Da nuova indagine commissionata da LinkedIn sono emersi sorprendenti segnali di fiducia da parte dei lavoratori italiani, che sembrano essere resilienti di fronte all’incertezza economica. Nonostante il 2023 si sia aperto a tinte fosche, con gli investimenti delle aziende in termini di nuove assunzioni a rischio o in stallo e il costo della vita in aumento, questo non sembra aver intaccato la visione che lavoratrici e lavoratori hanno del proprio futuro professionale, con i giovanissimi in particolare che sono alla ricerca di un cambiamento in positivo.
Secondo l’indagine LinkedIn i lavoratori giovani sono i più fiduciosi
Dal ramo italiano dell’indagine emerge come più della metà degli intervistati (54%) stia considerando di cambiare lavoro nel 2023, con rilevanti differenze tra le diverse fasce d’età. Il 69% nel gruppo 18-24 anni, contro il 46% nel range di età 45-54 e il solo 27% in quello degli over 55. Ma è ancora più evidente questo divario generazionale se si considerano le principali ragioni che, secondo gli intervistati, costituiscono uno stimolo a considerare un cambiamento. La maggior parte dei millennial (25-34) e degli intervistati più anziani (35-54 anni) mette al primo posto della lista la necessità di guadagnare di più. Invece, solo il 31% della genZ cita la paga come principale ragione per un cambiamento.
Ugualmente rilevante, per i più giovani (18-24 anni), è la ricerca di un miglior equilibrio tra vita privata e professionale (29%) e il fatto di sentirsi più sicuri nelle proprie capacità (29%) e quindi nella possibilità di trovare una posizione altrove. Tra i millennial (25-34 anni) questi due temi sono condivisi in percentuali decisamente minori. Il 23% di loro cita la work-life balance come una priorità, e solo il 19% fa riferimento al sentirsi più sicuro delle proprie capacità.
Questi dati trovano riscontro anche nelle risposte degli intervistati quando sono state chieste loro le principali ragioni per non lasciare la propria azienda. Solo il 20% della genZ (18-24 anni) ha dichiarato di avere, correntemente, una buona work-life balance, con un distacco di quasi 20 punti percentuali rispetto ai millennial (39%) e di quasi 10 punti con il resto delle fasce d’età considerate (dai 35 anni agli over 55). Interessante anche come gli intervistati del gruppo tra i 35-44 anni siano i più annoiati dal proprio attuale ruolo. Il 25% di loro cita proprio questa come ragione per considerare un cambiamento, staccando di netto tutte le altre fasce d’età.
Gli italiani credono nelle opportunità offerte dal digitale
I dati diffusi da LinkedIn a fine 2022 nell’ambito dell’indagine condotta tra 2.900 executive (C-suit) a livello globale, evidenziavano un rallentamento delle assunzioni su scala globale. Solo in Italia, il 34% delle aziende che ridimensionava i propri piani di hiring. Oggi quasi la metà (49%) dei lavoratori intervistati ha dichiarato che, rispetto all’inizio del 2022, si sente più sicura della possibilità di richiedere una promozione o una nuova opportunità. Solo un quinto (20%) si sente meno fiducioso. Inoltre, il 47% ha dichiarato di sentirsi più a proprio agio nell’esprimere disaccordo con un superiore.
In media, quasi 7 intervistati su 10 (65%) hanno dichiarato che, negli ultimi 10 anni, cercare lavoro è diventato più difficile. Tra questi, la pensa così il 56% della genZ (18-24 anni) mentre la percentuale sale drasticamente per i millennial (25-34 anni), toccando il 70%. Interessante notare come, tra chi pensa che cercare lavoro sia diventato invece più semplice, quasi la metà (48%) citi le possibilità offerte dal digitale come la principale ragione. In particolare è così per la fascia di età tra i 35 e i 44 anni (54%).
Nel valutare le offerte di lavoro pubblicate dalle aziende, gli intervistati in Italia individuano come elementi di grandissima importanza. La presenza d’informazioni chiare sullo stipendio e sui benefit (48%), la possibilità di lavorare 4 giorni su 7 (16%) e quella di lavorare in modalità ibrida o da remoto (16%). Per quanto riguarda le informazioni sullo stipendio, vediamo che su questo punto le differenze generazionali si appiattiscono. È un punto fondamentale per tutti, persino più importante per la genZ (48%) rispetto ai millennial (45%).
- Carriero, Cristiano (Autore)
- Bellini, Leonardo (Autore)