“Se ti diverte ciò che fai, allora lo fai meglio”. Un concetto semplice, a tratti banale, ma che inserito in una logica aziendale si traduce in una sola parola: produttività. Ecco perchè nel mondo del lavoro si sta facendo largo un nuovo trend: la gamification. Il concetto è molto semplice, sebbene le applicazioni possano essere di volta in volta più elaborate: prendere in prestito elementi dal mondo videoludico e traslarli nelle realtà aziendali. E non solo, la gamification può essere utilizzata anche come strumento di marketing, per aumentare il tasso di engagement, coinvolgendo potenziali clienti in giochi in cambio di ricompense. Non si tratta di una novità assoluta, i primi esempi di tale strategia in ambito aziendale risalgono al 2010, anche se è in questi anni che si sta affermando come vero trend lavorativo.
Da un punto di vista sociologico la dinamica fa leva su alcuni istinti primari dell’uomo, come la competitività e la volontà di raggiungere un traguardo in cambio di un premio. Ma come funziona davvero la gamification nel mondo del lavoro? E come viene applicata in fase di recruiting? Esistono studi che ne attestino l’effettiva efficacia?
Alcuni esempi di gamification nel mondo del lavoro: dal marketing all’HR
Per capire al meglio il concetto non c’è niente di meglio di esempi pratici. Cominciamo col dire che il concetto di gamification può essere applicato con finalità diverse, e può essere rivolto al pubblico (marketing) o all’interno (gamification aziendale). Nel primo caso ciò avviene solitamente sui social media o tramite app dedicate, per generare interesse intorno ad un prodotto. Alcuni esempi di gamification nel marketing sono:
- Fantasanremo: il popolarissimo gioco ha letteralmente invaso il palco dell’Ariston a suon di “papalina“. Inizialmente nato da privati, il gioco è stato adottato dalla Rai come tentativo di “svecchiare” il Festival di Sanremo. Operazione riuscita alla grande.
- Starbucks Reward: l’iconico franchising permette ai propri utenti di accumulare stelline sulla propria app ufficiale. Queste possono poi essere convertite in buoni acquisto presso i punti vendita Starbucks.
Gamification aziendale: come viene utilizzata in ambito risorse umane
Nel caso della gamification aziendale invece l’obiettivo è generalmente quello di incrementare la produttività e creare un ambiente di lavoro più proattivo, tenendo alto il morale dei dipendenti e favorendo le dinamiche sociali. Alcuni esempi di gamification aziendale sono:
- Zappos: il brand statunitense ha implementato un sistema di gamification nella propria rete dipendenti chiamato Zappos Face Game. Si tratta di un giochino di riconoscimento dei propri colleghi che mostra il volto di un dipendente con un quiz a risposta multipla contenente vari nomi. Indovinando il nome del collega compare una breve biografia del dipendente in questione, contenente i suoi interessi e le sue passioni. Un meccanismo semplice per favorire le relazioni all’interno di team numerosi.
- Google: il Colosso di Mountain View è noto per applicare strategie di gamification in diversi settori dell’azienda. Il più celebre è probabilmente il gioco dei rimborsi spesa. Ai dipendenti che per lavoro si spostano spesso viene offerto un budget virtuale da cui detrarre le spese di viaggio. Coloro che riescono a rientrare nel budget si vedranno accreditare la somma restante come bonus sul proprio stipendio, con la possibilità di devolvere in beneficenza il denaro. Un sistema che invoglia i dipendenti ad un utilizzo più consapevole del budget aziendale, a fronte di un beneficio in termini di stipendio.
La gamification stimola il comportamento attivo dei dipendenti e può aumentare la produttività del 50%
Secondo un recente studio condotto da Finances Online, l’utilizzo della gamification nelle strategie aziendali porta il 60% dei dipendenti a sentirsi più coinvolto all’interno dell’azienda. Lo studio riporta inoltre che questa proattività si traduce in un aumento della produttività del 50%. Non bisogna però cadere nell’errore di confondere il processo di gamification con quello classico dei bonus sulle vendite effettuate. Le startegie di gamification infatti mirano si ad una produttività maggiore, ma lo fanno solo per mezzo di precise attività percepite come ludiche. La grande differenza consiste infatti nello spirto con cui il dipendente (o l’utente) si presta al “gioco”.
Nel caso dei bonus sulle vendite (o sui contratti “chiusi”) infatti il dipendente è guidato dall’unico scopo di ottenere un compenso economico, generando spesso una competitività non sempre sana all’interno dell’azienda. La gamification consiste invece in attività ludiche, che favoriscono un ambiente di lavoro sereno, in cui è il gioco a favorire la produttività. Per riuscirci le attività di gamification sul lavoro devono essere necessariamente essere percepite in modo positivo da coloro che vi prendono parte.
Il caso Oliver James: gamification nel recruiting e nei colloqui di lavoro
Un esempio ancor più virtuoso di gamification è quello portato avanti da Oliver James, celebre società di recruiting che opera su scala globale. Dall’inizio del 2022 l’azienda ha adottato una serie di giochi per mettere alla prova i candidati in fase di colloquio di lavoro. Una soluzione che si è rivelata subito efficace sia dal punto di vista dei tempi di selezione (ridotti del 30%) che di attrattività aziendale (aumentata del 20%).
Ma non è solo una questione di convenienza economica: i colloqui gamificati permettono al recruiter di valutare più facilmente i candidati. Il gioco permette infatti di mettere alla prova sia le skill dell’esaminato, sia il suo comportamento all’interno di un gruppo di lavoro. Inoltre i giochi sono realizzati su misura per le varie aziende, rispecchiando i valori delle singole società che si rivolgono a Oliver Hames per la ricerca di personale.
“Per ogni singola selezione creiamo un contesto di gioco preciso – spiega Edoardo Caselle, responsabile progetti speciali di Oliver James – attraverso l’utilizzo di questionari e di giochi logici ed enigmi iper-tecnici e su tematiche altamente specialistiche. Questi vanno risolti in pieno stile gaming, singolarmente o in gruppo. Per esempio per selezionare un IT Developer verrà creato un gioco sulle competenze di coding, sulla conoscenza dei framework principali o sulla review di specifiche stringhe di codice”. Si tratta insomma di riscrivere le regole del gioco dei colloqui di lavoro. Addio quindi alle domande standard del tipo “qual è il tuo maggior pregio?”.
“Ad oggi applichiamo questa tipologia sperimentale di approccio al colloquio nel 25% dei casi – conclude Edoardo Caselle – ma considerati i riscontri positivi che stiamo avendo, pensiamo di adottarlo in gran parte dei nostri progetti specialistici”.