Dal G7 di Londra arriva una notizia che potrebbe rivoluzionare la fiscalità di alcune delle principali multinazionali del mondo: una tassa minima globale, indipendentemente dalla sede. L’accordo raggiunto dai Ministri delle Finanze dei Paesi del G7 sancisce una tassazione minima del 15%, anche se la sede fiscale è all’estero.
Una tassa minima globale per le multinazionali
Il Ministro britannico Rishi Sunak definisce la decisione “un accordo storico per riformare il sistema fiscale globale per adattarlo all’era digitale globale“. La tassa minima riguarderebbe anche i colossi del mondo tech come Amazon e Google, che potrebbero portare miliardi di dollari nelle casse dei Paesi aderenti. Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Italia e Giappone sono i Paesi aderenti. Proporrebbero una tassazione minima al 15%, più un 20% per le corporazioni che superano il 10% di profitti. Anche se i dettagli sono tutti da definire. Anche perché la volontà sembra essere quella di coinvolgere il gruppo allargato dei G20, che si riuniscono a luglio in Italia ma che non prenderebbero una decisione prima del secondo incontro di ottobre, secondo il New York Times.
L’accordo raggiunto vuole innanzitutto frenare la “corsa al ribasso” vista in questi anni, dove molte nazioni hanno deciso di applicare favori fiscali a colossi tecnologici pur di avere la sede fiscale nel proprio Paese. Imporre una tassazione minima permette di definire regole che avvantaggino i Paesi aderenti. Inoltre i membri del G7 vogliono evitare che queste multinazionali paghino meno compensi in Paesi in cui operano. L’accordo arriva dopo molte trattative, specie fra i Paesi europei e gli Stati Uniti, cui appartengono alcune fra le principali corporazioni oggetto della discussione.
Il Presidente del Consiglio Mario Draghi commenta: “Saluto con grande soddisfazione l’accordo sulla tassazione delle multinazionali raggiunto oggi a Londra dai Ministri delle finanze del G7. È un passo storico verso una maggiore equità e giustizia sociale per i cittadini.”
Per l’Italia, il conto potrebbe aggirarsi intorno ai 2,5 miliardi di euro annui in più nelle casse dello Stato.
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