Il digital advertising cresce per il decimo anno consecutivo, raggiungendo investimenti che sfiorano nel 2018 i 3 miliardi di euro. Un valore che rappresenta oltre un terzo degli investimenti pubblicitari italiani ed è secondo solo alla raccolta pubblicitaria del mezzo televisivo. Pensate che TV e web insieme quest’anno arriveranno a spartirsi il 77% della raccolta complessivo. Tutto questo emerge dagli studi di Nielsen e dell’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano, presentati in occasione dell’apertura dello IAB Forum 2018, il più importante evento italiano sulla comunicazione digitale.
La componente internet è controllata da soli 2 player: Google e Facebook. Gli Over The Top detengono circa il 75% del mercato e, mai come nell’ultimo anno, sono responsabili di quasi la totalità della crescita del settore.
“Sono dati che fanno riflettere sul futuro del digital advertising, uno dei più innovativi e dinamici comparti dell’intera industria digitale – commenta Carlo Noseda, Presidente di IAB Italia – perché ci mettono di fronte al paradosso che vive la nostra filiera: la pubblicità digitale cresce ininterrottamente da dieci anni, passando dagli 0,8 miliardi di euro del 2008 ai quasi 3 miliardi del 2018, ma la stessa è quasi totalmente in mano ai grandi della rete che creano però meno valore, sia in termini occupazionali sia di gettito fiscale. Una situazione di mercato che urge un intervento delle Istituzioni e del Governo atto a riequilibrare gli attuali assetti concorrenziali per permettere a tutti gli operatori – editori, concessionarie, agenzie specializzate e ad-tech company – di giocare con le stesse armi”.
Il Media Mix secondo Nielsen
I trend e i cambiamenti in atto nel settore pubblicitario hanno portato ad una profonda trasformazione del settore, trasformazione che ha portato con sé anche i cambiamenti dei pesi dei diversi media.
La TV, pur mantenendo il podio con il 45% degli investimenti, ha lasciato quote al digitale che insieme ad essa si ripartirà nel 2018 il già citato 77% della raccolta pubblicitaria complessiva. E la radio? Si conferma un mezzo resiliente con una crescita del 4,2%, mentre la stampa continua a descrescere.
Diversi gli approcci verso il mondo digitale: la distribuzione dedica il 44% del proprio investimento in comunicazione above the line al digitale, il tempo libero solo l’11,4% all’interno di un range che vede l’automotive al 37% e le telecomunicazioni al 17,8%.
I dati del Politecnico di Milano
La School of Management del Politecnico di Milano si è invece concentrata sui singoli formati pubblicitari. Quello predominante rimane la display, che include i banner tradizionali, i video, gli spazi all’interno dei social network e i nuovi formati native. Tutto questo vale il 62% del mercato.
Segue la componente legata alla search che raggiunge il 28%, seguita poi dalla raccolta derivante dalla classified (in crescita nell’intorno del 7%), e dell’email (3%). In aumento anche il programmatic che, con 482 milioni di euro di investimenti nel 2018, ha un peso sul totale del 16%.
Queste evidenze impongono agli Over The Top un atteggiamento più responsabile, volto a garantire condizioni di corretto funzionamento della filiare, soprattutto nei confronti delle aziende investitrici. Emerge innanzitutto la necessità di una maggiore trasparente e allo stesso vi è un tema di brand safety che deve essere affrontato con più chiarezza da questi attori a sostegno delle politiche di marca delle imprese.
Qualità e trasparenza: IAB Quality Index
“Il tema della qualità e della trasparenza dell’advertising online è cruciale per poter attirare nuovi investimenti. Alla luce anche dell’ultimo datagate gli utenti pretendono non più solo un’esperienza di fruizione appagante ma al tempo stesso anche più trasparente, e così pure gli inserzionisti. Per questo abbiamo introdotto un indice di qualità, lo IAB Quality Index, capace di misurare in maniera standardizzata e attendibile la qualità dei bacini pubblicitari”, ha concluso Noseda.
L’obiettivo di questo indice è quello di offrire agli editori un parametro valido per valorizzare la propria offerta, e agli investitori un criterio di scelta oggettivo per accertare che i propri investimenti vengano associati a contesti di elevata qualità.