Di fronte ai dazi imposti dagli Stati Uniti e a un mercato globale sempre più competitivo, i produttori cinesi stanno cercando nuove strade per raggiungere i consumatori americani. Una di queste passa per TikTok, dove si moltiplicano i video in cui fabbriche mostrano i propri prodotti, spesso identici o simili a quelli delle grandi griffe, e invitano all’acquisto diretto.
Il fenomeno ha trasformato dunque TikTok in un canale di vendita alternativo, ma anche in uno strumento di comunicazione gigantesco, che permette alle imprese cinesi di raccontare la propria versione della filiera globale.
I produttori cinesi stanno sfidando i dazi USA con TikTok
In uno dei video più visti, un uomo giovane, seduto accanto a un set da tè, guarda dritto nella fotocamera e alza una borsa simile a una Hermès Birkin. Parla in inglese incerto. Denuncia il sistema delle griffe che, a suo dire, nasconde l’origine cinese dei prodotti. Mostra scaffali pieni di borse e dichiara: “Stessa pelle, stessa ferramenta, stessi artigiani. Ma noi guadagniamo pochi centesimi.”
Il video ha superato milioni di visualizzazioni su TikTok, ma non si tratta di un caso isolato. Da mesi la piattaforma si riempie di contenuti in cui produttori cinesi smontano il costo dei beni di lusso e mostrano fabbriche in piena attività.
Dietro questa ondata virale si nasconde una strategia ben precisa: i produttori cinesi colpiti dai dazi imposti dall’amministrazione Trump cercano ora contatti diretti con i consumatori statunitensi usando TikTok.
Gli effetti dei dazi USA sui produttori cinesi: le reazioni su TikTok
Molte fabbriche hanno riconvertito i propri reparti in studi video. Tra le piattaforme citate spicca in particolar modo DHgate, un’app cinese per il commercio B2B. Dal basso della classifica App Store americana, è arrivata a essere l’app più scaricata il 15 aprile 2025.
L’interesse del pubblico si riflette meglio nei dati. Tra il 12 e il 19 aprile, DHgate ha registrato un aumento del 962% nelle vendite di elettrodomestici e del 601% nella sicurezza domestica, e i compratori in seguito mostrano i propri acquisti su TikTok.
Secondo Ivy Yang, consulente per l’e-commerce, si tratta di un “tentativo collettivo di aggirare i dazi”. I video virali rappresentano una forma di protesta, ma anche una risposta pragmatica al calo delle esportazioni e all’aumento della concorrenza internazionale.
La crescita della competizione
Nel 2024, l’export di abbigliamento cinese verso gli USA è cresciuto di meno dell’1%. Allo stesso tempo, il prezzo medio unitario è sceso del 7,6%. Gli operatori del settore affrontano dunque una saturazione dei canali tradizionali come Amazon e Alibaba, dove i costi per apparire tra i primi risultati possono superare i 40.000 euro l’anno.
In questo scenario, TikTok offre visibilità gratuita e immediata come nessun social moderno è in grado di fare. Le fabbriche possono parlare direttamente ai consumatori, spiegare i materiali, mostrare la qualità e puntare sulla trasparenza.
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Ma anche sull’indignazione. Come spiega Logan Wang, consulente per i produttori, molti operatori si sentono “spinti ai margini, stigmatizzati e danneggiati dalla retorica politica”. I toni usati da alcuni politici americani, che definiscono i lavoratori cinesi “contadini”, hanno scatenato reazioni dure online.
La trasformazione delle fabbriche
Questa tipologia di video ha un successo virale già da anni. Dal 2020, clip che mostrano catene di montaggio di parrucche, guanti o bambole ottengono milioni di visualizzazioni. Gli utenti occidentali le trovano “ipnotiche” o “rassicuranti”. Nel 2022, molte fabbriche hanno compreso il potenziale e hanno iniziato a produrre contenuti in proprio.
Secondo Tianyu Fang, ricercatore specializzato in tecnologia e globalizzazione, questi video offrono uno sguardo raro sulla manifattura avanzata, in un’epoca in cui la produzione è distante dalla quotidianità occidentale. Alcuni operatori parlano in inglese, usano slang americani o costruiscono personaggi virali. Tra questi c’è Tony, promotore di luci a LED, con oltre 1,2 milioni di follower, e la cosiddetta “alumununu lady”, nota per i suoi video su case modulari.
Scogli logistici e legali
Non tutti però vedono nei video una rivoluzione duratura. Secondo Yang e Fang, è improbabile che il consumatore medio statunitense cominci ad acquistare regolarmente dalle fabbriche cinesi. Problemi logistici, dubbi sulla qualità e rischi legali frenano la tendenza.
Alcuni video potrebbero anche infrangere diritti di proprietà intellettuale, mostrando prodotti simili a quelli registrati da marchi internazionali. Alcuni contenuti virali sono già stati rimossi da TikTok. DHgate non ha risposto alle domande sui possibili casi di contraffazione.
Yaling Jiang, giornalista esperta di economia cinese, spiega che in Cina è pratica comune acquistare direttamente dalle fabbriche. Ma avverte che le connessioni autentiche con i brand famosi sono difficili da verificare, e non mancano gli agenti che millantano legami inesistenti.
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