Nonostante i progressi delle energie rinnovabili, il raggiungimento degli obiettivi climatici fissati dall’Accordo di Parigi appare sempre più lontano. Tuttavia, secondo l’ultimo World Energy Markets Observatory (WEMO) 2024 di Capgemini, un impegno intensificato potrebbe ancora rendere realizzabile il traguardo delle emissioni nette zero entro il 2050. Ecco le principali sfide e soluzioni delineate nel rapporto dedicato alla transizione energetica.
WEMO 2024: l’accelerazione della transizione energetica e il ruolo cruciale del nucleare
Il rapporto evidenzia che, nonostante la crescita delle energie rinnovabili nel 2023, con aumenti record soprattutto nel settore solare (+32%), il tasso di sviluppo resta insufficiente. Si prevede che solo circa il 40% dell’energia finale globale potrà derivare da fonti rinnovabili entro il 2050, ben al di sotto delle necessità per un futuro a zero emissioni.
Un problema cruciale è l’instabilità della rete elettrica, causata dalla variabilità di fonti come il solare e l’eolico. Per risolvere questo problema, il WEMO suggerisce l’adozione di tecnologie di accumulo, come le batterie stazionarie, e una maggiore attenzione alle energie rinnovabili “immagazzinabili” (biomassa, geotermia).
Secondo Capgemini, l’energia nucleare rappresenta una delle risorse chiave per compensare la crescita della domanda di energia a basse emissioni. Nel 2023, l’energia nucleare ha coperto il 25% della produzione globale di elettricità a basso impatto climatico.
Tuttavia, triplicare la capacità nucleare mondiale diventa essenziale, specialmente tramite i reattori modulari di piccole dimensioni (SMR). Gli SMR, meno costosi e più veloci da costruire rispetto alle centrali nucleari tradizionali, potrebbero essere una soluzione strategica, ma la loro industrializzazione richiede ancora tempo e dipende da regolamentazioni chiare e stabili.
Il ruolo strategico dell’idrogeno e la centralità della rete
Il WEMO indica l’idrogeno come una risorsa fondamentale per decarbonizzare settori “Hard to Abate” (difficili da decarbonizzare), come l’industria pesante e il trasporto marittimo. Nonostante il numero di progetti sia quadruplicato negli ultimi due anni, la produzione di idrogeno a basse emissioni resta costosa e limitata dalle normative. Alcuni esperti suggeriscono che incentivi fiscali e una maggiore collaborazione internazionale potrebbero accelerarne lo sviluppo.
Anche rete di distribuzione gioca un ruolo decisivo per il passaggio a un’economia a basse emissioni. Si prevede che gli investimenti globali nelle reti elettriche raggiungeranno i 400 miliardi di dollari nel 2024. Questo sforzo include anche il potenziamento delle reti del gas, soprattutto in paesi come l’Italia, dove il gas naturale potrebbe facilitare l’integrazione di nuovi vettori energetici, in primis l’idrogeno.
Intelligenza artificiale e transizione energetica
L’intelligenza artificiale (AI) ha il potenziale di accelerare significativamente la transizione verso fonti di energia pulita, ottimizzando la gestione delle reti e favorendo lo sviluppo di nuove tecnologie come le batterie e gli e-fuel. Tuttavia, il WEMO segnala che la mancanza di competenze specialistiche e l’attenzione a progetti limitati ne rallentano l’adozione. Alcune tecnologie, come i modelli linguistici di grandi dimensioni (Large Language Models – LLM), offrono nuove possibilità per interpretare i dati di consumo e migliorare l’efficienza delle infrastrutture.
Per quanto riguarda le best practice, Capgemini sottolinea la necessità di modificare i parametri di misurazione per la transizione energetica. Attualmente, si utilizza la domanda di energia primaria (energia totale consumata), un parametro obsoleto che non considera l’efficienza dei nuovi sistemi energetici. Il rapporto propone di passare a una misurazione basata sull’utilizzo finale, più accurata e capace di riflettere l’impatto effettivo delle rinnovabili.
Il rapporto critica i recenti approcci protezionistici nel settore energetico, come i dazi e gli embarghi, che rischiano di ostacolare la decarbonizzazione. Secondo Capgemini, tali misure riducono la trasparenza dei mercati e limitano l’accesso a risorse energetiche economiche, innalzando i costi per i consumatori e diminuendo i fondi disponibili per la transizione.
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