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L’AI come servizio cloud può democratizzare l’intelligenza artificiale

I servizi AIaaS possono ridurre le differenze fra grandi aziende e PMI

L’adozione dell’intelligenza artificiale sta viaggiando su due binari distinti e distanti: da un lato le grandi aziende che investono molto, dall’altro le PMI che faticano a trovare i fondi per farlo. L’AI come servizio cloud (AI as a Service, AIaaS) potrebbe invece fare da forza democratizzante. Facendo diventare l’intelligenza artificiale una risorsa per tutti.

AI come servizio cloud (AIaaS), per trasformare l’intelligenza artificiale in una risorsa per tutti

Secondo quanto riporta IBM, l’adozione dell’intelligenza artificiale nel 2022 cresce del 4%, arrivando a un 35% globale. Ma le differenze fra business all’interno di questa media sono enormi. Le grandi aziende possono sviluppare e utilizzare l’AI come parte del proprio business. Mentre le aziende più piccole hanno maggior probabilità di non cercare di puntare sull’AI, per problemi di costi e scalabilità.

Al momento l’AI è un investimento ancora rischioso e troppo oneroso per la maggior parte delle PMI. I progetti di solito durano mesi prima di maturare e questo periodo di gestazione porta spese difficili da sostenere per le aziende più piccole.

Una soluzione a questo problema potrebbe rappresentarla l’AIaaS, l’AI as a Service. Un mercato nato per fare fronte alla crescere richiesta di intelligenza artificiale, resa sfruttabile con un servizio cloud facilmente applicabile a diverse operazioni aziendali.

Un mercato in rapida crescita

Secondo quando riporta NASCCOM, entro il 2025 il mercato globale dell’AIaaS potrebbe valere 41 miliardi di dollari, circa cinque volte il totale del mercato attuale. Soprattutto perché i grandi provider cloud come IBM, SAP SE, Google, AWS, Salesforce, Intel e Baidu possono offrire questi servizi come parte della propria offerta cloud. Ma ci sono anche diverse startup che offrono servizi di questo tipo.

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Per esempio Assembly AI, come riporta VentureBeat, che fornisce API che permettono di convertire il parlato di video e audio in testo. Questo permette alle aziende che hanno interesse a includere un servizio di trascrizione nelle proprie app di farlo senza investire in mesi di ricerca.

Come tanti altri prodotti “as-a-service”, l’AI sta guadagnando quote di mercato dall’inizio della pandemia. Questo perché prevede diverse modalità di delivery e offerte su sviluppo, test, deployment e scalatura di modelli AI e di Machine Learning.

Una soluzione potente, ma non perfetta

L’AI come servizio cloud permette di contenere i costi iniziali e riduce la necessità di avere risorse umane formate e specializzate nel settore, due cose che moltissime PMI non hanno a disposizione, specie in questo periodo. Abbassano i rischi con una soluzione plug-and-play che permette di includere bot, assistenti digitali e API intelligenti nei propri prodotti.

Ma non mancano anche le controindicazioni. L’esempio più lampante è quello dei bias nelle analisi dell’intelligenza artificiale. Gli algoritmi riportano i limiti di chi li ha creati e questo potrebbe rendere più difficili adattarli a tutti i casi d’uso con buoni risultati. Un’azienda si potrebbe trovare nella situazione di essere insoddisfatta con la qualità dell’AIaaS, ma non avere le risorse per sostituirlo con un AI fatto “in casa”.

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Per questo motivo gli esperti solitamente consigliano di affidarsi all’AI sono in maniera accurata e ‘conservatrice’. Per esempio affidando alle macchine solo operazioni ripetitive che non riguardano dati privati. Inoltre, risultata importante fare ricerca sul fornitore di AIaaS prima di adottarne le soluzioni, valutando casi d’uso simili.

Ma soprattutto, le aziende dovrebbero creare protocolli d’uso, accesso e sicurezza. Per esempio, occorre definire quali dati possono vedere i bot che si occupano di assistenza. Una volta definiti questi paletti, risulta altrettanto importante condividerli con chiunque altro in azienda e fra i partner ne farà uso.

L’AIaaS rende l’intelligenza artificiale più democratica, ma non più intelligente né sensibile al tema della privacy: occorre valutare strategie e programmi di applicazione.

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Source
VentureBeat

Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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