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La resilienza informatica aziendale non può più aspettare: l’analisi di Zscaler

L’infrastruttura IT si è fatta troppo complessa. Ed è proprio questa complessità a rappresentare il primo ostacolo alla resilienza informatica aziendale, secondo quanto emerge dalla ricerca Unlock the Resilience Factor condotta da Zscaler. Ed è proprio Rob Sloan, Vicepresidente per la Cybersecurity Advocacy dell’azienda, che ci aiuta a fotografare una situazione paradossale: mentre gli attacchi crescono e si fanno più sofisticati, molte imprese restano esposte, convinte di essere pronte, ma senza aggiornare strategie e tecnologie.

La complessità dell’IT frena la resilienza informatica aziendale

Il 43% dei responsabili IT e della sicurezza considera la complessità dell’infrastruttura il principale limite alla resilienza. Una percentuale significativa, che stacca di nove punti la seconda barriera più citata: l’uso di tecnologie obsolete. Il dato arriva da un campione di 1.700 professionisti intervistati in tutto il mondo, ed evidenzia una consapevolezza crescente: l’infrastruttura aziendale, così com’è, non regge l’urto degli attacchi moderni.

Eppure, quasi la metà degli intervistati giudica la propria infrastruttura “altamente resiliente” e un altro 43% la considera “discretamente resiliente”. Secondo Sloan, questa fiducia rischia di essere mal riposta se non è sostenuta da piani aggiornati: “Le minacce evolvono di continuo, ma molte aziende non rivedono la propria strategia di resilienza nemmeno ogni sei mesi.”

Un altro limite riguarda la visione frammentata della sicurezza: non tutte le aziende inseriscono la resilienza informatica all’interno di una più ampia strategia di resilienza aziendale. Questo significa che spesso la cybersecurity non viene considerata alla pari della continuità finanziaria o della reputazione. È un errore che può costare caro.

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Quasi un’azienda su due ha subito un attacco informatico negli ultimi sei mesi. In Svezia la percentuale sale al 71%, in Germania al 53%. Nonostante questi numeri, molti team IT segnalano budget ancora insufficienti per rafforzare la resilienza: il 49% dei manager statunitensi lo conferma, ma la preoccupazione è maggiore in India, dove sale al 67%.

Il 60% dei responsabili IT globali prevede un grave incidente di cybersecurity entro i prossimi sei mesi. La percezione del rischio è elevata e riflette una realtà in cui nessuna infrastruttura – nemmeno quella cloud – può dirsi completamente immune. Le aspettative cambiano da paese a paese, ma il messaggio resta chiaro: l’interruzione è un’eventualità da gestire, non un’ipotesi remota.

L’approccio Zero Trust come risposta

Zscaler propone un modello “resilient by design”, che ruota attorno all’architettura Zero Trust. Questo paradigma elimina i presupposti su cui si basa l’IT tradizionale, come la fiducia implicita tra utenti e risorse. Ogni accesso viene verificato, e i privilegi vengono concessi solo se strettamente necessari. Il risultato, spiega Sloan, è duplice: “Riduciamo la superficie d’attacco e limitiamo i movimenti laterali degli aggressori all’interno della rete.”

Abbandonare firewall e VPN significa anche snellire le operazioni, ridurre i costi e rendere l’infrastruttura più agile. I team di sicurezza possono così concentrarsi su attività strategiche, invece di gestire sistemi obsoleti e sempre più vulnerabili.

Inoltre, il cloud stesso va valutato non solo per le funzionalità offerte, ma per la sua capacità di garantire continuità. Sloan lo chiarisce con un esempio: “Quattro ore di stop su una piattaforma HR si possono sopportare. Ma se si fermano i sistemi di comunicazione aziendale, il danno può essere enorme.”

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Zscaler ha scelto di costruire e possedere la propria infrastruttura cloud per garantire affidabilità e controllo. In questo modo, anche in caso di guasto in un data center, i servizi rimangono attivi. Le aziende possono inoltre attivare istanze private di failover per assicurare la continuità dell’accesso e il rispetto delle policy anche durante un’interruzione del servizio principale.

Secondo l’analisi, le migliori pratiche includono test di ripristino almeno due volte l’anno. Queste esercitazioni chiariscono ruoli e responsabilità, ma soprattutto aiutano a scoprire falle prima che sia troppo tardi. Sloan sottolinea: “Serve un cambio di mentalità: non possiamo più limitarci a reagire. La resilienza deve far parte del DNA aziendale.”

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Il messaggio è semplice ma urgente: la resilienza informatica non può essere improvvisata. Non bastano buone intenzioni o budget generici per affrontare una minaccia che cambia ogni giorno. Occorre semplificare le infrastrutture, investire in architetture più robuste, testare continuamente la risposta agli incidenti. In altre parole, la resilienza deve essere progettata fin dall’inizio. Solo così sarà possibile resistere davvero, non solo sperare di farlo.

Autore

  • Marco Brunasso

    Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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