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Lutech e Stain ci raccontano il Manufacturing del futuro

Realtà del territorio ma con impronta internazionale raccontano come evolve la manifattura

Stain, software house di recente entrata nel gruppo Lutech, ci ha invitato a una tavola rotonda in cui parlare del futuro del settore Manufacturing, che sta cambiando radicalmente grazie all’analisi e all’utilizzo intelligente dei dati. Con ospiti prestigiosi di aziende nate sul territorio bresciano ma con un impronta internazionale, Stain e Lutech hanno discusso di intelligenza artificiale e tecnologie 4.0. Che stanno cambiando la manifattura in Italia e nel mondo.

Lutech e Stain: come sarà il Manufacturing del futuro

Arrivati alla Tenuta Aquaviva a Travagliato, in provincia di Brescia, siamo entrati in una struttura che mostra con vanto la propria storia. Ma una volta all’interno, le pareti di vetro e gli elementi decorativi hanno mostrato come questa dimora storica sia evoluta e guardi al domani con entusiasmo. Una cornice perfetta per parlare del mondo della manifattura, che pur senza rinnegare la propria storia operaia sta sempre più investendo nel futuro.

Il giornalista di Radio 24 – Il Sole 24 Ore Enrico Pagliarini ha fatto da moderatore di una serie di discussioni che hanno riguardato l’estrapolazione e analisi dei dati, per poi capire come impiegargli al meglio all’interno del manufacturing del futuro: un settore in cui Lutech, anche grazie all’acquisizione di Stain, vuole diventare protagonista.

Digital evolution e manifatturiero

Il palco spetta dapprima ai padroni di casa, con Claudio Morbi, Ceo di Stain e Lorenzo Greco, Chief Revenue Officer di Lutech che raccontano il proprio stretto legame dopo l’acquisizione. Morbi infatti spiega: “Siamo entranti nel Gruppo Lutech e ci siamo sentiti lusingati per aver permesso di completare l’offerta di un’azienda che offre soluzioni digitali nel mercato del manufacturing. Il punto forte di questa offerta si chiama integrazione: far circolare i dati aziendali è la vera ricchezza. Se non mettiamo a fattor comune i dati, ognuno racconta la propria realtà. Inoltre, siamo stati lieti di poter unire attorno diverse realtà economiche importanti nel Paese, proprio a partite dal territorio in cui siamo nati. Brescia è la terza manifattura d’Europa: se non qui, dove fare un polo di industria 4.0?

Stain ha una grande esperienza nel fornire software MES (Manufacturing Execution System), che permette di monitorare e analizzare le fasi produttive per abilitare appieno l’industria 4.0. Una soluzione che arricchisce il portfolio di Lutech, che come spiega Greco continua a crescere.

lutech stain morbi greco-min

Non tutti sanno che Lutech è fra le prime tre imprese nel campo dell’Innovation Technology. Siamo proiettati per diventare uno dei protagonisti nazionale in questo campo. Oggi abbiamo un fatturato attorno ai 500 milioni di euro, impieghiamo oltre tremila persone in Italia. Io sono arrivato in Lutech dopo anni di esperienza con corporazioni americane, sto apprezzando molto questo cambio di prospettiva. Lavoriamo su molti verticali, ma il manufacturing è fondamentale. Fra febbraio e marzo acquisteremo il gruppo Atos: qualcuno ha titolato ‘l’Italia fa la spesa in Francia’. Tra pochi mesi saremo più di 5.000“.

Lutech: più soluzioni per il manufacturing del futuro

Greco spiega che la possibilità di offrire le soluzioni MES di Stain rientra nell’ottica azienda di abilitare la trasformazione digitale dei clienti. “Noi dobbiamo aiutare i nostri clienti a orientarsi nel mondo della tecnologia: c’è una sovrabbondanza di risorse tecnologiche hardware e software. E non ce n’è una migliore in assoluto: serve quella che risolve il problema specifico di un cliente particolare. Il secondo must è aiutare i clienti a trovare quelle competenze che non sempre si possono avere all’interno delle aziende. I clienti devono investire nel proprio core business, noi ci impegniamo a rendere l’IT semplice“.

Infatti, Lutech vuole fare da “ombrello” di soluzioni per abilitare le imprese. L’azienda “sta cercando di mettere insieme delle eccellenze, perché spesso il mercato italiano non ha le risorse per rispondere ad alcune esigenze. Inoltre, abbiamo una domanda davvero sofisticata: i nostri clienti sono molto competenti, sanno subito chi può portare termini. E sempre di più cercano di trovare soluzioni integrate: vogliono il risultato, non il processo. Le slide di strategia non le prende più nessuno.

L’obiettivo quindi è quello di dare soluzioni complete. “Ci piacerebbe vendere una roadmap ai nostri clienti per diventare smart manufacturing, integrando i vari sistemi dal CRM in su. Stiamo inoltre investendo per superare i confini tradizionali della fabbrica: l’informatica sta connettendo la supply chain, le vendite. Serve un approccio in termini di visibilità, gestione e protezione. Senza dimenticare la sicurezza, su tutta la catena del valore“.

Questione di cultura

La strada per il futuro del Manufacturing, secondo Lutech e Stain, non è fatta solo di soluzioni e servizi. Serve una cultura del dato sempre più radicata. Come spiega Morbi, “Bisogna rimettere al centro il concetto di cultura digitale. Fra le tante alternative tecnologiche serve scegliere quella vincente. L’industria 4.0 permette di creare prodotti sempre più personalizzati, su misura dei clienti. La tecnologia permette di avere un controllo produttivo senza precedenti. Ma bisogna capire quali sono i dati importanti e come combinarli. Non basta mettere tecnologie informatiche in una fabbrica e sperare faccia miracoli. Questo è uno strumento, bisogna imparare a usarlo. E poi come ogni cambiamento, c’è un livello di resistenza che bisogna saper navigare: la cultura digitale fa la differenza“.

Greco sottolinea che l’apertura al cambiamento è un passaggio fondamentale. Ma Lutech vuole aiutare le aziende a trovare le giuste soluzioni. “Oggi la vera sfida è aiutare il cliente ad orientarsi nel mondo delle tecnologie e trovare le soluzioni più adatte nel mare di proposte presenti. Ci piacerebbe un processo sempre più performante di integrazione dei sistemi a tutti i livelli. Per questo abbiamo creato “DemoLab IoT”, laboratorio dove si possono testare le nuove tecnologie utilizzando, ad esempio, la realtà aumentata, la Smart Factory e la Cybersecurity”.

Il futuro del Manufacturing: l’intelligenza artificiale di Orobix all’evento Lutech e Stain

La buona raccolta dei dati è il primo passo per abilitare il cambiamento digitale. Un cambiamento nei processi oltre che nelle tecnologie. Ma per mettere a terra i dati raccolti con soluzioni smart, l’intelligenza artificiale può essere uno strumento decisivo. Semplificando processi un tempo complessi, trovando soluzioni innovative a problemi storici.

Pietro Rota, CEO di Orobix (Antares Vision Group) ha spiegato che l’obiettivo della sua azienda è proprio questo: mettere a terra il potenziale dei dati di produzione“. La sua tech company, che da oltre dieci anni porta l’AI nelle imprese, ha un team di cinquanta persone che sviluppano soluzioni AI. Ma spiega che “Senza i dati l’intelligenza artificiale non parte nemmeno: meglio i clienti sanno utilizzare i dati, meglio potremo offrire soluzioni vincenti. Razionalizzare i dati è un tema fondamentale“.

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L’intelligenza artificiale ha il compito di semplificare il lavoro dei dipendenti delle aziende, di qualsiasi dimensione. Come spiega Rota, “L’intelligenza artificiale non vuole sostituire nessuno, ma serve per aumentare le capacità degli esperti: i nostri clienti. Ma una volta che i matematici hanno sviluppato gli algoritmi, basandosi sui dati, bisogna sapere integrare le soluzioni AI a livello ingegneristico: integrando nei processi e nelle macchine questa intelligenza artificiale. E serve sempre di più avere un sistema di monitoraggio che assicura che l’AI non compia degli errori, cosa possibile leggendo dati sbagliati o con un cambio di scenario“.

Un AI concreto

Rota spiega che la sua azienda ha il compito di mostrare agli imprenditori e ai dirigenti che l’AI non è una qualche utopia lontana nel tempo. Ma una risorsa che può fare la differenza da subito. “Orobix non vuole puntare solo sui Proof of Concept: vogliamo creare prodotti e servizi, mettendo a terra i progetti. Il focus resta quindi quello della produzione: l’AI ha un potenziale enorme, ma bisogna puntare sul possibile, su quello che possiamo realizzare. Tutto partendo da KPI chiari“.

Questo approccio pratico, concentro, ha permesso di realizzare intelligenze artificiali in diversi ambiti. “Fra i vari settori in cui lavoriamo c’è per esempio il Food & Beverage, ottimizzando per esempio la produzione e asciugatura della pasta. Oppure l’automotive, valutando i possibili difetti dei prodotti con l’AI partendo dai dati, riuscendo a coprire operazioni che la computer vision non riesce a risolvere. E infatti prima dell’AI, molti controlli erano fatti a “occhio”. E poi c’è la questione AgriTech (abbiamo alcuni clienti qui in Franciacorta), la manifattura, il settore medico e il gaming. Possiamo coprire tanti clienti con poco persone perché i nostri tool possono riadattarsi a diversi verticali“.

Un valore aggiunto a ogni tipo di settore: all’evento Lutech e Stain abbiamo capito che il manufacturing del futuro è smart, indipendente dall’impresa.

Industria 4.0 Guida Utente
  • Accialini, Nicola (Autore)

Il digitale anche nelle acciaierie

Fra i tanti settori che si stanno digitalizzando, c’è anche un verticale che storicamente rappresenta le “heavy industries” per eccellenza: quello dell’acciaio. Ma Roberto De Miranda, Membro del Comitato Esecutivo di ORI Martin, spiega che anche in questo ambito i dati possono e devono fare la differenza.

ORI Martin, gruppo che integra dodici aziende (dalla raccolta del rottame fino al prodotto finito), ha iniziato a digitalizzare ormai da qualche anno. “Siamo partiti qualche anno fa due spinte, una esogena: lavoriamo nel settore dell’automotive (non direttamente, forniamo i fornitori). Spesso le aziende automotive vengono a fare due diligence. E non possiamo certificare senza digitalizzare. Dall’altro lato una spinta endogena: volevamo far diventare il know how dei nostri dipendenti come una ricchezza dell’azienda. Il mezzo è la tecnologia, il fine è un cambio di mentalità per vincere le sfide future. Abbiamo dovuto inserire nuove funzioni, stiamo spingendo su una cultura del dato: eravamo abituati a fare e poi analizzare, ora invece l’analisi è in tempo reale“.

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De Miranda spiega che “I risultati si vedono già. Meno scarti, meno difetti nei prodotti. Più produttività, più qualità. Questi dati si vedono già, ma stiamo anche puntando su nuovi progetti. Per esempio, abbiamo integrato un’analisi AI delle immagini per quando arrivano i rottami: una volta dipendeva dall’occhio esperto del dipendente. Diventa importante anche convincere le persone, specie chi lavora senza il digitale da ormai decenni”.

Un cambiamento che ha un impatto anche ambientale positivo. Infatti, spiega De Miranda: “Lavoriamo dal 2019 al Progetto Lighthouse, siamo in quattro aziende finanziate dal MISE. Stiamo facendo Ricerca & Sviluppo per trasformare l’azienda siderurgica in chiave 4.0. Ci sono nove obiettivi: dalla cybersecurity alla logistica 4.0. Abbiamo così elaborato diverse soluzioni intelligenti per la logistica, per esempio, per limitare i consumi utilizzando l’intelligenza artificiale: tenete presente che ORI consuma due volte più della città di Brescia“.

Lutech e il manufacturing del futuro: il MES è architrave del cambiamento (anche ecologico)

Mauro Loda, Director di DN Automotive Italy spiega che utilizzare il MES ha permesso di lavorare per cambiare il metodo di produzione. Arrivando a ottimizzare i processi ma anche ridurre i consumi (qualcosa che hanno iniziato a fare anche prima dei rincari di questi mesi).

Loda spiega che, come parte della multinazionale coreana, il suo tema lavora con moltissime grandi aziende. Lavoriamo sia nell’ambito automotive che macchine utensili. Lavoriamo con tutte le case automobilistiche a livello globale (36 produttori), da poco anche con Tesla. Produciamo parti in gomma e metallo, sia sul settore auto che sul settore trasporti pesanti. Sono i nostri prodotti che riducono le vibrazioni e quindi il rumore all’interno dei mezzi. Il nostro è un esempio di collaborazione fra Brescia e il Far East.

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Loda spiega che: “La digitalizzazione per noi non riguarda solo l’ottimizzazione dei processi, ma è una questione anche di metodo. Soprattutto perché, per lavorare nel settore automotive, bisogna avere certificazioni di livello assoluto.”

Anche lui concorda nel dire che il primo cambiamento però deve essere culturale. “Il primo step per noi riguarda la formazione e la condivisione: serve che tutti i nostri operai sappiano come dare importanza al dato. Ma ha un’importanza enorme anche la tracciabilità per gli standard automotive: noi raccogliamo in QR Code tutto, non solo quando abbiamo montato un pezzo, ma i controlli fatti e molto di più. Il dato è globalizzato: i fornitori e i competitor sono in tutto il mondo. Per lavorare al top, devo elevare tutti i miei fornitori“.

Ma la tracciabilità permette anche di ridurre i consumi. Qualcosa di quanto mai importante. “Il MES lo utilizziamo anche per misurare i consumi (il 91%) di quelli utilizzati. Misurare permette di individuare il problema prima ancora che succeda, permettendo di risparmiare. Abbiamo ridotto del 30% l’utilizzo dell’energia, abbattendo i costi in tempi non sospetti (era il 2015). Lo abbiamo fatto partendo dal dato, provando a modificare le disposizioni delle macchine e non solo. Siamo sicuri che si può fare ancora meglio“.

Un settore in evoluzione nel nostro Paese

Alla roundtable finale, emerge chiaramente l’esigenza di puntare prima sul manufacturing locale. Come spiega Morbi, “Noi abbiamo puntato sul vendere il MES ad aziende, magari anche internazionali, ma con una componente locale importante. Anche perché serve parlare al caporeparto, non solo al manager.

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Al di là delle dimensioni aziendali. Come spiega Rota, “Il dato democratizza l’intelligenza artificiale, potrebbe diventare una risorsa importante per le PMI. Prima cambiare i macchinari era un investimento impossibile per le aziende più piccole, ma digitalizzare il know how delle piccole e medie imprese può diventare chiave di volta. Le grandi potranno essere più veloci, ma le PMI potrebbero essere più mirate“.

Tanto che Greco sottolinea: “Non dipende dalle dimensioni, la barriera all’ingresso è molto più bassa rispetto al passato. Quello che fa la differenza è la cultura dei dirigenti e delle proprietà. Serve il coraggio di affrontare un percorso di cambiamento, con la possibilità di dover gestire il fallimento e cambiare in corsa“. Ma continuando a guardare alla manifattura del futuro.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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