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I 5 fattori chiave della seconda transizione dell’outsourcing

L'analisi del Censis e del Gruppo De Pasquale

In questi ultimi anni stiamo assistendo a una seconda transizione dell’outsourcing, che sta interessando un numero crescente di aziende anche in Italia. Il nuovo rapporto del Censis e del Gruppo De Pasquale evidenzia le caratteristiche di questo nuovo processo di esternalizzazione, molto diverso rispetto al passato.

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La seconda transizione dell’outsourcing: le caratteristiche chiave

Il nuovo Rapporto «La seconda transizione dell’outsourcing» realizzato dal Censis in collaborazione con il Gruppo De Pasquale, mette in evidenza come questa nuova ondata di esternalizzazioni abbia caratteristiche complementamente diverse rispetto al passato.

Infatti, nei primi anni Novanta del secolo scorso abbiamo visto diverse aziende ricorrere all’outsourcing principalmente per ridurre i costi operativi. Si ricorreva ad aziende terze per le attività lontane dal core business, che non avevano un alto valore strategico.

Dal nuovo Millennio invece la situazione sembra cambiata, soprattutto grazie alle tecnologie digitali che permettono di avvicinarsi al cliente finale. Questo ha portato a una revisione del back office e del front office, con l’esternalizzazione che arriva molto più vicino al core business e alla gestione delle persone.

La possibilità di bilanciare meglio costi fissi e variabili, la maggior flessibilità organizzativa e la semplificazione degli assetti organizzativi, ha portato a un aumento evidente delle aziende che offrono outsourcing. Dal 2016 al 2019 infatti sono aumentate del 15,8%, con una crescita dell’occupazione del 13,3% e un incremento del fatturato del 15,5%.

La spinta digitale dei lockdown

Lo studio del Censis e del Gruppo De Pasquale ha sottolineato come la pandemia e la conseguente spinta al lavoro da remoto abbiano accelerato la digitalizzazione. Fra le conseguenze di questa spinta, una chiarificazione del ruolo dell’outsourcing nelle strategie aziendali. Le aziende hanno capito come elevare la qualità del servizio da remoto richieda competenze precise. E come esternalizzare alcuni processi possa attingere a un patrimonio di talenti che l’azienda non può avere.

rapporto di Censis e Gruppo De Pasquale

La seconda transizione dell’outsourcing e la competizione

La capacità di gestire in tempo reale e personalizzato il rapporto con i clienti fa la differenza per tantissime realtà, in più verticali. Una buona relazione con la cliente dà un vantaggio competitivo. Riconsiderare le attività in house ed esternalizzate permette di spostare i confini della competizione, trovando nuovi modi per emergere.

L’evoluzione delle strategie di vendita

Il rapport Censis e Gruppo De Pasquale sulla seconda transizione dell’outsourcing, inoltre, parla del fenomemo della “servitization“. Si tratta del processo per cui al prodotto base si integrano servizi aggiuntivi, che tradizionalmente differenziano il prodotto dalla competizione. Secondo lo studio, sempre più assistiamo a una esternalizzazione di questi servizi ad aziende specializzate, che hanno già iniziato un percorso di innovazione e offrono servizi digitali avanzati.

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La fluttuazione della domanda

Una delle ragioni fondamentali per cui le aziende stanno vivendo una seconda transizione verso l’outsourcing riguarda inoltre la possibilità di rispondere più facilmente alle rapide fluttuazioni del mercato. La maggior adattibilità dei servizi esterni convince sempre più aziende soprattutto per questo motivo.

Un esempio recente riguarda i prezzi dell’energia, cresciuti rapidamente negli ultimi mesi. Questo ha portato i clienti a chiedere la rateizzazione delle bollette di luce e gas. Un altro esempio è il calo dei sinistri e delle richieste di risarcimento durante il periodo dei lockdown più rigidi.

In situazioni come queste, esternalizzare permette di agire in maniera agile e modulare l’impiego di risorse umane, garantendo ottimi servizi pur ottimizzando le risorse.

La seconda transizione dell’outsourcing: l’evoluzione tecnologica

Se il mercato è rapidissimo, anche l’evoluzione tecnologica corre in maniera sfrenata. Ricorrere all’outsourcing spesso si dimostra una strategia vincente per le aziende perché evita investimenti sostanziali non solo per aggiornare la tecnologia, ma anche per formare le competenze dei team interni. Questo permette di rispondere al mercato e all’avanzamento tecnologico in maniera dinamica, affidandosi a chi conosce le specificità del settore.

Gli operatori dell’outsourcing, in questa seconda transizione, operano quindi non più come fornitori di soluzioni, ma come veri e propri partner strategici. Devono quindi saper assecondare – se non anticipare – i bisogni delle aziende.

Potete trovare maggiori informazioni e leggere l’executive summary qui.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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