Kingston Technology ha stilato una lista dei luoghi più insoliti dove sono stati creati dei data center. Il fabbisogno di gestire una grande quantità di dati non è una prerogativa di aziende ubicate nelle grandi città. I data center vengono implementati dove serve, sfidando anche la natura ma da cui traggono l’energia necessaria al loro funzionamento.
Nel buker atomico
A circa 30 metri sottoterra e a pochi chilometri da Stoccolma si trova un data center all’interno di un ex bunker atomico. La location alquanto strana è stata scelta da Banhof, un provider di servizi internet svedese.
Nel deserto del Nevada
Las Vegas, come noto, sorge nel bel mezzo del deserto del Nevada. E a pochi chilometri dalla capitale del gioco d’azzardo è nato SuperNap, il più potente e strategico data center degli USA. La scelta di questo luogo ha portato diversi benefici: in primis l’utilizzo dell’energia solare, che di certo non manca. In secondo luogo Las Vegas non ha mai subito disastri naturali dovuti a terremoti, inondazioni o uragani. Nel deserto del Nevada si snodano quindi migliaia di cavi di interconnessione delle Telco statunitensi, che rendono la zona una delle più interconnesse della nazione e forse del mondo.
Al circolo polare artico
Nella città di Ballangen, nel circolo polare artico, Kolos ha installato il proprio data center, che mira a diventare uno dei più grandi al mondo con talmente tanti server connessi che richiedono qualcosa come 1.000 MW di potenza dislocati su un’area pari a 600 mila metri quadri.
In fondo al mare
Microsoft ha deciso di portare un data center sul fondo del mare, vicino alle isole Orkney, al largo della Scozia. Questo cilindro bianco lungo oltre 12 metri, fa parte del Project Natick, che mira a realizzare data center eco-sostenibili.
Sono presenti 900 server e potrà rimanere sott’acqua per almeno 5 anni. Il risparmio energetico è dovuto alla mancanza di un sistema di raffreddamento (ci pensano le correnti marine) e riduzione della corrosione dei dispositivi, visto che non essendoci nessun essere umano, è stato possibile eliminare l’ossigeno e gran parte del vapore acqueo.
Eccellenza italiana
In fatto di energie rinnovabili, spiccano i data center di Aruba che utilizzano appunto energia auto prodotta. Il Global Cloud Data Center (il più grande d’Italia) si trova in un luogo meno “estremo” rispetto a quelli sopra elencati, e per al precisione a Ponte San Pietro in provincia di Bergamo, in una zona però reputata sicura dal punto di vista idrologico e sismico.
Si sviluppa su un’area di 200 mila metri quadrati e l’energia necessaria è fornita dall’acqua del fiume Brembo a da migliaia di pannelli fotovoltaici che ricoprono le pareti della struttura.