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Giornata della Terra 2023: il supply chain commerce come soluzione alla crisi climatica?

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Arriva l’annuale promemoria per impegnarsi sulla salvaguardia del nostro Pianeta. Oggi, sabato 22 aprile 2023, è la Giornata della Terra, memento che invita sia i consumatori che le imprese ad adottare azioni consapevoli a favore della sostenibilità e dell’ambiente in tutto l’arco dell’anno. A questo proposito, il supply chain commerce potrebbe rivelarsi una strategia vincente per il modo in cui i prodotti vengono acquistati e venduti.

Supply Chain Commerce: funzionalità e sfide

Il supply chain commerce, così definito da Manhattan Associates, è una tipologia di mercato emergente che promette di risolvere il noto problema della domanda e dell’offerta assieme al trasporto di merci da un luogo all’altro. Più in specifico, si tratta di riprogettare le supply chain fisiche e digitali per soddisfare le aspettative dei consumatori, i quali abbracciano con sempre più entusiasmo valori come il rispetto dell’ambiente, il benessere psicofisico e l’inclusività, aspettandosi lo stesso impegno da parte dei brand e delle aziende.

Azioni quotidiane che sfidano il supply chain commerce

Esistono una serie di abitudini e di processi quotidiani scontati, che a lungo termine aggravano le condizioni del Pianeta.
In primo luogo, l’aumento delle emissioni di gas serra di oltre il 90% dal 1970. Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico ne prevede addirittura la crescita con conseguenze gravi, se non si interviene in modo significativo.
Parlando invece di catene di distribuzione, secondo il World Economic Forum, le reti della supply chain globale sono responsabili di 5,5 miliardi di tonnellate di emissioni annue di CO2.
Non sono da meno la produzione e la distribuzione di beni alimentari che, secondo le Nazioni Unite, causano circa il 25% delle emissioni globali di gas serra. La maggior parte di queste deriva da pratiche agricole e dal trasporto di tali prodotti.
In ultima istanza, ma per questo meno responsabile, secondo la Ellen MacArthur Foundation anche l’industria della moda provoca il 10% delle emissioni globali di gas serra e il 20% delle acque reflue.

A seguito di questi risultati è perciò fondamentale intraprendere gesti intenzionali e ponderati in merito alla produzione, alla distribuzione e al consumo di beni. Ed è proprio qui che il supply chain commerce può essere cruciale per promuovere interventi e vantaggi concreti in termini di sostenibilità.

Una supply chain che coinvolge tutti

In questa situazione di piena crisi climatica, i consumatori e le imprese sono i protagonisti principali: le loro azioni possono influire positivamente o negativamente sull’ambiente.

Cosa possono fare i consumatori: tre pratiche sostenibili

Ci sono tre semplici accorgimenti che si possono adottare per essere consumatori più sostenibili e consapevoli, quando si acquistano e si utilizzano i prodotti.
Prima di tutto, ricercare e leggere pagine di descrizione del prodotto complete, così da facilitare la scelta dei prodotti di origine, di allevamento o di pesca ecosostenibili. In secondo luogo, informarsi di più su quali store visitare e quali opzioni di consegna scegliere. Questa piccola e semplice azione può ridurre in maniera significativa le emissioni di anidride carbonica date dalla quantità di chilometri percorsi.
Infine, adottare la possibilità di modificare l’ordine all’ultimo, intervenendo prima che la spedizione lasci lo stock. Questo porta a un minor numero di spedizioni multiple e, teoricamente, a una diminuzione di resi non necessari, riducendo anche in questo caso le emissioni.

Cosa possono fare i retailer: tre step per una sostenibilità proattiva

I consumatori non sono gli unici a seguire con crescente attenzione le vicissitudini ambientali. Infatti, sono sempre di più i leader d’azienda a comprendere che la sostenibilità deve essere fatta in maniera proattiva.
A confermare tale consapevolezza è l’87% dei leader del settore “Search & Discovery”, che nel Benchmark Index ha dichiarato di pubblicare contenuti approfonditi sulle politiche di sostenibilità sui propri siti web.

Anche in questo caso, si propongono tre step migliorativi per la sostenibilità e i margini di guadagno dei retailer di tutti i settori.
Primo step: ripensare lo spazio fisico organizzando gli stock e i centri di distribuzione. Obiettivo che si può raggiungere unificando la gestione di stock, slot e manodopera: in questo modo si riduce il numero di spostamenti delle merci, si semplificano i flussi per il ritiro degli ordini e si utilizzano imballaggi di dimensioni più adeguate per gli articoli da spedire.
Secondo step: adottare sistemi di gestione dei trasporti (TMS) end-to-end progettati nel rispetto dell’ambiente. In questo caso la machine learning e l’intelligenza artificiale supportano un sistema di selezione accurata e mirata dei percorsi di consegna, integrando i resi in una gestione dei trasporti più ampia per evitare consumi ed emissioni superflui.
Terzo e ultimo step: snellire il fulfillment con un’evasione degli ordini dai punti di vendita per permettere una maggiore vicinanza ai consumatori. Ciò si traduce in una riduzione delle distanze di viaggio e dunque, ancora una volta, di emissioni. Un ulteriore snellimento è dato dal sistema BOPIS (Buy-Online-and-Pickup-In-Store), che riduce le consegne e gli imballaggi, dando opportunità in più per gli acquisti in store.

Il supply chain commerce sarà quindi la nostra salvezza?

La questione è più complessa di quel che sembra. Infatti, è probabile che una riprogettazione delle supply chain non basterà a salvare il nostro Pianeta, ma può comunque offrire progressi concreti e significativi a beneficio dell’ambiente.
A prescindere dal ruolo che si ha in questo mondo, è comunque indispensabile servirsi della Giornata della Terra per compiere il prossimo passo verso un futuro più sostenibile.

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