La prima volta che ho sentito parlare di PicoSats sono stata travolta da un moto di entusiasmo. Nella stessa frase c’erano “startup”, “italiana”, “satelliti” e “spazio”. In un’epoca dove l’attenzione è spesso catalizzata da grandi realtà – la NASA, l’ESA, SpaceX e così via – sapere che anche aziende più piccole sono al lavoro per permetterci di sfruttare ciò che sta sopra le nostre teste fa sempre piacere. A maggior ragione quando l’idea attorno alla quale è nata un’impresa è brillante. PicoSats è stata costruita attorno alla volontà di creare satelliti più compatti e soluzioni avanzate che rendano lo spazio accessibile. Una descrizione troppo vaga? Per saperne di più ho chiacchierato con Anna Gregorio, CEO e co-founder di questa startup.
PicoSats: dall’Università al mondo delle imprese
PicoSats è uno spin-off dell’Università di Trieste, è stata fondata nel 2014 ed è guidata, come vi abbiamo appena anticipato, da Anna Gregorio, docente universitario che da oltre vent’anni lavora nel settore aerospaziale. Non immaginatevi però Anna come una scienziata che fa solo ragionamenti astratti. Lei è una sperimentale, ha lavorato su satelliti da 2 tonnellate e nel 2009 ha gestito una grossa missione spaziale in prima persona. Un traguardo importante seguito da una svolta. Sì, perché una volta raggiunto l’apice della sua carriera come scienziata Anna Gregorio ha deciso di creare qualcosa di nuovo: “Ad un certo punto ho iniziato a lavorare con l’Agenzia Spaziale Europea su questi sistemi satellitari molto piccoli. Sono scatole di 10 cm di lato, circa la metà di una scatola da scarpe, che sono come dei LEGO quindi possono diventare via via più grandi. Insomma, sono modulari. O meglio, sono diventati modulari. – mi spiega Anna – Abbiamo iniziato a lavorarci all’università. Prima ero solo io, poi è arrivato qualche collega di Ingegneria e via via abbiamo iniziato ad includere tanti studenti. Ad un certo punto ne avevamo tipo 50 e l’università ci ha suggerito di trasformarlo in un business.”
Ed è così che un’astrofisica si è trovata a capo di un’azienda che oggi conta 4 soci principali e che può contare sul supporto di Madein.it, l’iniziativa promossa da Innovation Factory che si occupa di supportare le startup e le PMI innovative sia a livello nazionale che internazionale.
“Abbiamo deciso di concentrarci sulle telecomunicazioni perché la comunicazione è ancora un punto critico di questi piccoli satelliti. – continua il CEO di PicoSats – È un’idea che è piaciuta molto all’Agenzia Spaziale Europea e adesso abbiamo il nostro primo prototipo di radio miniaturizzata ad alta frequenza per piccoli satelliti.”
RadioSat e BrickSat, i primi “mattoni” di PicoSats
Visitando però il sito web dell’azienda vi ritroverete di fronte a due diverse soluzioni: RadioSat e BrickSat.
“Inizialmente volevamo fare di tutto. Volevamo fare proprio il satellite completo. La struttura meccanica del satellite però ha molti elementi al suo interno. Devi avere i pannelli solari, devi avere il computer di bordo, devi avere batterie… Devi avere tutto, compresa la radio. E poi devi avere qualche sistema scientifico o un sistema di telecomunicazione. Dipende un po’ da quello che vuoi fare. Noi siamo partiti con poche persone. All’inizio eravamo 5, adesso circa una decina e già fare il sistema di comunicazione richiede uno sforzo mostruoso e anche finanziamenti molto elevati. Per cui abbiamo deciso di fermarci e concentrarci su due sistemi: uno è quello di comunicazione e l’altro è il BrickSat.”
Ma cosa fanno esattamente? Beh, il BrickSat è la famosa scatola di 10 cm di lato. A distinguerla dalle strutture classiche ci pensa la composizione: niente alluminio ma polimeri biocompatibili che, al rientro nell’atmosfera, si bruciano completamente per non creare spazzatura spaziale. A questo naturalmente dove aggiungere la modularità di BrickSat, che permette di definirne dimensioni e forma. I vantaggi non finiscono qui: “È eccezionale se vuoi costruirlo in orbita o se vuoi andare sulla Luna e costruirti, invece di un satellite, un rover.”
Frenate però il vostro entusiasmo: BrickSat è un’idea davvero interessante e potenzialmente utilissima per le agenzie spaziali ma non è ancora commercialmente accessibile, al contrario di RadioSat che è ormai pronto per il debutto. All’inizio del 2022 infatti PicoSats dovrebbe portare il suo primo prototipo nello spazio per scoprire se, una volta messo nel suo ambiente naturale, il sistema di comunicazione funziona a dovere.
Ecco, non immaginatevelo come un piccolo satellite che fornisce connettività a tutto il mondo come avviene per Starlink. RadioSat per ora è un componente, un componente che per altro lavora sulle stesse frequenze di Starlink quindi un domani la startup italiana potrebbe diventare un fornitore di SpaceX e del buon Elon Musk.
E quindi, nella pratica, a cosa serviranno i prodotti di PicoSats? Potenzialmente a tutto ciò che richiede comunicazione. Anna Gregorio cita ad esempio le navi autonome: “È un po’ il mio sogno. Sono di Trieste, sono una velista e per me il mare ha sempre avuto un grandissimo significato. Trieste è una città che vive il mare e il suo porto è importante, storicamente e ancora oggi. È uno dei primi in Italia ed è molto considerato a livello europeo. Perché non farlo diventare il primo porto smart? Abbiamo un’idea, vediamo se nel prossimo futuro andrà in porto.”
Le difficoltà iniziali e l’esperienza con Prospera Women
Anna mi racconta che gli ostacoli da superare in questi 7 anni sono stati diversi, a partire dal superamento della sua mentalità di scienziato. Passare dall’ideare qualcosa di bello e utile a ragionare in termini economici, progettando qualcosa che è anche remunerativo, non è affatto semplice.
L’esperienza però aiuta. Non solo quella quotidiana, che viene fatta in azienda, ma anche quella maturata costruendo e gestendo i rapporti con gli investitori. Che no, non sono unicamente italiani. Grazie al supporto di Madein.it, PicoSats è entrata nel programma Prospera Women, un’iniziativa internazionale che supporta le startup al femminile.
“Qui in Italia, come in Europa, il concetto di investitore è un concetto difficile. Prima ti dico che devi avere l’hardware da proporre al mercato e quando ce l’hai ti dicono che dovevi chiedere i finanziamenti prima. – mi racconta Anna Gregorio – Negli Stati Uniti è diverso, è tutto più facile. Facile perché sanno che sei una startup, sanno che sei un’azienda che può andare o non andare. […] Anche la valutazione è fatta in maniera diversa, è molto più alta negli Stati Uniti rispetto all’Europa, soprattutto in un settore come lo spazio che in questo momento è sulla cresta dell’onda.”
“Con Prospera è stato bello perché abbiamo avuto anche dei tutor che erano molto vicino a noi. In Italia, in Europa, è un po’ difficile trovare dei tutor che siano esperti nel settore spaziale, soprattutto spaziale commerciale. Lì invece è più facile e le persone che ci sono state vicine sono state davvero utili nella pratica. […] Stiamo discutendo con persone vere che possono impattare in modo reale”, spiega il CEO di PicoSats.
Questo però non significa che tutto l’aiuto necessario venga da fuori, che le lezioni più importanti provengano da fattori, istituzioni o persone esterne all’azienda: “Continuo a imparare da quella che è la persona vicina a me, Arianna, che ha seguito il percorso di Prospera Women insieme a me, forse ancora più di me. Lei è quasi neo-laureata in Economia e Commercio. L’abbiamo presa prima ancora che si laureasse perché ha fatto un tirocinio con noi e lei nasce con la mentalità commerciale. E quindi alla fine io devo imparare da lei.”
Il futuro di PicoSats
Quello che vi ho raccontato fino ad ora è il presente di PicoSats, ma il futuro?
“Adesso stiamo lavorando con dei clienti quindi speriamo di firmare due contratti a breve che per noi sarebbe importante perché significa scendere sul mercato. Il prossimo step poi è andare in volo. La nostra radio è pronta e aspettiamo il lancio in orbita. Dovremmo andare sulla Stazione Spaziale Internazionale all’inizio del prossimo anno quindi stiamo discutendo questo e stiamo discutendo nuovi progetti, tra cui anche quello delle navi.”