Si discute molto, in Italia, di salario minimo. Ma questa proposta, avanzata da Giuseppe Conte ed Elly Shlein lo scorso 4 luglio, è davvero fattibile e vantaggiosa per il nostro Paese? Quali sarebbero le conseguenze per le imprese, i consumatori e il mercato del lavoro?
Abbiamo chiesto il parere di Alessandro Raguseo, CEO e Co-Founder di Reverse, azienda internazionale di headhunting e Risorse Umane, che ha analizzato i pro e i contro di questa iniziativa.
“Sono abbastanza certo che arriveremo anche nel nostro Paese all’introduzione del salario minimo, ma non credo che attualmente ci siano le condizioni perché questo accada nel breve periodo. – Spiega Alessandro Raguseo, CEO e Co-Founder di Reverse – La questione infatti non è essere d’accordo o meno sull’introduzione di un salario minimo, dubito che si riesca a trovare qualcuno, in linea teorica, contrario. I temi sono altri: la sostenibilità economica, il cambiamento o adeguamento della contrattazione collettiva, il probabile conseguente depauperamento della rappresentanza sindacale, la diminuzione della tassazione sul lavoro”.
Il salario minimo è sostenibile?
Secondo Raguseo, la proposta di legge presentata prevede un salario minimo di oltre 9 euro all’ora, ma questo potrebbe creare delle difficoltà nella sua applicazione. Infatti, in Italia la maggior parte dei contratti prevede una retribuzione mensile e non oraria, e inoltre esistono molti contratti collettivi nazionali che hanno modalità diverse di calcolo della retribuzione oraria.
“In Italia abbiamo più di 900 contratti collettivi nazionali e ciascuno di essi presenta un diverso divisore giornaliero, esso stesso figlio di contrattazione – continua Alessandro Raguseo – Inoltre, ogni contratto presenta un numero differente di giorni di ferie, di ore di permessi e anche di mensilità, senza contare il fatto che ci sono aziende che forniscono diverse forme di welfare ai propri dipendenti: come verrebbe conteggiata questa forma di risparmio e quindi di retribuzione aggiuntiva nei confronti di chi non ha lo stesso beneficio?”
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Quali sono i rischi?
Raguseo evidenzia anche i rischi di un’introduzione prematura del salario minimo, che potrebbe avere effetti negativi sull’economia italiana. Tra questi, ci sono:
- L’irrigidimento del mercato del lavoro, che limiterebbe la capacità delle imprese di adeguare i salari alle condizioni del mercato e le spingerebbe a delocalizzare all’estero.
- I costi aggiuntivi per le piccole imprese, che potrebbero essere costrette a ridurre il personale, a ricorrere a forme di lavoro sommerso o a chiudere l’attività.
- Le distorsioni nel mercato del lavoro e nella competitività, che colpirebbero alcuni settori più di altri.
- L’aumento dell’inflazione, causato dalla trasmissione dei costi maggiori delle imprese ai consumatori sui prezzi dei beni e dei servizi.
“Ritengo che l’introduzione di un salario minimo su base oraria non sia ancora una strada percorribile. Sicuramente è utile iniziare a parlarne per avviare un processo di sensibilizzazione, ma per renderlo concreto occorrerebbe prima di tutto intervenire sulla macchina burocratica del lavoro, iniziando dalla diminuzione del numero dei CCNL, dalla semplificazione della busta paga e dalla riduzione del costo del lavoro per le imprese e della tassazione per i dipendenti”.
Raguseo conclude quindi che il salario minimo in Italia non è una soluzione semplice e immediata, ma richiede una valutazione attenta delle sue implicazioni e delle sue alternative.
“In conclusione, ritengo che l’introduzione di un salario minimo sia sicuramente tra gli obiettivi da portare sui tavoli decisionali, ma sono altrettanto convinto che bisogna arrivare alla sua introduzione in modo estremamente ponderato con delle basi di contesto solide – conclude Raguseo – Oltre alla semplificazione preventiva della burocrazia di cui accennavo prima, sarà importante stabilire un monitoraggio di applicazione, in modo da intervenire ove necessario aiutando le imprese, tramite anche aiuti da parte dello Stato”.
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