Spinto dal vento dell’intelligenza artificiale, il mercato del cloud in Italia sta volando in alto. I dati dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano delineano infatti una situazione più che positiva riguardo all’economia del cloud italiana, tra cui una crescita del +24% rispetto all’anno scorso.
Una crescita simile non si vedeva dal 2020
Quest’anno, il mercato del cloud in Italia ha registrato un elevato incremento del +24%, il più alto negli ultimi 6 anni. Questo dato batte addirittura l’impennata del +20% registrata durante il 2020, spinta allora dal lockdown e dalla necessità di implementare infrastrutture per il lavoro da remoto.
Il motivo? La crescita nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale da parte delle aziende. Questa tecnologia ha bisogno di una quantità enorme di dati per funzionare, e dati che bisogna necessariamente gestire in data center cloud. Solo questi sono infatti in grado di fornire all’AI la potenza di calcolo e il flusso di informazioni di cui ha bisogno.
“All’interno delle grandi organizzazioni italiane l’87% delle soluzioni con funzionalità di AI sfrutta modelli di servizio in Cloud,” afferma Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Cloud Transformation. “La nuvola si conferma dunque un pilastro imprescindibile per il percorso di digitalizzazione delle imprese del nostro Paese e consentirà di rispondere all’enorme domanda di servizi connessi all’intelligenza artificiale. Le organizzazioni devono quindi prepararsi ad accogliere l’impatto di questa trasformazione, cavalcando l’onda senza esserne travolte”.
Cloud pubblico e ibrido re dell’economia del cloud italiano
Scendiamo un po’ più nel dettaglio sui settori cloud che hanno registrato crescite maggiori. A farla da padrona quest’anno è il Public & Hybrid Cloud, che evidenzia la dinamica di crescita più significativa, con una spesa di 4,8 miliardi di euro (+30% sul 2023).
In particolare, all’interno del Public & Hybrid Cloud, lo IaaS (Infrastructure as a Service) ha toccato il valore di 2,1 miliardi di euro (+42% rispetto al 2023). Ciò lo ha posizionato per la prima volta come componente principale nel mix complessivo di settori cloud (44%).
Guidano la classifica delle tecnologie più quotate per lo IaaS i servizi infrastrutturali di computazione, con un forte incremento registrato nella spesa delle Virtual Machine per ambienti di sviluppo, test e produzione. Questa tendenza riflette come le aziende scelgano il cloud come infrastruttura su cui sperimentare e poi costruire le proprie applicazioni, soprattutto quelle più innovative.
Segue il Platform as Service (PaaS), che registra una crescita del +23% per un totale di 845 milioni di euro. La crescita di questo settore è stata guidata principalmente dall’utilizzo di componenti di intelligenza artificiale, come per esempio gli LLM (modelli linguistici di grandi dimensioni) messi a disposizione tramite API. Attesta una crescita superiore alla media anche la spesa in Serverless Computing, per una maggiore efficienza nella gestione dei sistemi informativi.
Per ultimo, ma comunque in crescita, troviamo il SaaS. Questo settore ha registrato una crescita positiva del +21%, raggiungendo un valore totale di 1,8 miliardi di euro. Anche questa dinamica di crescita è legata alla possibilità di accedere a tecnologie di intelligenza artificiale. Infatti, il SaaS offre da un lato l’acquisto di software pronti all’uso, dall’altro l’integrazione di funzionalità di AI nelle piattaforme di gestione documentale e collaboration.
E le piccole e medie imprese?
Nonostante l’impressionante crescita, l’adozione del cloud guidata dall’hype per l’intelligenza artificiale ha riguardato principalmente aziende di grandi dimensioni. Infatti, i dati di adozione da parte di piccole e medie imprese rimangono stabili rispetto all’anno precedente e pari al 67%. Le PMI che ormai adottano il Cloud continuano però a estenderne l’utilizzo. I dati lo attestano: nel 2024 la spesa in Public e Hybrid Cloud è aumentata del +21%, raggiungendo il valore di 581 milioni di euro.
Verso la normalizzazione del cloud-native
La maggior parte delle grandi imprese italiane, ormai, vive sulla nuvola. Infatti, ben l’84% delle grandi imprese dichiara di aver migrato in cloud la totalità dei dati critici legati alle attività di core business (32%) o almeno una parte di essi (52%).
Il livello di fiducia nelle tecnologie cloud è elevato. Si evince dal limitato ricorso alla cosiddetta “repatriation”, ossia il trasferimento di dati e applicazioni dal cloud pubblico a sistemi on-premise o privati. Questa pratica è infatti limitata a solo il 2% del campione preso in analisi dall’Osservatorio.
“Le esperienze acquisite dalle aziende italiane hanno portato ad una crescente consapevolezza e maturità nell’adozione del Cloud, sia per lo sviluppo di nuovi servizi digitali che per la migrazione degli applicativi legacy. Il paradigma Cloud Native è sempre più diffuso. Scelte affrettate fatte in passato vengono riviste e corrette attraverso refactoring architetturali e, in casi limitati, anche con la ripatriation di alcuni servizi” dichiara Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation.
Rimangono comunque delle criticità da affrontare
Tuttavia, l’adozione del cloud in Italia sta comunque incontrando ostacoli. Più della metà (58%) delle grandi organizzazioni che confermano di riscontrare difficoltà nel controllare e governare la spesa dei servizi.
Particolarmente grave, inoltre, è il tema della mancanza di competenze, con il 54% delle imprese che dichiara di non disporre di skill adeguate in ambito cloud. Segue anche lo skill gap in cybersecurity, come evidenziato dal 43% del campione.
“I tool basati sull’AI per il controllo della spesa, la Cybersecurity e lo sviluppo del software, consentono a molte aziende di affrontare sfide che ad oggi erano vincolate dalla non disponibilità di competenze e professionalità specializzate” dichiara Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation. “L’ecosistema nazionale ed europeo deve accompagnare questa trasformazione, sviluppando politiche industriali comuni per rendere la filiera digitale più competitiva e resiliente e far evolvere modelli di innovazione, modalità di lavoro e competenze per cogliere le sfide di questa nuova fase competitiva”.
Per maggiori informazioni, vi invitiamo a seguire l’account X dell’Osservatorio Digitale.