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Cos’è la buyer persona: la centralità del cliente nel marketing digitale

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Sentiamo spesso parlare, soprattutto nell’interfacciarci con marketer ed esperti, di big data, target e audience. Parole che potrebbero sembrarci, e spesso lo sono, anglofonismi eccessivi. Insomma vocaboli semplici che sembra vengano usati per sembrare più altisonanti di quello che effettivamente rappresentano. Il vocabolario del marketing digitale è ricco di termini simili, come ad esempio buyer persona, ma non bisogna cadere nella banalizzazione di un luogo comune che però è assolutamente indiscutibile : su internet, il cliente, è davvero il centro del mondo.

Chi non comprende questo concetto, o lo sottovaluta, cade nella trappola autoindotta di una comunicazione sterile, banale e senza alcun interesse. E nello spietato mondo competitivo del digital marketing, certi errori, si pagano a caro prezzo.

Il concetto di buyer persona nel marketing digitale: di che si tratta?

Quando si redige una strategia di marketing, a maggior ragione nel mondo digitale, l’attenzione al cliente è data dalla segmentazione del mercato. Impossibile infatti pensare di potersi rivolgere a tutti, per quanto generalista possa essere il prodotto offerto. Segmentare il mercato significa scegliere una fetta di pubblico di riferimento, quella potenzialmente più interessata al prodotto offerto. Per farlo bisogna ricordare un principio fondamentale: vendere un prodotto vuol dire proporre una soluzione a un problema dell’utente.

Per offrire una soluzione bisogna quindi conoscere il problema, e di conseguenza l’utente. Sembra banale, vero? Eppure è su queste basi che si fonda il marketing contemporaneo. Nasce così il concetto di buyer persona: il ritratto del cliente ideale per la nostra azienda. La creazione della buyer persona, sulla quale si baserà la nostra campagna di marketing digitale, necessita la presa in considerazione di svariati dati: ceto sociale, passioni, età media, localizzazione geografica, stile di vita, interessi e paure. In sostanza cosa motiva il cliente e cosa invece lo scoraggia. Quanto questo può e vuole spendere per trovare la soluzione al suo problema.

La creazione della buyer persona è il pre-requisito fondamentale per l’individuazione del target di riferimento e, conseguentemente, per la segmentazione del mercato. Del resto, banalmente, ad un uomo che ha abbracciato il veganesimo difficilmente troverà interessante un’inserzione pubblicitaria sulle costolette di maiale. Ricordiamo infatti che ogni inserzione pubblicitaria indirizzata ad un utente sbagliato rappresenta un dispendio di risorse che non porterà a risultati concreti.

Su internet cliente è centro del mondo (e il mondo è fatto di dati)

Una recente ricerca condotta da Boston Consulting Group (BCG) e Google è riuscita ad individuare 4 catalizzatori in grado di ottimizzare le campagne di marketing digitale dei brand. Nello specifico il report – che potete consultare qui – parla di:

  • Tecnologie data-driven
  • Personalizzazione manuale delle campagne
  • Maturità tecnologica e organizzativa
  • Partnership strategiche

Secondo la ricerca l’utilizzo di tecnologie data-driven, in sole sei settimane di applicazione, è in grado di aumentare la conversione in vendite del 50%. Si tratta di un ritorno fino al 33% sulla spesa pubblicitaria, e fino al 44% di risparmio sul cost per action. Ciò non basta però, in quanto l’utilizzo di software non sostituirà mai una strategia efficace realizzata da un marketer esperto. Lo studio riferisce infatti che “quando le campagne vengono perfezionate dalle persone, il rendimento aumenta di un ulteriore 15%”. Il risultato è lampante: una campagna di marketing efficace è in grado di aumentare del 65% le vendite di un brand.

I risultati sembrano quindi essere ottimali quando professionalità del settore hanno a disposizione software dedicati. Per arrivare a ciò l’azienda deve quindi puntare sulla propria maturità tecnologica, investendo in risorse e computazioni in grado di massimizzare le campagne di marketing digitale. Del resto la macchina individua il segmento, ma è l’uomo a metterci l’empatia necessaria alla creazione di quella fiducia che porterà il cliente attraverso l’intera customer journey.

Nell’ultimo punto la ricerca pone l’enfasi di un’organizzazione interna funzionale, con l’attuazione di best-practice come ad esempio rapporti di partnership con altri brand (o, perchè no, anche influencer) con i quali l’azienda abbia in comune il medesimo segmento di mercato.

I dati first-party sono cruciali per la creazione della buyer persona

La conoscenza del cliente, e la conseguente creazione della propria buyer persona, passa attraverso l’ottenimento dei dati dello stesso. Le normative internazionali sono sempre più stringenti in tal senso, ed è quindi necessario creare un ciclo virtuoso di gestione dei dati. Per farlo l’azienda deve essere assolutamente trasparente in merito all’utilizzo degli stessi.

Bisogna, in ultima analisi, fornire al cliente le giuste motivazioni affinchè egli ci fornisca informazioni preziose per ottimizzare le nostre campagne. Se i feedback sui prodotti sono essenziali per capire come migliorare gli stessi, le informazioni su chi li acquista sono la chiave per venderli.

Una strategia da non sottovalutare, in tal senso, è l’acquisizione passiva attraverso campagne test. Conducendo campagne di marketing digitale a basso budget, come prova, è infatti possibile “migliorare il tiro” e capire step by step se un dato segmento di mercato e di clienti è quello giusto. Tutto sommato si impara anche e soprattutto sbagliando.

Una volta individuato il proprio segmento di mercato però la sfida è appena iniziata. A quel punto sarà infatti necessaria la creazione di una strategia. A tal proposito vi consigliamo la lettura del nostro approfondimento in merito allo sviluppo di una customer journey efficace.

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