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L’intelligenza artificiale è un orizzonte collettivo: il pensiero di Pedro García, Minsait

L’intelligenza artificiale è sulla bocca di tutti, ma a chi tocca assicurarsi che sia implementata in modo etico e corretto? La realtà è che l’implementazione dell’intelligenza artificiale è un orizzonte collettivo: ce ne parla Pedro García, Amministratore Delegato di Minsait in Italia.

Siamo agli inizi di una rivoluzione guidata dall’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale non è di per sé la Rivoluzione, ma ne è il principale abilitatore tecnologico. Quello che vediamo ora, con l’intelligenza artificiale generativa, non è che il primo passo verso un futuro rivoluzionario, sia per i singoli che per le aziende. E per queste ultime, l’intelligenza artificiale presenta potenzialità sorprendenti che promettono di migliorare la competitività, il processo decisionale, il rapporto con i cittadini, le proposte di valore, la sicurezza e le operazioni e processi, tra molti altri aspetti.

Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga. Infatti, stando all’ultimo rapporto sullo stato di implementazione dell’intelligenza artificiale nelle aziende italiane che Minsait ha realizzato insieme all’Università LUISS Guido Carli, la maggior parte delle aziende italiane non sa ancora come applicare questa tecnologia nella propria attività produttiva, né ha ancora piani strategici per guidarne l’applicazione. L’aspetto più preoccupante è però quello che, in molti casi, non esiste nemmeno una solida base tecnologica a supporto di un’implementazione agile dell’intelligenza artificiale: innovare la propria azienda con questa tecnologia sarebbe come costruire un tetto senza avere le fondamenta.

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Non dimentichiamoci dell’aspetto più importante: l’etica

Pedro García, Amministratore Delegato di Minsait in Italia
Pedro García, Amministratore Delegato di Minsait in Italia

Cogliere appieno il potenziale dell’intelligenza artificiale non significa solo imparare a utilizzarla e a implementarla. Bisogna anche assicurarsi che l’intelligenza artificiale venga utilizzata in modo etico, responsabile e sostenibile: come altri strumenti tecnologici, del resto, dovrebbe essere una risorsa al servizio delle persone e del bene comune. 

Definire un modello etico per l’intelligenza artificiale non è semplice, essendo una realtà a tratti astratta. Possiamo però appoggiarci a cinque principi dell’etica proposti da Luciano Floridi, professore e direttore del Digital Ethics Center alla Yale University.

Il primo principio è la beneficenza, intesa come orientamento dei sistemi a promuovere il benessere, preservare la dignità e preservare il pianeta. Il secondo è la non-maleficenza, attraverso il rispetto della privacy e della sicurezza. Il terzo è l’autonomia decisionale, anche se non si applica pienamente all’intelligenza artificiale come la concepiamo ora in quanto “debole”, ossia avente solo un’autonomia programmata o delegata nelle sue decisioni e senza piena agency morale. Il quarto è l’equità, articolata su prosperità, solidarietà e non iniquità, che comprende l’imparzialità o l’assenza di pregiudizi e preconcetti che possano portare l’algoritmo a prendere decisioni ingiuste. Infine, il quinto è l’“esplicabilità”, intesa come trasparenza del processo interno che gli algoritmi seguono per l’elaborazione dei dati, l’identificazione dei modelli e il processo decisionale. 

L’implementazione sicura dell’intelligenza artificiale richiede lo sforzo di tutti

Nonostante garantire una base etica per l’intelligenza artificiale non sia compito facile, rimane comunque un aspetto fondamentale. E per promuovere un’applicazione responsabile di questa tecnologia, il Consiglio dell’Unione Europea ha appena dato il via libera definitivo all’AI Act, una proposta pionieristica che cerca di bilanciare le opportunità e l’innovazione con una gestione adeguata dei rischi e delle sfide poste dall’intelligenza artificiale in tutte le sue forme. L’AI Act è in linea con i principi di Floridi, e rappresenta un passo in avanti fondamentale, in attesa dell’implementazione settoriale e l’adattamento alla normativa dei Paesi. 

Possiamo però affidarci completamente al rispetto del quadro normativo? La risposta è no, in quanto le regolamentazioni sono ancora agli inizi e limitate sia geograficamente sia per quanto riguarda la portata. Inoltre, non dimentichiamo che l’intelligenza artificiale responsabile non è solo un compito del legislatore e delle istituzioni, né solo delle imprese. Si tratta di un compito collettivo, una responsabilità comune che richiede una stretta collaborazione tra tessuto produttivo, mondo accademico, società civile e istituzioni pubbliche. L’intelligenza artificiale è un orizzonte collettivo che richiede responsabilità e iniziativa da parte di tutti.

Per maggiori informazioni, vi invitiamo a visitare il sito web di Minsait.

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