L’intelligenza artificiale (AI) è una tecnologia che può fare la differenza per la competitività delle aziende italiane nei prossimi anni. Questo è il convincimento di circa il 94% delle imprese nazionali e multinazionali che operano nel nostro Paese, secondo una ricerca di Deloitte in collaborazione con ABI Lab e SIpEIA.
La Trustworthy AI Survey ha coinvolto 47 aziende di diversi settori, tra cui energia, logistica, automotive, finanza, pubblica amministrazione, tech, media e telecomunicazioni, farmaceutico. Lo scopo dello studio era di analizzare il livello di diffusione e di maturità dell’AI nelle imprese italiane.
Quanto è diffusa l’intelligenza artificiale nelle aziende italiane?
La ricerca ha evidenziato che il 40% delle aziende italiane ha già soluzioni di intelligenza artificiale operative, mentre il 23% ne ha in fase di test. Le principali motivazioni che spingono le imprese a investire nell’AI sono la riduzione dei costi (34%), il miglioramento dei processi decisionali (33%) e il miglioramento dei prodotti e servizi esistenti (27%).
Le soluzioni AI più adottate sono quelle legate al trattamento intelligente dei dati (50%), ai chatbot e agli assistenti virtuali (48%) e al natural language processing (44%). Le aziende usano prevalentemente la metodologia agile e un modello di servizio ibrido, che combina lo sviluppo interno con l’esternalizzazione di alcune attività.
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Quali sono i rischi?
Nonostante questi dati incoraggianti, che dimostrano una propensione verso il futuro,, la ricerca ha anche rilevato che le aziende italiane sottovalutano gli aspetti legati ai rischi e all’etica dell’AI.
Infatti, solo il 19% delle aziende ha definito una strategia per la gestione dei rischi derivanti dall’uso dell’AI e solo il 17% ha adottato processi e metodologie per garantire il rispetto dei principi etici. Questo significa che le aziende non sono ancora consapevoli delle possibili implicazioni negative dell’AI sul piano legale, reputazionale, sociale ed economico.
Nello specifico il report di Deloitte suddivide le imprese italiane in quattro categorie: le aziende “virtuose”, le aziende “risk adverse”, le aziende “compliant” e le aziende “immature”:
Quattro macro categorie per un quadro generale
- Le aziente virtuose sono quelle che hanno un alto numero di soluzioni AI in produzione (da 11 a 20) e che hanno definito processi per assicurare la privacy, la sicurezza, la robustezza, la trasparenza e la fairness dei sistemi AI. Queste aziende rappresentano solo il 17% del campione e utilizzano l’AI da tre a quattro anni.
- Le risk adverse sono le imprese che hanno un basso numero di soluzioni AI in produzione (da 1 a 2) ma che hanno comunque adottato processi per garantire una AI etica. Queste aziende costituiscono il 9% del campione e utilizzano l’AI da meno di un anno.
- Le aziende compliant sono quelle che hanno un numero medio di soluzioni AI in produzione (da 3 a 10) e che hanno definito processi per valutare la conformità dell’AI rispetto alle normative e per gestire i rischi AI. Queste aziende costituiscono il 15% del campione e utilizzano l’AI da uno a due anni.
Infine, le aziende immature sono quelle che hanno un basso numero di soluzioni AI in produzione (da 1 a 2) e che non hanno ancora definito processi per garantire una AI etica. Queste aziende italiane costituiscono il 59% del campione e utilizzano l’intelligenza artificiale da meno di un anno.
“Le aziende italiane sono sempre più interessate all’utilizzo dell’AI per incrementare la produttività, l’efficienza dei processi e migliorare prodotti e servizi, ma l’adozione di nuovi controlli e metodologie per la gestione del rischio è fondamentale per garantire alle nostre imprese una crescita equa e inclusiva. In particolare, le aziende che svilupperanno processi in tale direzione saranno premiate dal mercato, in quanto le soluzioni prodotte avranno risultati migliori in termini di adozione, obiettivi di business, reputazione e accettazione da parte degli stakeholder”, spiega Tommaso Stranieri, partner di Deloitte Italia.
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