Miro, ha tenuto un discorso intitolato La cultura si mangia la strategia a colazione”. Con l’esperienza di una persona che ha fatto da coach a 150 startup, sa cosa fa la differenza in un’azienda.

“Lo dimostra la recente crisi di talenti tech, avere una grande cultura aziendale è un vantaggio competitivo. Aiuta a motivare i dipendenti a lavorare con voi, permette di attrarne di nuovi. E può persino trasformare chi se ne va in un ambasciatore della qualità del vostro ambiente aziendale”.

Le startup da sempre mettono al centro le idee. Richiedono spesso più ore di lavoro e meno retribuzione di altri lavori in aziende affermate: chi ci lavora, ci crede. E poi, Halevi spiega che: “è una delle poche cose su cui avete diretto controllo come fondatori. Ma molti ne sottovalutano l’importanza”. Ma una forte cultura aziendale può fare da manager invisibileper far concordare i dipendenti, far accelerare il lavoro, migliorare i risultati.

Come lanciare e gestire la propria startup in tempo di crisi: mettere la cultura al centro

La cultura caratterizza la startup da sempre. Ma se lanciare una startup e scalarla è difficile in qualsiasi momento, gli ultimi anni sono stati particolarmente complessi. Cristobal Alonso, CEO di Startup Wise Guys, ha messo il concetto di crisi al centro del proprio discorso ricordandoci le diverse crisi che come europei ci hanno coinvolto in poco tempo: pandemia, Ucraina, inflazione.

Alonso riconosce che gli imprenditori sono sempre in crisi, perché sono sempre pronti a cambiare“. Ma per rispondere ai problemi e non lasciare che una buona crisi vada sprecata(citando Wiston Churchill), serve focalizzarsi su tre punti essenziali.

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Il primo punto da non sottovalutare è la cultura: “Stick to the culture“. Per Alonso, questo significa essere performanti senza rinunciare a prendersi cura dei propri dipendenti e dei propri colleghi. Alonso fa l’esempio dei primi mesi di pandemia, quando con il business fermo si era chiesto per quanto avrebbe potuto gestire gli stipendi dei dipendenti. La soluzione che ha trovato e di garantire tre mesi in più abbassando del 30% gli stipendi. Ma lo ha fatto in maniera trasparente e senza lasciare a casa nessuno. Quando i suoi dipendenti ucraini hanno dovuto prendersi cura della propria famiglia, hanno avuto i giorni di permesso e i colleghi li hanno aiutati.

Ma Alonso spiega che non è solo per fare “il buono” con i propri dipendenti, ma è perché la cultura rimane: i dipendenti si ricorderanno di questo. Se va male, la startup può anche fallire. Ma potrete ripartire con il rispetto di chi ha lavorato con voi, qualcosa che fa la differenza. Potete fallire, ma dovete farlo nel modo giusto.

Il secondo punto invece è sfruttare la crisi per ridefinire i ruoli e le responsabilità in azienda. Durante la crisi, potete trovare il Sam del Signore degli Anelli, che è l’elemento più importante perché ha dimostrato fedeltà alla causa come nessun altro. Quando le cose vanno male, i topi lasciano la nave: i Sam invece restano. E bisogna valorizzarli“. E Alonso spiega quanto sia importante non solo promuovere o cambiare ruoli in-house, ma anche formare e fare crescere chi lo fa.

Infine, bisogna restare focalizzati su quello che importa. Identificare le priorità, valutando impatto e probabilità che le cose succedano. E trovare tempo per garantire la liquidità, essenziale per ogni startup. Ma trovate tempo anche per le persone: non nascondetevi in ufficio. Io faccio fatica a farlo, ma è importante essere presenti”. E poi resta importante la trasparenza: quando le cose vanno male, dare garanzie ai dipendenti perché altrimenti saranno stressati e lavoreranno male, oppure se ne andranno.

A TechChill Milano, Alonso sottolinea che questi tre elementi (cultura, ridefinizione dei ruoli e focus), le startup possono superare anche i momenti di crisi. Ed uscirne più forti.

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La diversità nelle startup serve da subito

Se Halevi sottolinea l’importanza della cultura e Alonso spiega che per renderla forte bisogna mettere le persone al centro, un tema comune nelle discussioni presso TechChill Milano riguarda l’attenzione nel scegliere le persone giuste. E in più speech emerge una parola fondamentale: diversità.

Jacopo Benedetti, Co-Founder e Chief of Staff di Boom!, ha moderato un panel dove sottolineare l’importanza di costruire da subito il proprio team di lavoro con la diversità in mente. Lo ha fatto chiedendo l’aiuto di Liva Echwald, founder di Found Diverse, Nicolò Satin, CEO e Co-Founder di Gamindo e Stefania Quaini, Managing Director di Angels for Women.

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L’importanza della diversità ormai non è più una sorpresa. Echwald lo dice come un dato di fatto: “Solo un team di lavoro diverso può comprendere in anticipo le necessità e i problemi di un prodotto o servizio che sarà usato da un gruppo diverso di persone. Se siamo tutti uguali, ignoreremo i problemi fino a quando non è troppo tardi”.

Ma Satin sottolinea che per gli startupper “diversificare il proprio team è qualcosa che gli investitori ti chiedono fin dal primo incontro”. E il CEO di Gamindo sottolinea che l’unicità di ogni individuo fa la differenza: noi abbiamo un programmatore 60enne e abbiamo ricevuto curricula da ragazzi anche troppo giovani, di 13 anni. Ognuno porta un background diversi, non solo da punto di vista di genere e razza: conta anche l’età, la scuola fatta. Questi background fanno la differenza perché sono unici”. E dice in maniera chiara che diversity is what e inclusion in how”: includere nel proprio team persone diverse fra loro è un valore che premia sul mercato. Ma bisogna fare attenzione a non usare le persone come mera rappresentanza verso l’esterno: non mi piace dire HR, perché le persone non sono risorse ma persone“.

Benedetti riprende l’importanza dell’unicità, ma dice che al momento non stiamo facendo abbastanza. Anche dal punto di vista degli investimenti: meno del 3% di startupper di colore in Europa riceve fondi dal Venture Capital. E la quasi totalità delle minoranze e delle donne si è almeno una volta sentita discriminata sul lavoro”. E quindi si chiede se esiste un problema di inclusività.

Echwald dice che in Europa senza dubbio succede. “Ma l’Italia può sfruttare il suo ritardo nel mondo startup a proprio vantaggio: dovendo costruire quasi da zero, può fare la differenza. Ma bisogna scegliere la diversità con intenzione, perché al momento molti Paesi hanno una monocultura: se non interveniamo il prossimo ‘unicorno’ sarà lanciato da un uomo bianco ed etero, e quello dopo ancora. Non per scelte intenzionali, ma perché le persone aiutano più facilmente chi gli somiglia. Dobbiamo fare in modo di interrompere il ciclo”.

Satin sottolinea inoltre che serve partire fin da subito, dalla scuola. “Il 99% dei curricula che riceviamo sono di uomini, soprattutto molto giovani. L’università deve fare la differenza. Ma all’interno della startup, sono i founder che devono prendere scelte coraggiose”.

Quaini concorda con Echwald sul grande potenziale italiano e con Satin sulla necessità di partire da subito con le università. Ma teme che “ne parleremo ma non agiremo. Perché abbiamo bisogno di capire quanto sia delicato gestire la questione, ma anche di quanto serva la determinazione. Bisogna trovare un business model che funziona e metterci le risorse”.

E l’intero panel concorda con quanto riporta Echwald: “un investitore di un’importante app tech mi ha chiesto aiuto perché hanno 200 persone culturalmente diverse, ma nessun over 40 e pochissime donne. Ma a questo punto cambiare l’asset aziendale è complicato. Bisogna partire da subito”.

Fra le masterclass e gli incontri, l’evento in Bocconi ha messo sul piatto tantissimi elementi: dagli investimenti alla tecnologia. Ma TechChill Milano evidenzia che cultura da startup e diversità sono una chiave di successo ripetuta da tutti quelli che il successo lo hanno avuto: mettere al centro le persone paga.

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Autore

  • Stefano Regazzi

    Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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