Sicurezza

Un’auto deve essere anche cybersicura

I nostri autoveicoli sono sempre più connessi e questo significa rischio di attacchi informatici

Chiamiamolo Internet of Things, chiamiamolo connessione sempre più diffusa, chiamiamolo tendenza a rendere tutto più smart, ma è indubbio che ogni giorno aggiungiamo dispositivi connessi alla nostra routine. Una grande comodità certamente e noi su techbusiness non possiamo che apprezzare questo trend, ma che ha i suoi lati negativi. Anche per questo la cybersecurity diventa importante in ambiti che magari non avevamo considerato finora, come le auto.

L’importanza della cybersecurity (non solo) a bordo della nostra auto

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Giorno dopo giorno la nostra vita si costruisce sempre di più intorno a un vero e proprio ecosistema connesso. Abbiamo nuove possibilità di collegare i nostri dispositivi fra loro, per passare in scioltezza dallo smartphone al PC, allo smartwatch e piano piano allargarci anche a ulteriori oggetti, dal frigorifero al forno, passando per l’aspirapolvere, le luci e naturalmente l’automobile.

La comodità di tutto questo è indubbia. Sistemi come Apple CarPlay o Android Auto ci danno la possibilità di accedere rapidamente alla nostra musica o podcast mentre guidiamo o anche banalmente farci dare indicazioni dal navigatore. Tuttavia è bene ricordare che ogni volta che allarghiamo la nostra rete ci poniamo davanti a un rischio: è il principio della catena, che è resistente solo quanto il suo anello più debole. E per questo la cybersecurity è diventata fondamentale, anche quando si parla di auto. Al punto che stanno nascendo malware dedicati proprio alle quattro ruote.

Per saperne di più su questo tema abbiamo preso parte a un incontro, organizzato da Sababa Security, azienda chiave proprio nel settore della sicurezza informatica. Il titolo dell’appuntamento è stato Automotive cybersecurity lungo tutta la supply chain e già da ciò possiamo dedurre uno degli aspetti chiave nell’approccio a questo argomento.

Seguendo per certi versi il principio della catena di cui sopra, dobbiamo ricordare che la sicurezza non deve e non può riguardare solamente i momenti in cui il veicolo è in uso. Bisogna infatti proteggere anche la fase di produzione, risalendo lungo tutta la supply chain, perché il rischio di un attacco è presente a ogni passaggio.

La normativa è già intervenuta per regolare e supportare lungo tutto questo processo

cybersecurity auto supply chain

La cybersecurity delle auto è già stata affrontata a livello normativo. Come ci ha spiegato Omar Morando, CTO di Sababa Security, esiste infatti la cosiddetta UNECE R155-156, un insieme di guideline da seguire per quello che riguarda sia il ciclo di vita del veicolo che gli eventuali aggiornamenti software a esso legati. È già applicata dal luglio 2022 per i nuovi modelli mentre dal 2024 sarà obbligatoria per tutte le vetture in produzione.

Non solo, ma ci sono anche degli standard di conformità da seguire. Troviamo ad esempio la normativa IEC 62443 o la ISO/SAE 21434. Questi si affiancano ad altri strumenti per garantire la sicurezza delle automobili. In sostanza non basta più controllare che i freni funzionano o che gli airbag siano efficaci, ma anche che le nostre auto siano protette dagli attacchi informatici. E questo vale lungo tutta la catena di produzione.

È fondamentale quindi implementare all’interno dell’azienda un CSMS, cioè un CyberSecurity Management System. Bisogna fare attenzione però che questo copra ogni aspetto della lavorazione, ma soprattutto affronti la questione da tanti punti di vista differenti. Non si tratta solamente della questione più strettamente tecnica (con i vari strumenti di protezione che più o meno conosciamo).

Nel sistema produttivo moderno infatti non si può dimenticare il rischio dell’errore umano. Un buon sistema di sicurezza deve infatti intervenire anche sulla cultura stessa dell’azienda. Fare formazione con i dipendenti, per insegnare non solo a usare gli strumenti di protezione ma anche best practice per difendersi al meglio, diventa imprescindibile.

Sababa Security pensa alla cybersecurity della nostra auto

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Un servizio come quello offerto da Sababa Security è proprio orientato in questo senso. Si tratta di una proposta completa, che può andare da un semplice supporto di consulenza (ad esempio sulle varie normative che citavamo sopra), passando per dei penetration test fino a un aiuto concreto nella formazione dei professionisti, per introdurre la cybersecurity a tutto tondo nella cultura aziendale.

In questo li aiuta anche uno strumento innovativo, sviluppato proprio da Sababa, ovvero l’Automotive Testbed. Presentato a novembre scorso durante il CSET 2022 per essere poi introdotto nei prossimi mesi nell’operatività è un dispositivo compatto (grossomodo delle dimensioni di un comune trolley), che riproduce l’apparecchiatura standard di un veicolo. In questo modo è possibile effettuare penetration test o prove più generali di tanti tipi differenti, verificando il livello di cybersecurity senza però le difficoltà legate alla presenza di un’auto “intera”.

Stefano Brusaferro, Sales & Marketing Director di HWG, ha poi approfondito il discorso durante il panel evidenziando come la smart mobility e lo sviluppo dell’ibrido/elettrico (con l’implementazione delle colonnine di ricarica) pur con tutti i vantaggi che portano, contribuiscano ad aprire nuove vulnerabilità e una superficie di attacco sempre più ampia. Per tutti questi motivi è importante creare un vero e proprio ecosistema di cybersecurity per le auto. Dalla raccolta di dati alla loro analisi e all’implementazione lungo tutta la supply chain.

Insomma, è tempo di attivarsi per proteggere i nostri veicoli. Se volete saperne di più, potete visitare il sito ufficiale di Sababa Security.

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Autore

  • Mattia Chiappani

    Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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