AziendeCase Study

Grazie ad App ibride e AI si può migliorare la maturità digitale delle organizzazioni fino a sette volte

Non tutte le aziende però hanno raggiunto questo livello di maturità: la strada è ancora lunga.

La trasformazione digitale è in forte crescita nell’ultimo anno e si stima che, soprattutto grazie ad App ibride e AI, sia aumentata di molto la maturità digitale delle aziende. Infatti, si registra un vertiginoso aumento del 600% per quanto riguarda il numero di organizzazioni classificate al livello più alto di maturità digitale.

Questo è uno fra i tanti dati che sono emersi dalla seconda edizione del Digital Enterprise Maturity Index (DEMI) di F5, che ha analizzato oltre 700 risposte tratte dallo State of Application Strategy Report 2024. Sono state valutate sei differenti capacità tecniche: infrastruttura, app delivery, dati, operazioni di Site Reliability Engineering (SRE), osservabilità, automazione e sicurezza.

Le infrastrutture ibride al centro dell’attenzione

Secondo il report DEMI di F5 del 2024, il 29% delle aziende è stato definito digitalmente maturo, ed è stato usato il termine “doers“. Il 54% invece si ritiene “dabblers“, ovvero ancora digitalmente dilettante, mentre il restante 17% si dichiara ritardatario nella maturità digitale, ovvero “dawdlers“.

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Si può constatare che la maturità digitale di un’azienda passi soprattutto attraverso le infrastrutture ibride e affini, oltre che agli alti livelli di automazione. Infatti, secondo le parole di Lori MacVittie, Chief Evangelist e Distinguished Engineer di F5: “Le organizzazioni digitalmente mature sono sempre più caratterizzate da infrastrutture flessibili che si estendono tra core, cloud e sedi edge. “Questo comporta la
gestione della complessità introdotta da diversi framework, API e console
.”

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Le differenze tra chi ha maturità digitale con l’AI e chi non la ha

L’82% dei doers utilizza app ibride con componenti in almeno due ambienti distinti. Ciò testimonia una grande preparazione sul versante digitale, e di come l’Intelligenza Artificiale sia perfettamente integrata nei loro sistemi. La percentuale scende al 51% tra i dabblers e al 10% tra i dawdlers.

Inoltre, il 59% dei doers automatizza sistemi in grado di eseguire script e hanno implementato policy di delivery e sicurezza, rispetto al 37% dei dabblers e al 16% dei dawdlers. Il report DEMI di F5 rileva inoltre che il 74% dei doers ha automatizzato la sicurezza di rete e il 53% ha fatto lo stesso per l’infrastruttura di rete, contro l’8% e il 4% rispettivamente dei dabblers e dei dawdlers.

A riguardo, MacVittie aggiunge: “È incoraggiante vedere che, quest’anno, quelle che in F5 abbiamo classificato come organizzazioni doers stanno affrontando questa sfida, investendo in app ibride che
permettono di ottimizzare il deployment sia in termini di prestazioni che di costi. Questo rappresenta anche un importante indicatore di maturità verso l’AI
.”

Il giusto approccio all’AI per ottenere la maturità digitale

Per definirsi davvero pronti all’Intelligenza Artificiale, è fondamentale che i dati possano essere efficientemente osservati. Il 94% dei doers mantiene più archivi di dati, mentre ben il 65% dei ritardati non hanno proprio una strategia a riguardo.

L’adozione delle pratiche SRE per migliorare l’approccio

Anche la corretta adozione di adeguate pratiche SRE serve a capire quanto un’azienda è matura dal punto di vista digitale. Queste pratiche SRE pongono l’accento sul come raggiungere gli obiettivi aziendali, e quindi implicano pratiche per ridurre il tempo medio di risoluzione e a migliorare i servizi. Dall’analisi del DEMI 2024 di F5 risulta che la quasi totalità dei doers applicano oppure adotteranno un corretto approccio SRE, mentre l’86% dei ritardatari ancora non lo ha fatto.

Emerge quindi una forte correlazione tra le organizzazioni che applicano pratiche di SRE mantenendo al contempo elevate prestazioni. Le stime del report DEMI di F5 infatti indicano che i doers in media gestiscono circa 468 API, mettendo in luce le loro infrastrutture digitali pronte per l’Intelligenza Artificiale.

Sempre secondo MacVittie di F5 a riguardo: “La governance dei dati è ora al centro dell’agenda della trasformazione digitale. La modalità con cui le aziende generano, raccolgono, elaborano e recuperano i loro dati sarà cruciale per sfruttare al massimo il potenziale dell’IA, e non si tratta di certo di un processo semplice.”

Inoltre, aggiunge che: “La maggior parte delle organizzazioni deve ancora affinare la gestione dei propri dati, ma è incoraggiante riscontrare una chiara consapevolezza dell’importanza fondamentale di questo aspetto per sostenere la propria agenda digitale nel lungo periodo.”

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La sicurezza digitale per i doers e per i ritardatari

Anche sull’approccio alla sicurezza digitale si può notare quanto doers e l’insieme di dabblers e dawdlers siano differenti. I doers infatti, oltre a un’importante implementazione di misure di sicurezza, sono anche molto fiduciosi nelle loro capacità nel respingere le varie minacce. Non è un caso che chi ha infatti un alto grado di maturità digitale ottiene i migliori punteggi nelle valutazioni sull’aspetto della sicurezza.

E anche i punteggi che riguardano l’applicazione delle politiche zero trust rispecchiano questo trend evidenziato dal rapporto DEMI di F5. I doers sono infatti molto sicuri dei propri framework, a differenza di dabblers e dawdlers.

Infine, Lori MacVittie aggiunge: “Sebbene l’AI rappresenti una grandissima opportunità per le organizzazioni, non si può sottovalutare il suo potere nelle mani dei malintenzionati. La capacità di lanciare attacchi sofisticati è sempre più accessibile a chiunque abbia competenze, anche modeste, di prompt engineering, e le aziende devono adeguarsi di conseguenza. Con infrastrutture sempre più complesse e distribuite, e con quantità crescenti di dati, sicurezza e maturità digitale devono procedere di pari passo.”

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