In un’era caratterizzata da cambiamenti rapidi e significativi, l’Intelligenza Artificiale (AI) si trova al centro di un dibattito cruciale che tocca non solo la tecnologia ma anche questioni etiche e legali.
Josef Novak – Chief Innovation Officer di Spitch – i ci guida in questa discussione, evidenziando l’importanza di distinguere tra un’AI che rispetta la privacy e la sicurezza, definita “Good AI”, e un’AI che si basa sullo sfruttamento dei dati, etichettata come “Bad AI”. Banalmente: buona e cattiva. Questa distinzione è fondamentale per garantire un progresso che sia non solo innovativo ma anche etico.
L’aspetto legislativo
L’Unione europea ha recentemente varato l’EU AI Act, una legislazione che pone l’Europa all’avanguardia dell’innovazione responsabile. Questo atto legislativo mira a tutelare i diritti dei cittadini e a preservare la democrazia e l’ambiente, stabilendo norme chiare per l’uso dell’AI e imponendo divieti su applicazioni considerate pericolose, come il riconoscimento biometrico indiscriminato e il social scoring.
“La legislazione introduce divieti severi sulle applicazioni di IA ritenute dannose – ci dice Josef Novak –come i sistemi di categorizzazione biometrica, lo scraping non mirato di immagini facciali, il riconoscimento delle emozioni nei luoghi di lavoro e nelle scuole, il social scoring e la polizia predittiva basata esclusivamente sulla profilazione. Il documento delinea inoltre condizioni specifiche per l’uso dell’identificazione biometrica nelle forze dell’ordine e richiede trasparenza e accuratezza per i sistemi di IA ad alto rischio”
Quando l’Intelligenza Artificiale diventa “buona”
Le aziende che sviluppano strumenti di Intelligenza Artificiale sono quindi chiamate a creare roadmap di ricerca e sviluppo che tengano conto dei potenziali rischi e delle future normative. È essenziale che le organizzazioni siano consapevoli del loro ruolo nella governance dell’AI, soprattutto alla luce dell’emergere di modelli generativi e Large Language Models (LLM), che presentano sfide specifiche come la tossicità, la discriminazione e la violazione del copyright.
“È ora fondamentale che le organizzazioni considerino il ruolo della responsabilità e della governance nell’uso dei sistemi di IA, in particolare nel contesto della rapida evoluzione e adozione dell’IA generativa e dei Large Language Models (LLM), che presentano rischi specifici quali tossicità, polarità, discriminazione, eccessivo affidamento all’IA, disinformazione, privacy dei dati, sicurezza dei modelli e violazioni del copyright. Questi rischi possono manifestarsi in diversi tipi di tecnologie di IA e variare a seconda dei casi d’uso”, prosegue Novak.
Un esempio concreto è l’integrazione dell’AI nei contact center, dove l’obiettivo dovrebbe essere quello di migliorare l’esperienza degli agenti e dei clienti, piuttosto che perseguire l’AI come fine a sé stessa. In conclusione, la “buona IA” richiede un approccio pratico e pragmatico, che bilanci l’innovazione con la responsabilità etica.
Priorità all’etica nell’era dell’Intelligenza Artificiale generativa
Le organizzazioni devono orientarsi verso un’adozione responsabile dell’Intelligenza Artificiale, considerando i diversi destinatari dei modelli di AI – siano essi utenti aziendali, consumatori o singoli individui. È fondamentale che le soluzioni adottate non raccolgano dati in modo sistematico o introducano pregiudizi, polarità o disinformazione, sia nelle interazioni personali che nel discorso pubblico.
È necessario quindi sviluppare una capacità di adattamento e miglioramento continuo delle pratiche di AI responsabile, tenendo conto degli impatti ambientali e dei modelli di terze parti. La priorità deve essere data alla privacy, alla sicurezza, alla conformità e allo sviluppo responsabile, adottando o sviluppando un quadro lungimirante per raggiungere questi obiettivi.
“Dobbiamo assicurarci che le nostre soluzioni non producano intenzionalmente o indirettamente risultati che raccolgano sistematicamente dati o introducano pregiudizi, inutili polarità o disinformazione nelle interazioni personali o nei discorsi pubblici. È dovere di tutti noi costruire una buona IA”.
In conclusione, ogni azienda si trova di fronte a una responsabilità duplice: sfruttare il potenziale dell’IA generativa e le nuove opportunità che offre, mitigando i rischi associati all’uso irresponsabile dell’AI e allineandosi agli standard globali per un’innovazione responsabile. La “buona AI” non è solo un obiettivo tecnologico, ma un imperativo etico che richiede un impegno collettivo.
“Ciò che è chiaro è che ogni azienda avrà una duplice responsabilità: sfruttare la potenza dell’IA generativa e le molte nuove opportunità che continuerà a fornire, mitigando al contempo i rischi associati alla ‘AI cattiva’ e allineandosi agli standard globali emergenti per l’innovazione responsabile“
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