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Come diventare un’azienda “composable” e adattarsi ai cambiamenti secondo Kirey Group

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Il mondo sta vivendo un periodo di turbolenza socio-economica che richiede alle aziende di adattarsi, diventare resilienti e scalare rapidamente il proprio business. Per far fronte a sfide e rischi inattesi, è necessario rimuovere le barriere organizzative e tecnologiche più obsolete, innovare con una mentalità aperta e integrare sempre più profondamente piattaforme e infrastrutture digitali. In parole povere all’azienda di essere “composable”.

Ne abbiamo discusso con Manuel Zini, Distributed Systems and New Tech Senior Manager di Kirey Group, che ci ha illustrato i requisiti e le caratteristiche di questo processo.

Cosa vuol dire per un’azienda diventare composable?

In questo contesto difficile esplicato poc’anzi, emerge la necessità di adottare un nuovo modello “componibile”, che Gartner ha definito “composable enterprise”. Si tratta di un’organizzazione capace di fornire risultati di business adattandosi a circostanze mutevoli e impreviste, al ritmo dei cambiamenti aziendali. Ma come si realizza questo processo e quali sono i vantaggi di questa trasformazione?

Uno degli obiettivi principali della Composable Enterprise è l’eliminazione delle barriere interne che limitano la flessibilità e il cambiamento, sia a livello di processi che di architetture. Si tratta di un percorso di “scomposizione”, che segmenta le funzioni applicative in una serie di unità chiamate Packaged Business Capabilities (PBC).

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Ogni PBC incapsula al suo interno funzionalità di business specifiche ed altamente coerenti, offrendo all’impresa una maggiore capacità di cambiamento e una maggiore rapidità nell’assemblare, smontare e riutilizzare team e tool a seconda delle esigenze. È come se l’azienda fosse costruita con dei Lego, che possono essere combinati in modi diversi per rispondere ad ogni sfida.

Una visione allargata della modularità

La Composable Enterprise non si basa su una singola tecnologia, una singola pratica, un singolo modo o schema, anzi. Un’azienda composable si basa su una visione allargata, che estende i principi della modularità non solo all’IT, alla programmazione, ma anche alle architetture per intero e, possibilmente, al modo di pensare, organizzare e definire l’intera strategia aziendale e i suoi processi. Per supportare questo modo di concepire le aziende, tuttavia, serve una precisa architettura digitale, volta all’eliminazione delle divisioni in silos dei dati e delle applicazioni legacy, monolitiche, a favore di un portfolio di moduli, quindi di applicazioni, estremamente interfacciabili e ricomponibili per diversi scopi.

Per raggiungere questo obiettivo, un’azienda deve soddisfare tre prerequisiti fondamentali:

  1. Una buona infrastruttura di integrazione applicativa, che permetta di connettere l’ecosistema con regole chiare e affidabili, usando strumenti moderni e adattabili.
  2. Una forte automazione dei processi IT, che renda economico e veloce rilasciare nuovi software o apportare cambiamenti, automatizzando tutte le fasi di CI/CD (Continuous Integration/Continuous Delivery).
  3. Dei vendor che sappiano progettare architetture flessibili e adattabili, con competenze sull’architettura di governo dell’integrazione applicativa e sul mondo dei microservizi, come Enterprise Service Bus, Digital Integration Hub, API Gateways e API Portals.

“Il fine ultimo della composability è quello di governare il cambiamento”, ci dice Manuel Zini di Kirey Group. “In un momento in cui questo impatta costantemente su tutti gli aspetti del business. Essere composable significa essere in grado di adattare rapidamente la forma del supporto organizzativo digitale alle esigenze del business, ottimizzando i vantaggi derivanti dall’aprire nuovi canali e relazioni”.

In conclusione, possiamo dire che il segreto della composability non è prevedere il cambiamento, ma reagire al cambiamento con la massima efficienza ed efficacia.

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