Cosa devono fare gli imprenditori italiani per rilanciare il nostro Paese? Come si fa a raggiungere il successo, non solo economico? Le difficoltà sono legali o esiste anche una questione culturale? Queste sono alcune delle domande che hanno affrontato Enrico Resmini e Martìn Varsavsky in un appassionante webinar. Una chiacchierata davanti al fuoco, come è stata definita, tra due figure di peso nel mondo del venture capital alla scoperta dei problemi (ma anche delle opportunità) del nostro Paese.
Non si smette mai di essere imprenditori
Proprio dall’esperienza di quest’ultimo è partita la riflessione, ragionando su come l’imprenditoria non sia solo un lavoro, ma quasi più uno state of mind. Bisogna sempre essere aperti alle nuove idee, avere sempre l’occhio attento a trovare problemi e, di conseguenza, a elaborare soluzioni che possano risolverli. Il tutto deve sempre essere accompagnato da una vivace curiosità e il desiderio di superare nuove sfide.
Varsavsky ha portato come esempio la sua esperienza personale con una clinica per la fertilità. Mentre si trovava in questa struttura con la compagna, già nella sala d’attesa, ha iniziato a individuare le fonti di disorganizzazione, le difficoltà che viveva come utente. È stato il primo passo per la creazione della rete di cliniche Prelude Fertility.
Un altro fattore importantissimo è quello relativo allo studio e alla conoscenza. Bisogna essere pronti a tuffarsi in ambienti nuovi e a studiarli approfonditamente, ma non solo. È necessario aprirsi a collaborazioni con chi ne sa più di noi in merito. Troppo spesso c’è una gelosia delle idee, un desiderio di portarle avanti da soli che può essere fallimentare. Avere un cofounder esperto nel settore in cui si vuole entrare può essere davvero la chiave per il successo.
Gli imprenditori italiani non amano il rischio
È un problema che in qualche modo è culturale e legato al concetto di fallimento. Complici probabilmente i casi di cronaca che associamo direttamente a questa idea e in generale l’educazione ricevuta nella crescita, gli imprenditori italiani lo vivono come qualcosa di colpevole, quasi di criminale.
Viceversa, è importante accogliere il fallimento come un qualcosa che è utile a crescere. Per certi versi è un passaggio fondamentale per il successo, offrendo l’opportunità di conoscere ed evolversi. Varsavsky ha anche dichiarato che ogni volta che investe sa che otterrà uno di due risultati: o guadagnerà o imparerà qualcosa di nuovo. Anche per questo lui è molto più disposto a supportare chi ha provato e fallito, piuttosto che chi è alla sua prima esperienza.
Il mondo degli imprenditori, non solo italiani, dovrebbe prendere esempio da quello scientifico. Ogni nuova impresa è come una ricerca, che può produrre un paper importante anche quando i risultati non sono quelli cercati inizialmente. Si tende sempre di più a nascondere i propri fallimenti, invece che usarli con consapevolezza, facendone una vera e propria leva di crescita.
Gli imprenditori italiani sono bloccati dai regolamenti?
Tuttavia, i segnali positivi ci sono, soprattutto guardando alla semplificazione in atto nel campo delle startup. La stessa nascita del Fondo Nazionale Innovazione è un chiaro esempio positivo dell’approccio in atto. Resta però il problema di fondo dell’avversione al rischio.
Un problema che non riguarda solamente gli imprenditori italiani in realtà, ma che coinvolge anche quelli europei. Il che è particolarmente bizzarro perché le imposte sui risparmi sono molto più alte nel Vecchio Continente che altrove, compresi gli Stati Uniti.
Insomma, è importante che gli imprenditori italiani e non si spingano sempre di più a rischiare, senza timori di fallire ma anzi con una forte predisposizione a imparare dalle proprie esperienze in questo senso. Il pericolo in caso contrario è rendere sempre più l’Europa un museo e non in senso positivo.