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Secondo Capgemini, la bioingegneria potrebbe rivoluzionare tutti i settori industriali

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C’è un campo di ricerca che presto potrebbe dar origine a una nuova rivoluzione. Si tratta della bioingegneria che, secondo il più recente studio condotto da Capgemini, sta diventando insieme all’intelligenza artificiale e alle tecniche computazionali basate sui dati un’area di grande interesse per aziende di svariati settori industriali. Il motivatore principale? La sostenibilità.

Il report di Capgemini, dal titolo “Engineering biology: The time is now”, si basa sull’analisi di dati emersi dalle interviste, condotte nel periodo aprile-maggio 2024, di 1.100 dirigenti di organizzazioni con un fatturato annuo superiore a 1 miliardo di dollari in 11 settori in Nord America, Regno Unito, Europa continentale, APAC e Medio Oriente.

La sostenibilità è al centro

La bioingegneria, ovvero l’applicazione dei principi della biologia e dell’ingegneria, è emersa come area di grande interesse per le aziende di molti settori industriali, motivate dai benefici che questa scienza può offrire. Tra questi, il più rilevante è sicuramente la sostenibilità, citata dal 70% degli intervistati, seguita dai vantaggi in termini di costi e prestazioni.

Le aziende già sanno che la bioingegneria, a braccetto con l’intelligenza artificiale, porterà innovazioni significative. Infatti, come rileva il report di Capgemini, quasi tutti i dirigenti intervistati (99%) prevedono che questo settore scientifico comporterà cambiamenti radicali nel loro settore nei prossimi cinque-dieci anni o più.

Il perché è evidente: i progressi tecnologici nella sintesi, nell’editing e nel sequenziamento del DNA hanno aumentato significativamente la velocità e la precisione con cui è possibile ingegnerizzare i sistemi biologici, riducendo al contempo i costi. Ma non solo, dato che i rapidi progressi dell’intelligenza artificiale hanno portato a miglioramenti significativi nella comprensione e nella previsione delle strutture proteiche e metaboliche.

Biosoluzioni: come le aziende stanno puntando alla creazione di prodotti bioingegnerizzati

La stragrande maggioranza delle organizzazioni non si sta lasciando sfuggire questa opportunità. Infatti, il 96% delle aziende intervistate sta già studiando le biosoluzioni, ovvero prodotti, materiali o processi guidati dalla bioingegneria. Di queste, il 40% è in fase esplorativa, mentre il 56% si sta impegnando più attivamente in sperimentazioni, progetti pilota o implementazioni su scala ridotta. L’aumento degli investimenti è costante e segnale un sentiment di mercato positivo sul potenziale scientifico e commerciale della bioingegneria. Fatto consolidato anche dai dati dello studio, con il 68% dei dirigenti che afferma che la propria organizzazione prevede di aumentare gli investimenti nei prossimi due-cinque anni.

“La bioeconomia si trova in una fase cruciale che promette opportunità illimitate per le organizzazioni, e i leader aziendali ne sono sempre più consapevoli. Le biosoluzioni stanno già rendendo possibili innovazioni davvero rivoluzionarie, con un impatto diretto su numerosi aspetti della nostra vita quotidiana. Ad esempio, lo sviluppo di organismi che catturano la CO2 e di microbi che purificano l’acqua, la creazione di biocarburanti dai rifiuti o di medicinali di nuova generazione che agiscono su specifici profili di DNA” ha dichiarato Umberto Larizza, Managing Director di Capgemini Invent in Italia. “Tuttavia, sono necessari maggiori investimenti per capitalizzare questo slancio e raggiungere la redditività del mercato. Grazie all’AI generativa che accelera la velocità e la precisione del processo di progettazione, riducendo al contempo i costi, la bioingegneria è pronta a ridisegnare e trasformare completamente le aziende nei prossimi anni”.

Costi elevati, mancanza di infrastrutture e carenza di talenti: gli ostacoli alla rivoluzione bioingegneristica

Come abbiamo citato, la sostenibilità emerge come uno dei principali driver dell’interesse delle aziende per la bioingegneria. Tuttavia, per essere sfruttate adeguatamente e ottenere risultati sostenibili, le biosoluzioni devono risultare efficaci. Buona parte dei dirigenti crede che queste possano avere un impatto positivo sul cambiamento climatico e sull’inquinamento atmosferico e da plastica, ma la semplice speranza non basta. È necessario che gli impatti ambientali e sociali delle biosoluzioni siano valutati lungo tutto il ciclo di vita del prodotto e supportati da una solida analisi delle prestazioni e dell’efficienza dei costi.

Questo è solo uno degli ostacoli che le aziende stanno andando incontro nel loro percorso di creazione e adozione di biosoluzioni. Un altro problema riscontrato è quello degli elevati costi di ricerca e mantenimento, seguito dalla mancanza di infrastrutture adeguate su larga scala, come ad esempio i bioreattori, e la (sempre presente) carenza di talenti. Inoltre, le aziende intervistate riconoscono e complessità legate alla riconfigurazione delle supply chain e all’evoluzione delle normative che regolano lo sviluppo e l’uso delle biosoluzioni.

I principali ostacoli all'adozione di biosoluzioni - Fonte: Engineering biology: The time is now
I principali ostacoli all’adozione di biosoluzioni – Fonte: Engineering biology: The time is now

Intelligenza artificiale, robotica e digital twin come principali soluzioni

Fortunatamente, ogni problema ha una soluzione (altrimenti non sarebbe un problema). Capgemini indica come le tecnologie digitali e ingegneristiche siano fattori chiave per il contenimento dei costi, l’ottimizzazione dei bioprocessi, la riduzione del time-to-market delle biosoluzioni e la riduzione dei rischi ambientali e sociali.

Tra queste, la tecnologia più gettonata è sicuramente l’intelligenza artificiale, in grado di aumentare l’efficienza dei processi di R&D. Infatti, il 98% delle organizzazioni utilizza, o prevede di utilizzare, l’intelligenza artificiale per accelerare l’adozione di biosoluzioni.

Due altre tecnologie in grado di fornire supporto alle aziende in termini di bioingegneria sono la robotica, che automatizza i processi, e i digital twin dei bioreattori, che sono capaci di prevedere i risultati della produzione e quindi ridurre i costi e accelerare lo scale-up. Tuttavia, le aziende che fanno uso di queste due tecnologie sono molto meno di quelle che fanno uso dell’AI, il 20% e l’11% rispettivamente.

Capgemini raccomanda alle organizzazioni di formulare una strategia e una roadmap documentate, sensibilizzare l’opinione pubblica, considerare gli impatti sulla sostenibilità e integrare gli aspetti della circolarità per massimizzare il potenziale della bioingegneria.

Per maggiori informazioni, vi invitiamo a consultare lo studio completo disponibile sul sito web di Cappgemini.

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