Le aziende abbracciano il cloud per aumentare agilità e ridurre i costi, ma le competenze mancanti mettono a rischio la sicurezza e la produttività. È quanto emerge dall’analisi di Michele Lamartina, Regional Vice President Italia, Grecia, Cipro & Malta di Palo Alto Networks.
Divario di competenze: una sfida per la sicurezza nel cloud
La migrazione verso il cloud promette maggiore flessibilità operativa e risparmi. Tuttavia, il gap di competenze tecniche rappresenta un ostacolo crescente. Le aziende faticano a trovare personale qualificato e a gestire ambienti sempre più complessi, compromettendo la sicurezza delle infrastrutture.
Gli approcci al cloud variano tra due categorie principali di aziende: gli early adopter, che cercano di sfruttare vantaggi economici e tecnologici rapidamente, e gli early majority, più prudenti e attenti a un’implementazione strutturata. Gli early adopter, spinti dalla velocità, stanno ora rivalutando strategie cloud spesso costruite senza un’adeguata considerazione della sicurezza.
Le principali criticità ruotano attorno alla mancanza di competenze e di visibilità sui workload cloud, ovvero i carichi di lavoro operativi spostati su piattaforme online. Secondo dati Eurobarometro, il 45% delle aziende europee non trova personale adeguatamente qualificato, mentre il 16% subisce limiti di budget. Questo divario si riflette in una crescita delle minacce informatiche, come evidenziato dall’agenzia europea per la cybersecurity (Enisa).
La carenza di figure esperte rallenta i processi e genera tensioni tra le necessità di innovazione e le pratiche di sicurezza. In particolare, l’implementazione sicura delle applicazioni richiede competenze nella protezione e nella gestione delle vulnerabilità fin dalle prime fasi di sviluppo.
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Automazione e platformization per colmare il divario
Un approccio basato su platformization, ovvero la centralizzazione della gestione su un’unica piattaforma, offre una soluzione concreta. Questo metodo semplifica la visibilità e riduce la complessità, fornendo agli esperti un unico punto di controllo per identificare e mitigare le minacce. Inoltre, l’intelligenza artificiale (AI) si dimostra un alleato prezioso, velocizzando le analisi e migliorando la risposta agli attacchi. Tecnologie come il machine learning e le reti neurali aiutano a elaborare grandi volumi di dati e a ottimizzare la sicurezza in tempo reale.
Molte aziende puntano sul modello “shift left”, che integra la sicurezza nella fase iniziale dello sviluppo delle applicazioni. Questo approccio consente di identificare e risolvere le vulnerabilità prima che si trasformino in rischi concreti. Tuttavia, la formazione del personale resta un elemento cruciale per l’efficacia di questa strategia.
Competenze per garantire sicurezza e sostenibilità nel cloud
Il cloud, ampliando la superficie di attacco, richiede un controllo costante delle configurazioni e delle vulnerabilità. Una gestione frammentata su fornitori diversi aumenta il rischio di errori e di falle nella difesa. La scelta di soluzioni integrate, supportate da AI e automazione, rappresenta una chiave per garantire resilienza e semplicità operativa.
Inoltre, l’AI non è solo uno strumento difensivo. I cyberattaccanti utilizzano queste tecnologie per sviluppare minacce sempre più sofisticate. Le aziende devono quindi investire in strumenti capaci di anticipare i rischi e rispondere con rapidità. L’uso di sistemi predittivi e di automazione avanzata, come la generative AI, può ridurre significativamente il carico sui team di sicurezza, migliorando al contempo l’efficienza complessiva.
In definitiva, il passaggio al cloud è inevitabile per restare competitivi. Tuttavia, la mancanza di competenze rappresenta una minaccia concreta. Per affrontarla, le aziende devono investire in formazione e adottare soluzioni integrate che uniscano automazione, AI e platformization. Solo così potranno garantire la sicurezza dei loro sistemi e supportare l’innovazione.
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