L’e-commerce rivolto all’utente finale si è evoluto in maniera significativa in questi ultimi due anni spinto, purtroppo, anche dalla recente pandemia. Il fenomeno ha avuto forti ripercussioni anche sul mondo del retail classico che, di conseguenza, si sta trasformando a sua volta. Durante il Netcomm Forum 2022 un quadro dettagliato della situazione sull’evoluzione dell’e-commerce B2C è stato fatto da Valentina Pontiggia, Direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c – School of Management del Politecnico di Milano.
Il quadro internazionale
Per quanto riguarda i principali mercati internazionali, nel 2021 l’economia ha ricominciato a crescere. Sugli stessi mercati, anche i consumi online hanno ricominciato a crescere, e lo hanno fatto con degli indici più alti di quelli osservati sui canali tradizionali. Quest’anno, nel 2022, la crescita continua, ma con ritmi più passi di quelli registrati durante la pandemia. In tutti i casi si registra però un terzo dato importante: l’e-commerce rimane un canale secondario. Ovverosia, il suo tasso di penetrazione rispetto ai consumi totali è ancora un valore piuttosto basso. Per tale valore, il Politecnico riporta una ventaglio tra l’8% della Spagna è il 31% del Regno Unito.
Distinguendo solo tra canali di vendita online e offline (quelli tradizionali), nonostante quello delle vendite online sia secondario, risulta però più agile, più veloce e adattivo. Riesce ad adeguarsi facilmente alle nuove situazioni e spinge verso nuovi tipi di equilibri. Questo è possibile perché l’e-commerce è in grado di analizzare i dati e di conoscere meglio il consumatore. Infatti, con l’evoluzione dell’e-commerce B2C, vengono proposte nuove forme di retail.
Le nuove forme di retail
Nelle nuove forme di retail che stanno emergendo si vanno a sfumare i confini tra i canali di vendita online a offline.
Da una parte ci sono dei modelli di vendita che non è possibile classificare come “solo online” o “solo offline”. È possibile portare ad esempio gli ordini digitali gestiti da un negozio fisico e la trasformazioni digitale delle aziende che tende a non distinguere più i due canali nei processi interni. Il caso più importante, però, è forse quello di importanti aziende nate come solo online che aprono punti di vendita fisici per potersi meglio relazionare con i clienti. Si pensi, ad esempio, ad Amazon e Zalando che hanno aperto punti vendita fisici.
Dall’altra parte osserviamo un forte movimento di aziende che stanno spingendo molto verso la trasformazione digitale. La pandemia, in particolare, ha contribuito a spingere su questa strada anche attori che si erano dichiarati non interessati.
Il retail tradizionale cosa fa?
Il retail tradizionale si rimette in gioco e, ci dice Pontiggia, a volte anche con delle scelte coraggiose, ad esempio chiudendo punti vendita perché aderenti a un format che non funziona più. Vengono portati a esempio Disney e GAP, che hanno abbandonato il mercato europeo. Tuttavia, i punti vendita non vengono chiusi per essere soppressi ma piuttosto convertiti in darkstore, ovverosia punti di smistamento della merce per le consegne di prossimità nei grandi centri urbani.
Il negozio come realtà esperienziale
I punti vendita sul territorio fanno leva sulle caratteristiche della cosiddetta generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012). La generazione Z non è la generazione del possesso ma quella dell’esperienza. È per questo che i negozi vanno a proporsi, oltre che come punti di vendita, anche come punti di incontro e di svago e vanno quindi a competere non più con le vendite online quanto con cinema e teatri. In un negozio di questo tipo è possibile costruire una realtà multicanale dove confluiscono sia le vendite online che quelle fisiche.
In Italia a che punto siamo?
I numero parlano chiaro su questo aspetto: dal 2021 al 2022 siamo passati da un totale di transazioni per 40.2 miliardi di euro, con una crescita del 23% rispetto al 2020, a 45.9 miliardi con una crescita del 14%.
Andando a distinguere tra prodotti e servizi, si può notare che nell’ultimo anno i prodotti sono tornati, in valore assoluto, ai ritmi di crescita pre-pandemia mentre i servizi, seppure in crescita, rappresentano ora, rispetto al totale, una percentuale più bassa del pre-pandemia. Il comparto che contribuisce maggiormente alla crescita è quello del food & grocery, che aumenta del 17%, pur esponendo andamenti molto diversi nei vari segmenti.
Andando poi ad analizzare i singoli comparti notiamo anche qui dei cambiamenti. Fino a due anni fa, per i prodotti, i due comparti più maturi, informatica e abbigliamento, coprivano più del 50% del mercato mentre oggi devono lasciare spazio a comparti emergenti come arredamento e alimentari.
Analizzando la penetrazione sui consumi totali, utile per capire la maturità del mercato, il canale online si attesta oggi sull’11%. Anche qui, però, il dato importante arriva distinguendo tra prodotti e servizi. Infatti, la pandemia ha aumentato la penetrazione dei prodotti portandoli allo stesso livello di maturità dei servizi.
Tirando le somme, l’Osservatorio del Politecnico ci dice che oggi siamo in una fase di crescita consolidata controllata. Cresce l’investimento digitale su tre filoni specifici: il marketing, la logistica e i sistemi di pagamento. Stiamo quindi andando verso una normalità che però non è più quella che conoscevamo prima. Una nuova normalità dalla quale tornare alla situazione precedente non è più possibile.
La strada che porta al futuro
In chiusura, Valentina Pontiggia fa anche una veloce carrellata degli aspetti a cui sarebbe bene prestare attenzione nel prossimo futuro per meglio capire la prossima evoluzione dell’e-commerce b2c. Innanzitutto ci troveremo di fronte a nuovi modelli di vendita (come il quick commerce) e nuovi trend di consumo. La generazione Z ha una forte spinta verso la sostenibilità, sia dal punto di vista ambientale che come qualità delle condizioni di lavoro. Occorre inoltre tenere conto della tecnologia sempre in rapida evoluzione (come il metaverso, che è alle porte) e dei cambiamenti sociali che sono in atto; quali la transizione verso lo smart working, l’educazione digitale e la ri-urbanizzazione post-covid.